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DVD - Zidane. Un ritratto del XXI secolo

Pubblicato il 5 aprile 2008 da Ivano Forte


DVD - Zidane. Un ritratto del XXI secolo

Dimenticate di sapere cosa sia una partita di calcio; dimenticate di averla anche solo mai vista, una partita di calcio. Mettetevi nei panni dell’uomo sceso dalla luna, il quale, dopo una visita al Prado e una paella, viene portato allo stadio per vedere la più grande squadra del mondo giocare al gioco più bello del mondo. Mentre salite le scale che portano agli spalti il rumore si fa silenzio e il silenzio rumore. Sul prato verde stanno ventidue uomini separati dal colore delle maglie in due gruppi da undici; un pallone, un tipo vestito di nero. Un fischio dà inizio allo spostarsi dei corpi secondo le direttrici continuamente spezzate generate dal rotolare della palla. Nella confusione delle direzioni vi pare di notare un uomo che si muove in modo differente, quasi indifferente. “Chi è quello?” vi scappa da dire; il vicino di sedia, senza neanche bisogno di guardare, si volta tranquillo: “Quello, è Zidane”.
Ecco spiegato l’effetto di straniamento che si ricava dalla visione di quest’incredibile opera-documentario, indubbiamente una delle esperienze artistiche più innovative degli ultimi anni, il cui il titolo, del resto, non nasconde affatto il carattere di eccezionalità: Zidane, un ritratto del XXI secolo.
E’ il 23 Aprile 2005, si gioca Real Madrid – Villareal, l’ultima partita di Zinedine Zidane per una squadra di club prima del ritiro annunciato. Dopo: solo il Mondiale. Philippe Parreno, francese, e Douglas Gordon, scozzese, sono due artisti contemporanei entrambi ospitati nei maggiori musei internazionali che per questa occasione hanno pensato di tentare qualcosa di nuovo: grazie ad una squadra di tecnici e operatori tra i migliori al mondo, piazzano all’interno dello stadio Bernabeu diciassette telecamere dotate di ogni tipo di obiettivo, tra cui alcuni della NASA, per registrare e riprendere in tempo reale ogni movimento, tocco o respiro di un giocatore di calcio, forse del giocatore di calcio. Zidane, appunto. Una volta tanto però l’idea, per quanto originale, non è fine a se stessa. Gordon e Parreno sono due artisti veri e in quanto tali fanno della forma il vero ambito di riflessione; riflessione poi naturalmente rigirata sul mezzo che quella forma deve creare. La partita di calcio, Zidane stesso non sono che il pre-testo su cui operare una presa di coscienza delle qualità e possibilità dell’immagine, televisiva (ma non solo) nel XXI secolo. Lo spettatore non è invitato, è costretto a partecipare all’operazione. In quanto prodotto e artefice dell’immaginario egli è, infatti, il primo ad essere chiamato in causa. Le inquadrature ci portano continuamente dentro e fuori l’immagine; a primi piani schiacciati si alternano grandangoli abissali: un attimo prima noi siamo con Zidane mentre parla con l’arbitro, ci sembra quasi di pestare la stessa erba del prato, ripresa ad altissima definizione, che lui calca e notiamo la goccia di sudore venirgli giù dalla testa calva; subito dopo, siamo come rispediti sulle nostre poltrone e un’inquadratura familiare, magari dall’alto, ci ricorda che stiamo solo guardando, ci fa scoprire la differenza. Ad un montaggio così marcato corrisponde un altrettanto marcato editing sonoro: il frastuono distinto dello stadio, registrato in ogni sua componente, è spezzato continuamente dalle parole e dai respiri di Zidane, ripreso con altrettanta nitidezza; la musica malinconica dei Mogwai si sovrappone alla voce lontana e cantilenante del telecronista spagnolo. Il risultato è un doppio processo di riappropriazione: da una parte gli autori, e gli spettatori, recuperano, attraverso le immagini, un ruolo partecipativo rispetto all’evento mediatico “partita di calcio” e attuano quindi su di esso delle scelte e delle analisi; dall’altra parte Zidane riacquista, accanto allo statuto di calciatore, quello di persona, di uomo inserito nel proprio contesto di lavoro; lavoro spettacolare quindi spettacolarizzato, e solo per questo, pubblico.
Il ritratto, come per Goya con i reali spagnoli, consiste proprio nel restituire, all’interno di un contesto iconografico istituzionalizzato, l’immagine di una personalità, ottenuta attraverso una forzatura praticata sul mezzo e sul contenuto. Zidane è sezionato dallo sguardo delle telecamere; ogni muscolo teso, ogni ruga del viso sono degni di essere registrati, analizzati, in quanto componenti caratterizzanti di un tutto che però sembra sfuggire ad ogni inquadramento.
Proprietà dell’immagine in movimento: il campione è un fantasma, il soggetto di un sogno, l’elemento di un ricordo e come tale sempre sfuggevole e incerto (nel libro allegato al film l’autore usa il termine “enigma”). Il volto imperscrutabile non tradisce emozioni, la concentrazione eclissa i sentimenti, non c’è reazione neanche ai gol. Zidane è immerso in una solitudine interiore dalla quale però comanda la partita. Una didascalia dice: “I miei ricordi delle partite non si svolgono in tempo reale. Mi capita di sentire un’azione prima che accada, vedo il passaggio del compagno e so che segnerò, anche mentre gioco mi succede ed è come se avessi già vissuto quel momento”. Il tempo reale è una condizione della mente, non appartiene all’arte, e il campione è sempre un po’ artista. Il match è dentro la sua testa prima ancora che nei piedi, lui sa già cosa accadrà e agisce di conseguenza. Le giocate, le magie, non sono che brevi, geniali sintesi di un gioco dilatato, astratto, in cui molto più evidenti risultano alla fine i piccoli gesti, quelli involontari, i tic: la punta del piede che cerca continuamente il terreno, il calzettone rialzato quando non ce ne sarebbe bisogno. Sono gesti con i quali continuamente Zidane pare etraniarsi dalla partita per guadagnare su di essa quello scarto di realtà che gli permetterà in seguito di mettere ordine al caos, di indirizzare il caso verso la rete; una giocata, una magia, definitive.
L’astrazione in Zidane è la qualità più grande, il suo più grande vizio. Ad un certo punto accade che gli occhi del campione cambino espressione, vedono qualcosa che non appartiene alla logica stretta della partita, qualcosa che lo distrae, che lo astrae. L’inquadratura lo segue nella corsa, poi si allarga e allora capiamo tutto. C’è una piccola rissa, vediamo Zidane lanciarsi al centro del mucchietto indistinto di giocatori e allungare una mano fino a colpirne uno. Non c’è più traccia del giocatore visto fino a un attimo prima, la concentrazione è svanita, al suo posto si sono liberate le pulsioni incontrollabili dell’inconscio.
Un istante, anche questo definitivo. Zizou lo sa; il cartellino rosso è solo un atto burocratico.
Mentre il campione abbandona il terreno, sfogando la rabbia sul polsino, abbiamo come l’impressione di vedere qualcosa di già accaduto; un ricordo intero prende forma in questa scena di adesso, che sta accadendo davanti ai nostri occhi: è il fantasma che si rivela, il prodotto di una memoria futura, la vittoria dell’immagine sul tempo. La mente va alla finale di Berlino, a Zidane che scivola affianco alla Coppa lasciando dietro di sè la Storia. Zidane esce dal campo, partita finita, fine del film. Ecco il valore dell’opera, la sua volontà veggente. Per novanta minuti abbiamo creduto di guardare una partita di calcio, mentre la vera sfida era quella lanciata dai due registi al caso. Fin dall’inizio è come se avessero detto: “Accadi, dunque, noi siamo pronti. Abbiamo con noi le risorse migliori, il migliori uomini, il migliore dei campioni. Quando sarai successo noi ti organizzeremo, e scopriremo in te le relazioni essenziali che tanto nascondi”.

La qualità audio-video

Probabilmente mai come in questo caso il lavoro di compressione si è rivelata una sfida per i tecnici. La definizione dell’immagine (ma anche il lavoro sul suono), infatti, è parte integrante dell’idea stessa che è alla base della realizzazione del film. In linea generale si può affermare che il lavoro è stato piuttosto curato e i risultati finali si attestano su livelli medio-alti. Il quadro (ricavato dal master italiano dell’opera) è, infatti, sempre estremamente limpido e gli sporadici effetti di quadrettatura che si ritrovano in alcune sequenze (quella d’apertura ad esempio) sono, in realtà voluti dagli autori già in sede di ripresa (ad essere inquadrato è un non meglio precisato schermo televisivo).
Anche il suono mantiene la promessa di un lavoro all’insegna dell’alta professionalità, con le sue tracce (esclusivamente in lingua originale: il doppiaggio sarebbe un’assurdità) sempre nitide e pulite.

Extra

I pur numerosi contributi presenti in quest’edizione Feltrinelli non sono in realtà curati come avrebbero potuto essere. Oltre al Trailer e al Teaser compaiono due fin troppo lunghe interviste a Gianni Rivera e al critico Francesco Bonami che hanno comunque il merito di fornire utili indicazioni alla comprensione dl film. Un rapido making of, con annessa intervista a Zidane, e un filmato della presentazione a Cannes chiudono l’elenco.
Allegato al dvd trovate poi il libro del giornalista sportivo Maurizio Crosetti “Zizou. Un ritratto”. Il libro contiene tredici articoli dedicati a Zidane apparsi sulle pagine de “La Repubblica” tra il 1996 e il 2006, il primo capitolo e l’ultimo sono invece pezzi inediti scritti appositamente per questa edizione.


(Zidane, A Portrait of the XXIst Century); Regia: Douglas Gordon, Philippe Parreno; distribuzione DVD: Feltrinelli; collana: Real Cinema
formato video: 16/9 2.35:1; audio: originale con sottotitoli in italiano Dolby Digital 2.0 e5.1

Extra: 1) Trailer cinematografico originale 2) Teaser 3) Intervista a Zinedine Zidane 4) making of 5) Presentazione a Cannes 6) Interviste esclusive a Gianni Rivera e Francesco Bonami, critico d’arte 7) libro: Zizou. Un ritratto, di Maurizio Crosetti


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