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Easy Girl

Pubblicato il 2 marzo 2011 da Annalaura Imperiali


Easy Girl

Rossa, energica, provocante e al contempo ingenua: Olive è il nuovo sex symbol di un college americano, il nuovo volto dalla reputazione in via di svilimento a causa dell’incomprensione e dell’invidia.

Appena arrivata nel nuovo “campus universitario” statunitense, la spiritosa protagonista di questa commedia trova l’apprezzamento di un ragazzo che, dopo aver pulito in sua piacevole compagnia i bagni e le palestre (punizione dovuta all’uso di un linguaggio “poco consono all’ambiente degli studi”), le chiede di diventare la sua fidanzata, cogliendola del tutto di sorpresa.

Tanto stranita quanto perplessa di fronte a questa inaspettata proposta, Olive cerca di andare a fondo per capire cosa ci sia dietro l’apparenza alquanto ingannevole: Brandon, il ragazzo in questione, è stato emarginato dal gruppo degli altri ragazzi. Causa: la sua (presunta o veritiera?) omosessualità. Attraverso il finto rapporto sessuale con Olive, che risulta quindi il vero obiettivo del “fidanzamento”, egli recupererà stima e apprezzamento da parte dei coetanei, i quali lo faranno nuovamente sentire uno di loro.

Olive ci sta: raccontare una bugia sulla propria verginità e simulare rapporti erotici e sensuali con il mondo maschile la attrae e la stuzzica. Quando però la bugia diventa grande menzogna e comincia a volare di bocca in bocca, l’impietosa reazione del mondo giovanile in cui lei stessa vive si fa unanime e corale: all’urlo libero “puttana” delle girls e “gran figa” dei boys, questa giovane inesperta della vita comincia ad attraversare attimi di sfida ma, soprattutto e sempre più, di mancanza di fiducia in se stessa.

Cruccio adolescenziale? Incapacità di valutare il margine di rischio nelle situazioni? Voglia di provocare fine a se stessa, nella misura in cui non c’è un vero e personale obiettivo da raggiungere?

Non ci è dato sapere.

Quello che si può sicuramente evincere è che dietro al tono divertente e acceso delle conversazioni giovanili e dei misunderstanding di matrice tipicamente anglosassone, c’è una grossa crisi interiore, quella della protagonista, che si trova ad affrontare la pericolosità del reale mentre irrompe con prepotenza nella vita e nelle sofferenze che essa comporta.

E’ un film fatto di slang e di esagerazioni quello di Will Gluck, in cui tutto sembra artefatto, estremizzato, finto, prestabilito, immancabilmente costruito e talmente privo di spontaneità da apparire computerizzato dall’inizio alla fine, dalle espressioni alle battute, dagli sguardi agli intercalare. La comicità è chiamata, ma è pur sempre comicità.

Non ci sono grandi verità dietro Easy Girl, non ci sono grosse lezioni filosofiche, non ci sono morali tanto notevoli da assurgere a massime di vita. C’è una lei, un lui; gli altri e le altre; gli alunni e i professori; le incomprensioni e i chiarimenti; le curiosità e i tabù; le peripezie e il lieto fine (con il bellissimo principe azzurro che cavalca il suo tagliaerba, in miniatura e radical chic, andando a prendere sotto casa la principessa per portarla verso una lunga avventura che si presuppone sia d’amore e di bella condivisone reciproca).

Quello che manca è sicuramente l’unicità. Ma ci si sente comunque contenti nel vedere Olive e la mamma, il cui rapporto è il punto di maggiore tenerezza della storia, che parlano abbracciate sul cruscotto di una vecchia auto di fronte ad un bel panorama malinconico: è l’amore filiale, è l’amore materno, è la comprensione di fronte al problema per eccellenza, quello sentimentale, che solo una madre, a maggior ragione se nel ruolo di madre-amica e di ex hippy reduce, e forse ancora non del tutto, dal mondo dei figli dei fiori, può far arrivare alla propria figlia tacciata di essere una ragazza facile dal (finto? e comunque ipocrita) perbenismo americano.

Sulla scia, decisamente meno drammatica e dolorosamente realistica, di Thirteen (Catherine Hardwicke, USA, 2003), anche se l’età cruciale nel film della Hardwicke non è la stessa della protagonista della pellicola in questione, c’è in Easy Girl un tocco di tragica ironia sulla precocità della gioventù degli States che brucia le tappe per crescere più in fretta, pensando che sia necessario questo, almeno esteriormente, per effettuare il proprio rito d’iniziazione nel mondo.


CAST & CREDITS

(Esay girl); Regia: Will Gluck; sceneggiatura: Bert V. Royal; fotografia: Michael Grady; montaggio: Yana Gorskaya, Susan Littenberg; musica: Brad Segal; interpreti: Emma Stone, Stanley Tucci. Amanda Bynes, Lisa Kudrow, Patricia Clarkson, Thomas Haden Church, Cam Gigandet; produzione: Olive Bridge Entertainment, Screen Gems; distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; origine: USA, 2010; durata: 92’


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