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El ojo del Tiburòn

Pubblicato il 13 novembre 2012 da Lorenzo Vincenti

VOTO:

El ojo del Tiburòn

Greytown. Piccolo villaggio immerso nella giungla nicaraguense. Qui vivono Maicol e Bryan, due giovani ragazzi dediti a consumare gli ultimi spensierati momenti della loro adolescenza prima degli sforzi dell’età adulta. A seguirli nel loro delicato passaggio c’è la macchina da presa guidata da Alejo Hoijman, regista argentino già autore di diversi documentari di creazione, qui alle prese con un viaggio sensoriale compiuto nei ritmi e nelle atmosfere di una piccola comunità perennemente in bilico tra primitivismo e modernità. Attraverso il racconto dei suoi due giovani protagonisti l’autore vuole infatti aprire le porte di un mondo rarefatto, descrivendolo per sensazioni e indugiando sui tratti caratterizzanti che ne costituiscono l’essenza. I quadri d’insieme prodotti dallo sguardo curioso e aggressivo di Hoijman fanno da sfondo, con tutta la loro potenza visiva, alla vita di Bryan e Maicol, colta nei diversi momenti che essa gli propone: dalla battuta di pesca ai giochi con gli amici, dalla caccia nella foresta agli attimi di conversazione in compagnia. Uno stile di vita destinato a perdersi però di fronte alle scelte che la vita impone (definire il proprio ruolo nella società), oltretutto in maniera repentina come testimonia l’indagine visiva del documentario di Hoijman. Fatta salva la sua qualità visiva, l’impatto forte provocato dai quadri d’insieme costruiti per dare forza all’indagine antropologica, esiste qualcosa nell’opera che non funziona altrettanto bene. Se è vero che qualunque lavoro deve avere degli attimi di rottura nella narrazione e cambiare direzione improvvisamente per donare respiro al racconto, di qualunque tipo esso sia, allora il film di Hoijman fallisce clamorosamente e rimane impantanato in un discorso pretenzioso che non soddisfa la curiosità dello spettatore. La ripetitività dei gesti e delle sequenze svilisce così l’intenzione di racconto dell’autore, il quale non riesce a produrre un’indagine veramente esaustiva della comunità e dei giovani protagonisti. Nell’inefficacia del prodotto interviene anche la scelta azzardata, non si sa quanto voluta, di renderlo vagamente spurio o, per meglio dire, indefinito. Osservandolo nel profondo, El ojo del Tiburon rilascia più volte la sensazione che quello a cui si sta assistendo sia più un risultato di un filtro voluto dall’autore che la deflagrazione del reale di fronte all’obiettivo. Molti degli attimi catturati sembrano più che altro costruiti per la realizzazione di un simildocumentario simbolico molto più attento alla cura del lato estetico che alla essenza della sua anima. Questa, che rimane solo una sensazione, logora a lungo andare la visione del film e rende lo spettatore diffidente di fronte ad un prodotto difficile da identificare. A rimanere è soltanto il dispiacere per un’opera non compiuta che rivela, in alcuni tratti, delle potenzialità notevoli ma purtroppo inespresse.


CAST & CREDITS

(El ojo del tiburòn) Regia: Alejo Hoijman; sceneggiatura: Alejo Hoijman; fotografia: Gaston Girod; montaggio: Alejo Hoijman; suono: Diego Martínez Rivero & Manuel de Andrés; produzione: Astronauta Films, Gema Films, Ibermedia, ICAA; origine: Argentina, Spagna; durata: 93’.


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