Ember - Il mistero della città di luce

Merita di non essere trascurata un’opera come Ember. Per tutta una serie di ragioni che ci sembra giusto conoscere e doveroso indagare. Tanto per cominciare è un’opera prodotta dalla Playtone di Gary Goetzman e Tom Hanks, società che dal 1998 ad oggi ha saputo diversificare il proprio intervento nell’audiovisivo creando opere importanti sia per la tv che per il cinema. E’ sufficiente fare riferimento a titoli come The polar express, Band of brothers, Il mio grasso grosso matrimonio greco, La guerra di Charlie Wilson, il recente Mamma mia! o ai più complicati Neil Young: the hearts of gold e Magnificent desolation: walking on the moon 3D per capire il ruolo sempre più consistente che questa compagnia è riuscita ad occupare nel panorama hollywoodiano. Film tanto distanti tra loro quanto significativi per originalità ed innovazione. Il loro nuovo sforzo produttivo vede poi l’apporto creativo di un enfant prodige della Hollywood recente, quel Gil Kenan che dopo aver colpito tutti con il lavoro di fine corso alla UCLA (The Lark) è già riuscito a dirigere un film intrigante e curioso come Monster house. Insomma un giovane interessante che vale la pena di seguire. Aggiungiamo inoltre a questi due elementi una lunga lista di nomi di primo livello, figure pluripremiate che arricchiscono il film con la loro esperienza e professionalità. Stiamo parlando della sceneggiatrice Caroline Thompson, autrice di alcune opere di Tim Burton, del direttore della fotografia Xavier Perez Grobet, già compagno di viaggio di Kenan in Monster House, dello scenografo Martin Laing, fedele art director di Cameron (e non solo) e della costumista Ruth Meyers, 30 film all’attivo e due nomination agli Oscar per i film Emma e La Famiglia Addams. Insomma ingredienti nutrienti, ben dosati che alla verifica dei fatti sono riusciti a comporre un buon lavoro, piacevole da seguire dall’inizio alla fine e senza clamorosi difetti da segnalare. In virtù di quest’ultima considerazione si potrebbe però rimproverare a questo film di stare troppo sulla difensiva, di non osare abbastanza. Manca forse un salto di qualità nel mezzo dell’opera. Quel picco di giusta tensione drammatica che avrebbe cambiato, ancor più di quanto non avvenga, il ritmo del film e avrebbe probabilmente ampliato il target di pubblico da catturare. Per questo motivo e anche in relazione a tutti i nomi elencati precedentemente, Ember è forse leggermente al di sotto del livello che ci si sarebbe aspettato. Niente di grave comunque: resta un film godibile particolarmente adatto ad un pubblico natalizio.
Ma quali sono i punti di forza del film di Kenan? In primo luogo lo script. Adattamento del libro della scrittrice Jeanne DuPrau, Ember è l’esempio classico della piccola storia inserita in un microcosmo attraente e misterioso. Al centro di tutto c’è la città, metafora della segregazione forzata, dove il cielo non si vede e la luce è fornita da un generatore di energia in fase di esaurimento, dove le razioni di cibo scarseggiano e la possibilità di fuga è ridotta al minimo. Costruita dai padri fondatori per salvare l’umanità, Ember è relegata in un luogo/non-luogo; oscura e buia, essa viene governata da un sindaco/despota che vive sulle spalle della propria gente, ingannandola continuamente senza alcun tipo di remora. All’interno di questo mondo si muovono personaggi singolari, il cui unico obiettivo sembra essere quello di proseguire il cammino della città, di salvaguardarne l’esistenza. Nessuno di loro pensa che ci possa essere una uscita da Ember, che si possa vedere, al di fuori di quel ghetto claustrofobico, uno spiraglio di luce naturale, segno di vita e di speranza. Solo i due giovani cittadini Doon Harrow e Lina Mayfleet, personaggi principali della vicenda, avvertono la concreta possibilità di evadere dal loro luogo di nascita e nutrono, dopo la scoperta di alcuni indizi, il sogno di vedere un mondo differente da quello sinora vissuto. Da questo momento in poi le avventure dei due adolescenti in fuga diventano il motore di un film fatto di scontri con i cattivi di turno, alleanze con squattrinati personaggi, avvenimenti incredibili. Il tutto vissuto all’interno di una spazio sempre più vivo e animato, che prende forma sulla scena e che con il passare dei minuti diventa sempre più simile ad un parco giochi. Oltre alla dimensione spaziale, è la dimensione temporale ad essere rilevante in Ember. Gli anni che passano portando con sé la morte del generatore sono una minaccia per l’intero popolo, così come i minuti di blackout elettrico a cui quest’ultimo deve far fronte con sempre più frequenza a causa dei problemi del generatore. La giovane Lina corre continuamente per adempiere al proprio ruolo di messaggera proprio perché ad Ember nessuno può permettersi di perdere tempo, tanto meno dei giovani ancora inesperti e con un futuro tutto da definire. Un altro elemento fondamentale del film di Kenan è sicuramente la fotografia di Grobet, il quale con molta maestria riesce nel compito assai arduo di illuminare artificialmente per l’intera durata del film tutti gli spazi scenici costruiti da Laing (non si vede mai la luce naturale). L’alternanza di forti luci e zone di buio estremo riesce a rendere ottimamente la perenne condizione di chiusura vissuta dalla gente di Ember, acuendo in maniera molto efficace il senso di claustrofobia che già di per sé l’ambientazione emana. In conclusione poi ci sembra doveroso fare un accenno alle prove attoriali. Anche se tutto il cast si è dimostrato all’altezza della situazione è necessario, a nostro avviso, segnalare tre nomi che per diversi motivi si impongono più di altri. Saoirse Ronan perché sta lasciandosi rapidamente alle spalle il ruolo di giovane promessa, divenendo sempre più una piacevole realtà, Bill Murray perché nonostante si ritrovi ad interpretare un personaggio così infame riesce sempre e comunque a stupire con quell’espressione sorniona che la sua faccia regala e Martin Landau perché alla veneranda età di 77 anni, con un incarico prestigioso da onorare (è presidente della sede occidentale dell’Actor’s studio) e una carriera invidiabile alle spalle riesce a trovare ancora la forza e la voglia di mettersi in gioco con questo tipo di film. Fantastico!
(City of Ember); Regia: Gil Kenan; sceneggiatura: Caroline Thompson, tratta dal libro di Jeanne DuPrau; fotografia: Xavier Perez Grobet; montaggio: Adam P. Scott, Zach Staenberg;scenografia: Martin Laing; costumi: Ruth Myers; interpreti: Saoirse Ronan, Harry Treadaway, Bill Murray, Tim Robbins, Martin Landau, Toby Jones, Mary Kay Place, Marianne Jean-Baptiste; produzione: Walden Media, Playtone; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA; durata: 95’; web info: Sito ufficiale
