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FAST FOOD NATION

Pubblicato il 19 luglio 2007 da Gaetano Maiorino


FAST FOOD NATION

Un direttore marketing di una corporation di Fast Food, una liceale di nome Amber, che da commessa della stessa catena di ristorazione diventa un’attivista ecologista, un trio di immigrati clandestini messicani in cerca di fortuna in Colorado. Le storie di questo manipolo di personaggi si sfiorano di continuo, senza incrociarsi mai decisamente, nella trama di Fast Food Nation, ultimo lavoro di Richard Linklater tratto dal romanzo omonimo di Eric Schlosser. Tutto ruota attorno a uno stabilimento che macella bovini per farne cibo da fast food, in cui il manager Greg Kinnear si reca per ispezionare la catena di macellazione e verificare se davvero ci siano degli escrementi bovini nella carne della sua ditta. Nella stessa fabbrica vengono impiegati in nero i tre messicani e lo stesso laboratorio è preso di mira dal gruppo di liceali ecologisti di cui fa parte Amber.
Linklater fa seguire al suo esperimento in rotoscoping di A Scanner Darkly, un’opera ambiziosa che però non risulta sempre all’altezza delle aspettative, soprattutto quando l’attenzione è puntata sulle vicende dei clandestini messicani e della giovane Amber. Dialoghi lenti e ridondanti fanno calare troppo il buon ritmo della prima parte, in cui a fare da mattatore ci pensa Don Anderson, perfetto nel suo ruolo, come in Little Miss Sunshine.

Il passaggio da un romanzo di science fiction a uno di denuncia sociale non sembra dare i risultati sperati al regista britannico che non stecca del tutto, ma non soddisfa le attese.
Il tentativo di portare sullo schermo il best seller di Schlosser è però un’ulteriore prova della necessità sempre più avvertita negli USA di denunciare la cultura fast food ormai dilagante e ogni giorno più dannosa. Americani quindi sempre più critici contro il loro “cibo nazionale”: non più credibili i peana dei pubblicitari che per anni hanno determinato il diffondersi di un nuovo modo di mangiare, promosso come gustoso e alla portata di tutti. Oggi si rincorrono i cori di dietologi e medici vari che tentano in ogni modo di limitare il consumo di cibo rapido, sottolineandone la pericolosità per la salute, nonché lo scarso valore nutritivo.
La tendenza sembra essersi ormai consolidata anche nel cinema dopo il successo del documentario del regista Morgan Spurlock autore nel 2004 di Supersize me. Ma se nel “tentato suicidio” per overdose di panini MacDonald’s sperimentato da Spurlock, l’attenzione era concentrata sulle conseguenze dell’abuso di sandwiches, nella pellicola di Linklater il punto di vista si sposta con decisione su cosa c’è dietro e soprattutto dentro i panini. La vera protagonista del film è infatti la carne: viva, macellata, congelata, bovina ammassata nei recinti o umana accalcata in una stanza d’albergo, sanguinante, cotta, bruciata, divorata, la carne è il perno della storia con il quale tutti i personaggi si ritrovano prima o poi coinvolti.
Linklater ci conduce all’interno della catena di montaggio dove entra una mucca ed esce un hamburger, mostrando le precarie condizioni di lavoro dei macellai, lo scarso livello di professionalità degli impiegati e gli inesistenti controlli igienici. La carne viene trattata chimicamente e le basilari norme di pulizia sono totalmente ignorate dalle grandi catene di ristorazione che, in nome del massimo profitto, accelerano i tempi di produzione con ovvie conseguenze sulla qualità. A questo si aggiungono tutti quegli speculatori molto simili ad avvoltoi che trattano gli uomini come carne da macello (il parallelo è evidente nel film) e sfruttando la disperazione di clandestini e poveracci li costringono a turni disumani per pochi dollari.
L’epica dei perdenti per forza, narrata da Schlosser nel suo libro, risalta (con qualche alto e basso) anche nella pellicola di Linklater: nessuno dei personaggi ha infatti le qualità per cambiare le cose e modificare in meglio la propria natura. E così ci si sente quasi rassegnati davanti all’affermazione che nella vita “un po’ di merda bisogna mangiarla” - pronunciata da un Bruce Willis perfetto nella sua seppur breve apparizione nei panni di un mediatore finanziario - “basta cuocerla bene” e la si può far diventare tristemente gustosa!


CAST & CREDITS

(Fast Food Nation) Regia: Richard Linklater; soggetto: Eric Schlosser; sceneggiatura: Eric Schlosser e Richard Linklater; fotografia: Lee Daniel; montaggio: Sandra Adair; musiche: Friends of Dean Martinez; scenografia: Phil Shirey; costumi: Kari Perkins e Lee Hunsaker; interpreti: Greg Kinnear (Don Anderson), Ashley Johnson (Amber), Bobby Cannavale (Mike), Catalina Sandino Moreno (Sylvia); produzione: Recorded Picture Company, Hanway Films, Participant Production e BBC Films; distribuzione: DNC Entertainement; origine: USA/UK 2006; durata: 114’; web info: www.fastfoodnation-film.de


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