Festa del cinema di Roma 2007 - Conferenza stampa Elizabeth: The Golden age

Ad aprire il ciclo delle conferenze stampa della sezione Premiere della seconda edizione della festa del cinema di Roma sono Cate Blanchett, Geoffrey Rush, Shekar Kapur e il produttore di Elizabeth The Golden age.
In realtà ad ammaliare la schiera dei giornalisti è prima di tutto il fascino algido della straordinaria attrice australiana. La sua sola presenza è sufficiente a far dimenticare sia gli esiti modesti della pellicola appena visionata, sia la presenza, al suo fianco, di un attore del calibro di Geoffrey Rush, premio Oscar per Shine, ma terribilmente a suo agio sia nello spazio franco del cinema d’autore che nei campioni di incasso e nei block busters americani. I due poli, a pensarci un momento, tra i quali oscilla indeciso Elizabeth - The golden age, con una decisa propensione, non possiamo non ammetterlo, proprio per il secondo.
Le domande sono molte, nello spazio di quell’ora scarsa che è la durata standard di ogni conferenza stampa e che molte volte sembra decisamente troppo poco. Non è questo, comunque, il caso di Elizabeth: The golden age perché in questa occasione la stampa italiana rivela sostanzialmente la sua anima gossippara più triste. Di fronte al fascino incredibile della diva sembra esserci una resa dell’intelligenza e un trionfo dell’ovvio. Le domande sono più o meno standard: che problemi hai avuto ad entrare nel ruolo? In cosa credi di somigliare alla regina vergine che hai appena portato sullo schermo? Domande alle quali la diva risponde con l’aplomb dell’abitudine, sfoderando charme ed intelligenza, anche quando rimbrotta una giornalista che accenna al fatto che la vera Elizabeth ebbe molti amanti con un lapidario, forse eccessivo:
Cate Blanchett: Sono lieta che lei sia così informata sulla vita della regina Elisabetta. Io non c’ero non posso dire.
per poi rincarare la dose:
Ma certo potremo attardarci dopo a parlare della vita privata di Elisabetta visto che lei è così bene informata.
Una leggera caduta di tono, questa, che sottolineiamo in questa sede perché ci aiuta ad entrare meglio nell’atmosfera dell’intera conferenza stampa. Un’atmosfera ovattata, tranquilla, fatta di domande innocue che mascheravano l’imbarazzo nei confronti di un film che non doveva essere sembrato particolarmente riuscito a nessuno dei convenuti, ma su cui non si osava spargere il sale della polemica che, si sa, brucia sempre quando le ferite sono ancora aperte. E, in fondo, quel che c’è di buono in Elizabeth - The Golden age è proprio e solo Cate Blanchett. Trattata dalla nostra stampa più da diva che da attrice: un’ennesima dimostrazione di miopia. E forse è proprio questo il motivo per cui l’attrice, a quel punto, si è lasciata andare ad un momento di esasperazione. In altra occasione era stata più olimpica alla domanda se si aspetta un Oscar per la sua interpretazione ha risposto con un no che era più che altro un ammiccamento alla platea.
Guarda caso le domande più intriganti sono altre. La prima viene, manco a dirlo, da un giornalista evidentemente spagnolo che chiede, aggiungendoci di suo quel filo di ironia che al film non avrebbe guastato affatto: Ma non c’era proprio nessun modo per cercare di evitare di rendere gli spagnoli così odiosi?
Shekar Kapur: Quella di cui parlo è la Spagna dell’inquisizione. Io non parlo male degli spagnoli, parlo male dei fondamentalismi religiosi. E questo è un tema molto attuale visto che ci si dice che un altro pazzo, tanto simile al Filippo che rappresento nel film, nascosto a quanto pare dentro una grotta, per motivi religiosi, ha terrorizzato tutto il mondo. Credo che si capisca bene a chi alludo.
Di fronte alla questione religiosa ci resta, in effetti ancora qualche perplessità. Non ci spieghiamo ancora bene il senso della regina Mary Stuart dipinta alla stregua di una pazza furiosa, da internare prima ancora che da decapitare (con tutto l’affetto che proviamo per Samatha Morton che la interpreta e che consideriamo una delle migliori attrici sulla piazza), ma sono perplessità che ci teniamo volentieri. Anche sulla tecnica il regista sembra dire e non dire. Alla domanda sull’uso delle musiche molto enfatiche (Erano prevista sin dall’inizio o sono state suggerite dall’interpretazione solenne degli attori?) la risposta è un po’ evasiva.
S. K.: Che dire? Certo era preventivato un uso massiccio delle musiche. Del resto non avrei chiamato a lavorare grossi compositori altrimenti. Certo è che fin dall’inizio avevo in mente l’idea che la storia fosse prevalentemente una sorta di opera lirica. Tutto era molto enfatico e anche l’interpretazione degli attori si è adeguata a questa visione della storia. Per cui molto era già in mente fin dall’inizio e mentre giravamo ascoltavamo i brani che erano già stati composti nel frattempo.
La verità, quindi, sta forse un po’ nel mezzo! E a proposito di stare in mezzo tra due poli: Il film oscilla tra la descrizione intima del personaggio di Elizabeth e i toni più grandiosi del film epico. Come hai fuso queste due anime così diverse del racconto?
S. K. – È stata una grande sfida, ma nessun film ne è privo. Se fosse facile scalare le montagne nessuno di noi lo farebbe. L’aspetto epico del film, le battaglie che la protagonista conduce fanno parte del suo personaggio. Ho cercato di unire i due fattori, di far confluire quello che accadeva fuori dalla sfera intima della regina con suoi i sentimenti. In questo modo l’elemento spirituale si sposta nell’epica e il cammino che affronta Elizabeth passa anche attraverso i campi di battaglia.
Il resto della conferenza, essenzialmente, era tutto per lei. Anche le domande che sembravano a tutta prima essere rivolte ad altri, in un modo o in un altro finivano per ricadere su si lei. Se non era Cate Blanchett a parlare, era di lei che si parlava, come nella domanda iniziale che ha dato il la alla conferenza stessa. Una domanda rivolta a Geoffrey Rush e a Shekar Kapur: Come siete riusciti a convincere Cate Blanchett a riprendere il ruolo di Elizabeth visto che lei sembrava essere restia ad affrontarlo di nuovo?
Geoffrey Rush: In primo luogo le abbiamo regalato le scarpe.
Indicando con far sornione le scarpe dal tacco vertiginoso indossate dall’attrice.
Queste scarpe.
La risata generale aveva fatto sperare in una conferenza all’insegna dell’allegria. Ma poi, lo abbiamo già detto Geoffrey Rush, come si dice tra i ragazzi, non se l’è filato proprio nessuno. E lui stesso, dopo la prima e purtroppo unica battuta, torna in carreggiata con una risposta più seria:
G. R. Se guardiamo il suo repertorio di personaggi e ruoli è impossibile non notare che le sue scelte sono sempre state molto potenti, pericolose, imprevedibili. Capisco perché ci abbia messo un po’ a decidersi, sicuramente non l’allettava la proposta di tornare a interpretare lo stesso personaggio. Ma credo di averla convinta quando le ho detto che se non l’avesse fatto lei l’avrebbe fatto qualcun’altra.
S. K.: Nel dire nulla c’è tutto il potere della persuasione. Io non ho fatto altro che guardarla pensando che fosse bellissima e non ho detto niente.
A questo punto la domanda è passata alla Blanchett: Perché hai cambiato idea alla fine e hai deciso di interpretare di nuovo Elisabetta? E a questa altre simili hanno prodotto uno strano effetto di eco: Chi è Elisabetta? Ci sono attrici che hanno interpretato lo stesso ruolo cui puoi esserti ispirata? Cosa pensi del suo carattere?
C. B.: È innegabile che la regina Elisabetta sia stata una donna assolutamente interessante e ho accettato di tornare a interpretarla quando mi sono resa conto che il personaggio si muoveva in un contesto davvero straordinario. È stata la sceneggiatura a convincermi. Inoltre mi piaceva la sfida, ovvero non fare riferimento al primo film e allo stresso tempo non fare neanche qualcosa di totalmente diverso. Elizabeth è una donna straordinaria e sarebbe stato veramente perverso dire di no all’offerta di interpretarla per una seconda volta. Anche perché mi dava l’occasione di tornare a lavorare con un cast di grandi attori con cui avevo fatto delle belle esperienze durante le riprese di dieci anni fa.
Le attrici del passato sono molte e le ho tutte tenute in considerazione. Ma qui non siamo come in Amleto dove il copione è uno solo. Ogni Elisabetta passata sullo schermo era vista da un punto di vista diverso. E le attrici portavano avanti copioni diversi.
Ci sarà un Elizabeth parte terza?
La risposta è un mimo divertito. Dapprima, con felice gesto teatrale indica il regista alla sua destra, quasi un invito a porre la domanda a lui. Poi memore del discorso fatto da Rush su come l’ha convinta a prendere parte al progetto, rivolge lo stesso gesto all’attore alla sua sinistra. Poi indicando se stessa fa un’alzata di spalle che trasforma il suo corpo sinuoso in una sorta di divertito punto interrogativo. Alla risata del pubblico risponde con un gesto di ringraziamento giungendo le mani davanti al petto come fanno gli indiani e come aveva fatto il regista all’ingresso in sala accolto dall’applauso della stampa.
Quale è il rapporto di Elizabeth con il potere?
C. B.: L’autorità può essere molto attraente per alcuni. Elizabeth è una regina che paga a duro prezzo, per quanto riguarda i sentimenti, la sua immensa libertà. Anche se alcune volte si diverte a giocare con il proprio potere, vedendo gli effetti che esso ha sulle persone che le stanno intorno.
S. K.: Ma non è solo questione di potere. Qui c’è anche il prezzo da pagare per il solo essere adorata. E’ la stessa situazione nella quale si è trovata Lady Diana. Il problema con il quale Lady D si è dovuta confrontare non era tanto la questione del potere quanto piuttosto la sua immensa popolarità.
E qui, dopo la domanda su cosa conosce del cinema italiano e se c’è un nostro autore con cui le piacerebbe lavorare (Fellini ed Anonioni sono morti putroppo) la domanda si fa intrigante: C’è un personaggio della monarchia attuale che le piacerebbe interpretare?
Intrigante si, ma mai quanto la risposta: Si, il principe Harry.

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