Festa del Cinema di Roma 2007 – Noise - Conferenza Stampa
Mi sono molto identificata nella nevrosi del personaggio. Come è nato il personaggio di Tim Robbins?
Il personaggio l’ho trovato a casa: ero io. E’ una storia che mi è accaduta veramente, non riuscire più a vivere New York, perdere il controllo, avere una crisi… e alla fine essere arrestato. E’ successo a me. Io poi sono riuscito a fermarmi. Quando sono stato arrestato ho deciso di fermarmi e riprendere la mia vita. Ed è lì che ho trovato il personaggio. Mi sono detto che io ero riuscito a fermarmi in tempo, e mi sono chiesto come si sarebbe comportato, cosa avrebbe fatto qualcuno che non fosse riuscito a fermarsi. Ho cominciato a pensare a quest’uomo, un uomo che vive un problema che in fondo potrebbe vivere qualsiasi uomo o donna che vive in una città di una qualsiasi parte del mondo, specialmente se non consideriamo il problema specificatamente come il ‘rumore’ della grande città, ma se lo leggiamo in un’accezione più ampia.
Mi è piaciuta molto la chiave ironica che è stata data a tutto il film. Quanto è stata una scelta studiata a tavolino e quanto invece è nata in corso d’opera?
E’ un commento molto perspicace. In principio si è pensato ad un argomento serio ma trattato come se fosse banale. L’idea partiva da un uomo che si concentra su qualcosa che sembra irrilevante ma che in realtà può diventare per qualcuno un problema fondamentale. Questo sguardo è venuto di conseguenza, in maniera naturale.
Lei ha detto che è una vicenda che le è successa. Come ha fatto ad elaborare quest’esperienza?
Mi sono fermato quando ho scelto la felicità piuttosto che la verità. Sono stato arrestato, ma non ero pronto a distruggermi. Mi sono presentato delle alternative e ho elaborato creativamente la mia storia.
Questo film osa fare delle cose che noi tutti vorremmo fare. Siete riusciti a sensibilizzare la gente in relazione al problema del rumore delle grandi città?
Il comune di New York ha tentato di migliorare la situazione. Partendo anche dalle piccole cose: ad esempio ci sono alcuni parcheggi dove non si può entrare se la macchina è dotata di un allarme. Il punto è com’è possibile per il governo risolvere la questione, in che modo la politica può affrontare questo problema.
Questo sembra il secondo episodio della sua trilogia sulla ‘follia quotidiana’, dopo The Believer.
In realtà il tema della trilogia è il fanatismo politico. Il terzo episodio avrà a che fare con il fanatismo in campo artistico.
Da giovane avrebbe fatto un film del genere?
Bella domanda. Il corpo risponde diversamente, quando si è giovani, e certe cose che ora sembrano intollerabili prima potevano essere ignorate con facilità. Ma in realtà fin da piccolo provavo un fastidio particolare per situazioni particolarmente caotiche.
Può spiegare l’idea di fanatismo politico a cui si riferiva prima, e in che modo Noise a che fare con esso?
Il rumore è una metafora del potere: il rumore che sono obbligato a sentire mi impedisce di pensare come vorrei, come la tv che non riusciamo a spegnere. In 1984 c’è una frase, ‘questa persona ha la bocca ma non ha le orecchie’… ecco, il potere è così, non ci ascolta, noi non possiamo avere effetto sulla politica. Certo, ci sono le elezioni, ma quanto possono davvero cambiare le cose?
Il film sembra avere molto a che fare con la disobbedienza civile.
Sono americano e sono molto vicino al concetto di disobbedienza civile. Già Jefferson parlava di questa rivoluzione civile… Qui da voi si è appena formato un nuovo partito, ho saputo. Questo in America sarebbe più difficile. Il sistema è molto più rigido per quanto riguarda queste cose. Forse quindi è per questo che l’azione politica si manifesta in questo modo, con una protesta che parte dall’impegno individuale e da forme d’aggregazione spontanee.
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