Festa del cinema di Roma - Extra - Incontro con Joel Surnow

Tra le molteplici, interessanti, proposte che la sezione Extra ci ha proposto durante questo periodo della Festa del Cinema non poteva non mancare un evento relativo alle serie televisive, più in particolare, a quelle della Fox. Sotto il patrocinio di Sky e Fox Italia, sono stati proiettati due pilot (Mujeres Assessinas, Photocall) ed un documentario (Trans Liberanti) ma, evento nell’evento, era la presenza di Joel Surnow, produttore dell’acclamato 24: la vera calamita della serata. In una discussione moderata da Aldo Grasso e Mariarosa Mancuso, Surnow ha ampiamente illustrato le modalità di creazione della serie, cercando inoltre di sottolineare quale fosse il motore centrale della sua creatura: la paura. Ma andiamo con ordine.
24 nasce nella mente di Surnow a cavallo di due stagioni televisive e può riassumersi, velocemente, come l’idea di realizzare un serial di 24 episodi (di un’ora ciascuno) in tempo reale. Jack Bauer, l’agente antiterrorismo, ancora non esisteva ma già chiara era l’intenzione di affrontare una sfida in real time: una corsa contro il tempo, con personaggi che ogni ora si trovano in bilico tra la vita e la morte. Una serrata lotta contro il grande nemico: il tempo. A sottolinere ulteriormente il concetto temporale alla base di 24, Surnow ed il suo team, grazie soprattutto all’aiuto degli screening preventivi del pilot, pensarono bene di aggiungere, come costante, un orologio digitale che scandisse il passare dei minuti di ogni puntata: un modo per ricordare ogni 15 minuti agli spettatori che la storia a cui si trovano di fronte era in tempo reale ed anche per ricollegare tra di loro le diverse storie che si intrecciano nella puntata in questione; una funzione questa, svolta anche dall’uso dello split screen, in concomitanza e non con l’orologio.
Si è detto prima come il motore narrativo di tutto 24 sia la paura, implicita nella lotta contro il tempo che l’uomo compie ogni giorno e che Jack Bauer affronta ogni ora per salvare se stesso, i suoi colleghi, la sua famiglia, il suo paese dalla minaccia terroristica. Parlando di minaccia terroristica e di America, non si può non accostare il tema della paura in 24 con la nuova e profonda paura che l’attentato alle Torri Gemelle ha fatto nascere in ogni cittadino americano e, se si considera che entrambi si sono manifestati nel 2001, si potrebbe pensare che l’attentato incise sulla progettazione della serie. Surnow però, smentisce in parte quest’affermazione: la prima serie è stata totalmente estranea al fatto, in quanto il pilot (e dunque la serie stessa) era già pronto alla fine di agosto e dunque ancora lontano dal terribile 9/11 e, semmai, le influenze maggiori derivavano dal cinema, dai film d’azione come I tre giorni del condor. Chiaramente, dalla seconda serie in poi, l’influenza delle Torri Gemelle si è fatta sentire; del resto, era impensabile il contrario, considerato anche che il lavoro di Jack Bauer è di dare la caccia ai terroristi! Il collegamento diventava non solo necessario, ma anche indispensabile.
A seguire, incalzato dai due moderatori, Surnow passa a spiegare lo sviluppo di ogni singola puntata e, come prima precisazione, indica l’impossibilità di delineare da subito le 24 puntate della serie. Sarebbe impossibile. Ecco allora che, nella pratica della scrittura seriale di 24, l’improvvisazione viene ad avere un ruolo essenziale: inizialmente vengono infatti scritte le prime 4 puntate, organizzando i temi, le storie ed i personaggi;in seguito e fino alle ultime puntate, si improvvisa a partire da questi temi di partenza facendoli evolvere sino ad arrivare alla fiammata finale, al finale esplosivo in cui tutti i fili vengono riannodati concludendo la più lunga giornata della vita di Bauer. Una vita che non è fatta solo di terrorismo ma che possiede anche un risvolto familiare, una parte umana ed emozionale: si tratta di una situazione emotiva dettagliatamente descritta ad ogni inizio stagione ed in cui il protagonista viene inserito ma che non viene richiamata continuamente, rimanendo invece latente nell’intera serie, in maniera tale che lo spettatore possa seguirla senza troppe esasperazione melodrammatiche.
Giunti quasi al termine dell’incontro, sullo schermo del Teatro Studio viene mostrata una clip in cui sono montati spezzoni di film di Hitchcock (Psyco, L’uomo che sapeva troppo, Nodo alla gola) e sequenze di 24: l’idea alla base di questo accostamento è che il regista inglese sia un po’ un padre nobile di questa serie, con i suoi meccanismi della suspense, dello scarto di conoscenza. In particolare i tre film di Hitchcock richiamano altrettante caratteristiche che, secondo Surnow, confermerebbero questa teoria del padre putativo: Psyco è citato in quanto venne realizzato con una troupe televisiva, L’uomo che sapeva troppo è citato per l’uso della musica mentre Nodo alla gola è inserito nel quadro propostoci per il suo essere totalmente composto di piani sequenza, espressione prima del real time. Indubbiamente queste considerazioni potrebbero non risultare adeguate all’occasione, risultando mere giustificazioni ad un accostameto azzardato, ma, ad un’attenta analisi, potremmo trovarci in accordo con Surnow: nonostante abbia scomodato un grande nome della cinematografia mondiale, ci ha effettivamente mostrato come i prodromi di una serie quale 24, si potessero già ravvisare nelle opere di Hitchcock. O, spiegando meglio, si è visto come questa serie sia stata costruita a partire da alcuni dei principi propri del maestro della suspense, come ad esempio lo scarto di conoscenza. Il dibattito critico sembra dunque concludersi così, come l’incontro, ma sta ad Aldo Grasso l’onore delle ultime battute: secondo il celebre critico non solo l’accostamento Hitchcock-24 risulta adeguato ma, addirittura, la serie di Surnow sarebbe superiore all’ultimo film preso in esame, ovvero Nodo alla gola. Un’affermazione leggermente fuorviante se si considera il diverso periodo di realizzazione e le peculiarità filmiche dei due poli, sicuramente distanti tra di loro: Hitchcock con il suo cinema rimane un maestro e Nodo alla gola è una fantastica intuizione di regia, confrontarlo con una serie televisiva, seppur altrettanto innovativa e quanto mai valevole di lode, va ad intaccare il discorso avviato in precedenza. Ma, in fondo, l’intenzione di Grasso non era quella di gettare un guanto di sfida agli spettatori, si trattava solo di una semplice battuta finale e, come tale, il suo peso specifico è chiaramente leggero. Forse troppo.

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