Il mio amico Nanuk

Sulla scia del filone di Vita di Pi e Belle et Sébastien, che in Italia hanno raccolto un largo successo di pubblico e critica, i registi Roger Spottiswoode e Brando Quilici realizzano una bellissima favola per ragazzi, Il mio amico Nanuk – in concorso nella sezione autonoma Alice nella città. Il film si presenta come un’emozionante parabola su tematiche dal carattere universale. La tematica principale intorno a cui si snoda l’intera narrazione è sempre un percorso di formazione e di crescita – cuore drammatico di quasi tutti i film di questa sezione. Ma questa volta, gli autori sono riusciti a ripulire l’opera da quei ridondanti e noiosi cliché che ricorrono in quasi tutti i film del genere.
Il mio amico Nanuk, infatti, è l’appassionante storia di Luke, un ragazzino di 14 anni alle prese con la recente morte del padre ed il complesso rapporto con una madre che ogni giorno diventa sempre più soffocante. Il giovane protagonista riuscirà a fare i conti con il suo passato e ad uscire dall’opprimente nido materno grazie all’amicizia con un cucciolo di orso polare, Nanuk, che aiuterà a ricongiungersi con mamma orso da cui si era separato.
Inutile dilungarsi sulle infinite peripezie che coinvolgeranno i due, costretti a confrontarsi con situazioni estreme e scelte difficili. Ciò che colpisce di questo film, non è tanto la tenerezza che suscita l’amicizia nata fra il piccolo Luke ed il cucciolo d’orso – di cui, diciamolo, la storia del cinema è colma – quanto la grazia del tocco registico. Sarà per la duplice nazionalità dei registi – Roger Spottiswoode è, infatti, canadese e Brando Quilici italiano – ma il sodalizio fra i due autori sembra riuscire a creare un perfetto equilibrio, concedendo alla pellicola la giusta dose di patos, sfruttando in parte anche quei topoi necessari nella costruzione di un film di questo tipo, senza però cadere in facili e banali sentimentalismi e creando, così, un impianto visivo asciutto ed efficace.
Ovviamente, anche qui il viaggio intrapreso dal protagonista altro non è che un modo per mettere in scena un conflitto interiore che riuscirà a risolversi soltanto al termine dell’avventura andando incontro allo scontato happy end. Insomma, i canoni classici sono perfettamente rispettati ma gli autori, con i continui campi lunghi di paesaggi maestosi, riescono, non solo a suggestionare gli spettatori per la bellezza che gli si propone, ma a creare anche una narrativa ed una poetica di contrasti fra la natura umana e quella animale. Un espediente, questo, che in qualche modo vuole farsi veicolo di una sorta di critica sociale verso ciò che rischiamo di perdere inesorabilmente a causa del riscaldamento globale. Un’avvincente favola per ragazzi ma che risulta godibile anche per un pubblico più variegato.
(Midnight Sun); Regia: Roger Spottiswoode, sequenze artistiche di Brando Quilici; sceneggiatura: Hugh Hudson, Bart Gavigan; fotografia: Peter Wunstorf; montaggio: Pia Di Ciaula; musica: Lawrence Schragge; interpreti: Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan; produzione: Media-Max, Bq Productions, Original Pictures, Rob Heydon Productions; distribuzione: Medusa Film; origine: Canada/Italia, 2014; durata: 98’.
