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Fidel Castro al cinema: un viaggio chiamato rivoluzione

Pubblicato il 3 dicembre 2016 da Giuseppe Giulio


Fidel Castro al cinema: un viaggio chiamato rivoluzione

Quando a Cuba è da poco passata la mezzanotte, Raul Castro, trattenendo a stento le lacrime, annuncia in tv "al popolo dell’isola, agli amici della Nostra America e al mondo che alle 22.29 del 25 novembre del 2016 è deceduto il comandante in capo della Rivoluzione Cubana Fidel Castro Ruz. Hasta la victoria siempre". Cuba proclama 9 giorni di lutto nazionale per la morte di Fidel.

Novant’anni di vita e un posto nella Storia. La morte di Fidel Castro consegna all’immaginario collettivo di oggi, una figura controversa e dicotomica (rivoluzionario e dittatore, progressista e reazionario, elitario e populista), che i media di tutto il mondo, hanno esplorato in maniera perlopiù incerta. Tra questi, il cinema - "tra tutte, l’arma più forte" secondo Benito Mussolini, "uno dei mezzi più moderni e scientifici d’influenza sulle masse" secondo Joseph Goebbels, due che di media e regimi totalitari ne sapevano qualcosa - è stato lo strumento più rivelatore.

La figura di Fidel Castro, le contraddizioni della sua rivoluzione, la società e la politica cubana, raccontata in tre film, perché quello che rimane, al termine del più difficile dei viaggi, è il riflesso nella nostra memoria di ogni singolo giorno vissuto.

Looking for Fidel di Oliver Stone (USA, 2004)
Quasi un risarcimento per il film precedente. Questa volta Stone, oltre al Comandante, dà voce ad avversari del regime e movimenti critici come Amnesty International. Un complemento necessario, anche se più episodico del prototipo.

Prima che sia notte di Julian Schnabel (USA, 2000)
Perseguitato perché gay, il poeta Reinaldo Arenas lascia la natia Cuba e si trasferisce in Florida, dove la vita è solo apparentemente più semplice. Cuba rimane perlopiù sullo sfondo, ma anche in absentia si sente.

Memorie del sottosviluppo di Tomás Gutiérrez Alea (Cuba, 1968)
Giudicato il miglior film latino-americano di sempre, narra i tormenti di un intellettuale incerto su cosa fare della propria vita: emigrare a Miami o restare per rendere quella cubana una società più giusta? Ferocemente critico nei confronti del governo centrale fece di Alea il più celebre regista cubano e il meno amato dai castristi.
L’era di Fidel Castro si scioglie lentamente, in mezzo a una nuova Cuba ogni volta più, ’raulista’, tra una serie di riforme economiche e la mano ferma del potere sul fronte politico: di sicuro una transizione, la cui portata è però difficile da capire.


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