Five day shelter - Roma 2010 - Concorso
Deludente e pretenzioso è il film d’esordio del regista irlandese Ger Leonard. In concorso qui a Roma, il suo Five Day Shelter disattende o quasi le voci della vigilia che lo volevano come una delle possibili sorprese di questo festival o, addirittura, il frutto dell’ennesimo nuovo talento della cinematografia irlandese (una delle più dinamiche e frizzanti del panorama contemporaneo). E’ amara la nostra considerazione iniziale ma non ci si può esimere dal considerare esagerato un approccio registico a tratti addirittura snobistico, la cui influenza sul film è purtroppo visibile e udibile per gran parte del tempo. E dire che la storia è anche una di quelle accattivanti, di facile presa sul pubblico, soprattutto in un’epoca in cui gli intrecci tra diversi destini attirano come non mai e in cui gli affreschi delle traiettorie umane spopolano nel cosiddetto cinema engagèe. Distesa in cinque giorni, Leonard ci racconta la vicenda umana di diversi personaggi di un sobborgo irlandese in qualche modo uniti tra loro dal dolore, dalla sofferenza e da un disagio interiore che ne segna i rispettivi percorsi. Le storie dei "tipi" coinvolti, quella dell’irascibile Stephen (padre e marito violento nonchè fedifrago infame che rinnega le responsabilità di una paternità raggiunta per sbaglio al di fuori dal matrimonio), di sua moglie Jean (triste e vessata), della vicina di casa Jackie (depressa donna in conflitto continuo con i propri figli) e degli altri, vivono in modo autonomo e si alimentano della loro intima drammaticità salvo sfiorarsi di tanto in tanto nel tentativo di deviare in meglio un percorso altrimenti destinato a cancellarsi costantemente. La parte più riuscita del film di Leonard riguarda senza dubbio la descrizione silenziosa e minimalista dei personaggi distrutti nel loro degrado, degli zombie del nuovo millennio, “brutti, sporchi, cattivi” ma soprattutto reali, fatti di una presenza “normale” che mette più spavento della criminalità o della follia. Il ritratto di questi maledetti personaggi in disarmo e della disperazione che ne attanaglia l’esistenza, poggia le sue basi su una descrizione per immagini sclerotica e urticante, in cui il silenzio gioca il ruolo fondamentale e in cui i piccoli gesti insignificanti si ergono a simboliche istantanee della personalità umana. Quello che non funziona invece nel film dell’esordiente autore irlandese è, come in parte accennato, la protervia del suo approccio, l’esasperazione della sua messa in scena estenuante dietro la quale non si cela mai un concetto diverso da: “questo lo faccio così e così è il modo migliore… anzi l’unico modo possibile”. Quello che nella parte iniziale assomiglia ad uno stile personale affascinante, compassato, visionario e a tratti alienante si trasforma con il passare del tempo in un difetto del film. Questo a causa della ripetitività di certe scelte e della mancanza di una rottura che sia in grado di dare vigore ad una narrazione impantanata. A volte, soprattutto nella seconda parte, Five Day Shelter sembra arrivare a percorrere la via dell’autocitazionismo presuntuoso, di un manierismo forzato da compiersi nell’arco della stessa visione. E’ quasi come se volesse accontentarsi della consapevolezza del proprio regista e proporre al pubblico un catalogo di belle immagini (splendida la fotografia di Tim Fleming) da abbinare al ritratto iperreale di una serie di personaggi (limitata nel film ma probabilmente sconfinata nella realtà) in declino e ad una narrazione che gira su se stessa in maniera singhiozzante, volutamente ridotta ad una essenzialità alla lunga stancante. Come se questa, nell’idea di cinema di Leonard, bastasse, da sola, a rendere completo un film o a donare ad esso la dignità che un’opera d’arte pretende. Gus Van Sant sarebbe un maestro da cui prendere esempio. I suoi di film, pur alienanti, visionari e riflessivi che siano, non cedono mai a quella rappresentazione scenica vuota o fine a se stessa che un film come Five Day Shelter in molti tratti mette in mostra. Rimandato.
(Five day shelter) Regia: Ger Leonard; soggetto e sceneggiatura: Ger Leonard; fotografia: Tim Fleming; montaggio: Frank Reid; musiche: Alex Leonard; scenografia: Annabel Konig; costumi: Lara Campbell; interpreti: John Lynch, Kate Dickie, Ger Ryan, Michael Fitzgerald, Stella McCusker, Marcella Plunkett; produzione: Paradox Pictures, RedRay Films; origine: Irlanda; durata: 83’.