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Flight

Pubblicato il 24 gennaio 2013 da Giuseppe Valentino
VOTO:


Flight

Può un uomo vestire contemporaneamente i panni dell’eroe e del suo esatto contrario? Con Flight, Robert Zemeckis decide di abbandonare le animazioni in motion capture (caratteristiche dei suoi ultimi film), per provare a dare una propria soluzione a questo quesito.

Una serie di improvvisi guasti e calamità naturali trasformano un normale volo di linea in un vero incubo. L’audace e coraggioso comandante Whip Whitaker riesce a evitare la tragedia. Immediatamente acclamato eroe dai superstiti e dalla stampa, l’uomo in realtà potrebbe essere la causa dell’intera sciagura.

Al suo diciottesimo lungometraggio, il regista opta per una confezione assai poco patinata, forse anche per meglio restituire allo spettatore quel senso di marcio, di compromesso che aleggia per tutto il film. Ci riesce perfettamente grazie a Don Burgess, che crea una fotografia dai colori scuri e terrigni. Con i suoi 139 minuti di durata Flight rischiava di risultare un prodotto indigesto, ma non è così. L’ottimo lavoro svolto sui tempi narrativi e sul montaggio lo rendono estremamente dinamico e per tutta la prima mezz’ora, fino al momento dell’incidente, il film mantiene un ritmo costante. L’utilizzo del montaggio alternato mette in parallelo le vicissitudini dello sfortunato volo del comandante Whitaker (Denzel Washinton) e quelle della giovane Nicole (Kelly Reilly) eroinomane che entra in overdose. In una manciata di inquadrature dinamicamente serrate Zemeckis ci racconta tutto delle loro vite, delle loro solitudini. A livello narrativo si punta su un tema sicuro e già trattato innumerevoli volte al cinema: il concetto di maschera. Il problema delle maschere è che a volte chi le indossa si convince che quella sia la sua vera natura. Così accade al povero comandante, che non si accorge fino alla fine della sua fortissima dipendenza da alcool e droga, ma anzi coadiuvato dalle bugie che si racconta e che è spinto a raccontare (dal suo stesso enturage per evitare scandali), riesce pure a crearsi una parvenza di normalità. Il salvatore di quasi un centinaio di vite, osannato dai media, nello svolgersi della narrazione diviene invece la probabile causa della morte di sei di esse. Dimenticate gli eroi del cinema classico, questo film sancisce la morte definitiva dell’eroe. Come potrebbero ancora esistere eroi in un mondo (quello descritto dal regista di Chicago) così lercio, fra individui che venderebbero l’anima a Belzebù solo per aver salva la pelle? Persino il gesto finale di Whip durante il processo, più che un atto eroico, risulta essere la liberazione da un peso. Accettato ed elaborato il problema, al nostro comandante non resta altro che scaricarsi la coscienza. Flight non è un film sul volo, ma piuttosto la fotografia impietosa di un’intera nazione fatta di apparenze, contraddizioni, piccole e grandi meschinità. L’America descritta da Zemeckis è atavica, popolata da uomini sì inesorabilmente corrotti, ma allo stesso tempo vessati da un profondo senso di colpa, dal pensiero costante del castigo divino. L’idea di peccato e la conseguente punizione celeste, pervade ogni personaggio presente nella vicenda. La religione, o meglio lo sfruttamento improprio che di essa si fa, è uno degli elementi più caratteristici dell’intero film (non a caso l’avvocato di Whip riesce a far inserire il soprannaturale, o meglio la volontà di Dio, fra le potenziali cause della sciagura aerea). Flight pur nascendo come prodotto di massa riesce piacevolmente a stupire con le sue trovate inusuali e a tratti provocatorie. Basterebbe citare ad esempio l’apertura del film con quel primissimo piano sul seno nudo della donna. Ciò che colpisce però è l’ironico sarcasmo con cui vengono mostrati i vizi dei personaggi, perfetta ad esempio la sequenza in cui a poche ore dall’udienza che deciderà le sorti del comandante incriminato per abuso di alcool e stupefacenti, l’avvocato è costretto a somministrargli una "cura" a base di cocaina per portarlo alla lucidità. Tutto fila liscio, poi però arriva il finale con la sua inutile iniezione di buoni propositi e buoni sentimenti, dove in un colpo solo l’uomo disintossicato e riconciliato con la vita, ha finalmente sconfitto i propri demoni e riconquistato l’affetto e l’amore del figlio, della donna e forse pure dello spettatore. Che peccato!


CAST & CREDITS

(Flight); Regia: Robert Zemeckis; sceneggiatura: John Gatins; fotografia: Don Burgess; montaggio: Jeremiah O’Driscoll; musica: Alan Silvestri; interpreti: Denzel Washington, Don Cheadle, Kelly Reilly, John Goodman, Bruce Greenwood, Melissa Leo; produzione: Paramount Pictures, Imagemovers/Parkes + MacDonald; distribuzione: Universal Pictures; origine: USA 2012; durata: 139’; webinfo: Sito italiano


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