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Frank Sinatra: il Mangiaspaghetti epitome del Novecento

Pubblicato il 12 febbraio 2016 da Giammario Di Risio


Frank Sinatra: il Mangiaspaghetti epitome del Novecento

È una giornata fredda; è il 12 dicembre 1915 e a Hoboken, nel New Jersey, nasce Francis Albert. Il piccolo per venire al mondo deve lottare, e il medico che assiste la povera Dolly deve utilizzare il forcipe per estrarlo. Ciò causerà al piccolo Francis un danno permanente al timpano e una cicatrice tra guancia e collo che lo accompagnerà per tutta l’esistenza. Quella cicatrice e altri “doni”, dagli occhi azzurro mare alla voce raffinata, dal portamento elegante alla fermezza caratteriale, dall’arroganza al fascino irresistibile, saranno l’impressionante vocabolario dell’epopea esistenziale di uno dei maggiori entertainer del Novecento: Frank Sinatra.

A Hoboken all’inizio del Novecento gli italoamericani non se la passano molto bene, e il Nostro è originario di Lercara, un piccolo paesino in provincia di Palermo. Il padre è siculo mentre la madre è ligure; il primo viene da una famiglia di umili origini, la seconda da una famiglia benestante; il primo è timido e silenzioso, la seconda è un vulcano e una donna che presto si farà conoscere nel quartiere per tempra e furberìa. Questo dialettica del doppio, questo continuo oscillare tra un polo e un altro saranno le chiavi di lettura di gran parte della vita e della carriera di Sinatra: un uomo che conquisterà le vette dello show business e nello stesso tempo cadrà nel vortice della depressione, oscillando tra la forza di essere riconosciuto come un outsider simbolo del Sogno Americano e la costante paranoia di essere etichettato come un mangiaspaghetti coperto e coccolato dalla Mafia e dai poteri deviati.

Sicuramente nei suoi primi anni di vita non deve essere stato semplice per Francis trovare le misure nella “nebbia” di Hoboken, di fatto città ghetto in cui il trittico razziale presenta uno schema preciso: comandano gli irlandesi, poi ci sono gli ebrei e infine gli italiani. Il ragazzo inoltre è figlio unico, caso eccezionale nel ginepraio italoamericano caratterizzato da famiglie iper numerose, e deve passare molto tempo in solitudine visto che mamma e papà vanno a lavorare. Lo stare da solo, avere il controllo del proprio spazio, riuscire a farsi rispettare in strada e rispondere a continue vessazioni di stampo razziale, creeranno nel ragazzo una forza di volontà unica e una capacità di fiutare, modellare il contesto sempre a proprio vantaggio. Sinatra sarà sempre altro rispetto a chi affiancherà il suo percorso artistico ed esistenziale, riuscirà a portarsi dentro sempre gli anni di Hoboken, che faranno continuamente capolino nel suo percorso calcificando un’identità di matrice italiana presente e mai tradita. Come i ragazzini di C’era una volta in America, Sinatra capisce subito le leggi della strada.

Grazie alla sua splendida voce e alle importanti amicizie di Dolly, Francis inizia a cantare nei primi locali e a farsi conoscere. Siamo nel 1939 e il talentuoso artista sposa Nancy Barbato, anche lei italoamericana, che sarà la madre dei suoi figli e lo ricoprirà di affetto, anche quando Sinatra si legherà ad altre, innumerevoli donne tenendo fede al mito, inaugurato da Rodolfo Valentino, dell’uomo latino irresistibile. Siamo nel periodo delle ballads, e la voce dell’ormai Frank si presta benissimo al ritmo sincopato e di matrice jazzistica che spadroneggia in quegli anni. I legami con l’orchestra di Tommy Dorsey, suo padre putativo, e Sy Oliver, arricchiscono il talento musicale di Sinatra, che inizia a comprendere come giocare con le note, modellarle e imporsi su di esse con carisma, stile e performance. Da qui supera, per popolarità e talento, un altro mostro sacro della musica americana, Bin Crosby, che diventa lo specchio deformante di tutte le caratteristiche peculiari di Sinatra. Crosby infatti è irlandese, repubblicano, mentre Sinatra è un fervente democratico, e ha una vita privata discreta e che schematizzata sul tipico modello reazionario americano di contro ad un Sinatra che fa emergere continuamente la sua vita sregolata, fatta di talento e perdizione, in cui i fiumi carsici tipici dell’uomo mediterraneo fondono privato e pubblico, maschera e verità, ascesa e discesa. Con Saturday Night e I Dream of you, Sinatra conquista l’America con perfezione stilistica e aggancio al reale, in un momento di grande ottimismo dopo la vittoria della Seconda guerra mondiale. Grazie allo swing Sinatra diventa il re della canzone popolare e nelle sue opere musicali si ritrova continuamente un aggancio alla sua vita, alla sua linea autobiografica carica di situazioni. In lui ci sono elementi sofisticati, c’è l’immaginario di New York, c’è la salvaguardia di tutta una tradizione musicale minacciata dall’avanzata del rock, c’è di fatto un mondo culturale che nel corso dei decenni, grazie ai successi musicali e cinematografici del Nostro, viene simboleggiato da Sinatra stesso, vera e propria epitome fisica del Novecento. Tante le collaborazioni con i maggiori musicisti, dai già citati Dorsey e Oly, a Irving Berlin e Nat “King” Cole, da Nelson Riddle ad Axel Stordahl , da George Gershwin a Duke Ellington. Da qui canzoni senza tempo come All Or Nothing At All, Should I, You Do Something To Me, Close To You, Come Fly With Me, Angel Eyes, One For My Baby.

Ci sono poi altre istantanee che ci fanno comprendere la forza e il peso specifico del personaggio: l’amore per le donne, il cinema e la politica. Nel primo nucleo citiamo la donna che lo ha portato a raggiungere vette di sentimento inarrivabili conducendolo anche a periodi di forte crisi piscologica: Ava Gardner. Sinatra si innamora di una delle star più luminose della Hollywood anni Cinquanta; decide di divorziare da Nancy e sposa Ava nel 1951. Lei bella, alta, dagli occhi grandi e dallo sguardo felino, è forse la donna più desiderata del mondo mentre lui è il cantante di maggior successo e sta avendo fortuna anche come attore. A Sinatra Hollywood non piace, nel corso dei decenni sarà un ottimo interprete riuscendo anche a vincere un Oscar come attore non protagonista per il film Da qui all’eternità, ma percepirà sempre un ambiente ostile. Le sue origini "esotiche" lo condurranno ad avere dei ruoli da bad boy, di fatto da outsider in una macchina industriale che mal si presta alla sua anarchia geniale. Grande professionista e amante del cameratismo, si trova meglio a cenare con il suo clan di amici, tutti rigorosamente italoamericani, piuttosto che presenziare a qualche cena tra produttori e avvenenti attrici. Il matrimonio con Ava vive di elettrocardiogrammi continui e non può essere altrimenti vista l’esposizione mediatica dei due: da un lato l’attrice più amata e dall’altro lato il cantante più amato. Le litigate di gelosia e le repentine riappacificazioni fanno da sfondo ad un amore impossibile che si consuma nel giro di pochi anni fino all’ultimo capitolo: il divorzio del 1956. Gli anni Sessanta poi saranno caratterizzati dall’incessante attività artistica associata all’attivismo politico, e qui emerge la figura di John Kennedy, che sfrutterà Sinatra e la sua popolarità per i suoi cinici scopi politici salvo poi “abbandonarlo”. Qui si apre la finestra più torbida di Sinatra, che fa riferimento ai suoi continui rapporti con la mafia italoamericana, guidata dai boss Salvatore “Sam” Giancana e Lucky Luciano, che avrebbe sfruttato per condurre Kennedy alla vittoria nella campagna elettorale per le presidenziali del 1961. Anche in questo caso Sinatra, nonostante le ambiguità e alcune cadute di stile, riuscirà a riprendere quota e mettere a tacere i suoi nemici. Tuttavia non si può non riscontrare nella sua vita una linea fattiva: un continuo interagire con i lati oscuri del potere, sia sul versante istituzionale che su quello deviato.

Gli anni passano ma lui resta ancora un punto fermo della cultura americana, e lo dimostra il progetto del Rat Pack, in cui insieme agli amici e colleghi Dean Martin, Sammy Davis Jr., Joey Bishop e Peter Lawford mette sotto scacco Las Vegas per anni con spettacoli e una vita notturna senza pause fatta di drink, donne e gioco d’azzardo. Egli, come era già accaduto negli anni Quaranta e Cinquanta, impone dei modelli di vita, crea e plasma con la sua voce e le sue performance tutto un immaginario che dall’America parte e arriva anche in Europa. È sempre molto attento nelle sue scelte imprenditoriali e conosce perfettamente i meccanismi dello show business tanto da creare una sua casa di produzione musicale e seguire tutti le fasi della realizzazione di un album. Per comprendere bene la forza del personaggio, basta osservare le immagini dei vari album in cui, a seconda del tema e del periodo storico, Sinatra, con il suo volto e la sua maschera, suggerisce continui significanti, imponendo mode e simbologie. La cultura visuale diventa parente della cultura musicale in un continuo gioco performativo che lo porta ad avere successo anche negli anni Settanta e Ottanta, in cui si lega (forse per ripicca ai Kennedy e ai democratici in generale) alla politica di Ronald Reagan.

Sono queste le contraddizioni di un personaggio che ha sempre messo al primo posto i suoi scopi, che ha sempre fiutato l’affare mantenendo i punti fermi, dalla famiglia agli amici passando per la musica, per controllare il contesto. In questo Sinatra risulta essere una figura rivoluzionaria, capace di non “vendere” la sua arte al miglior offerente, viceversa creare uno stile per mantenerlo saldo nel corso del tempo. In questo c’è del reazionario, ma un reazionario fluido che si muove con lo scorrere del tempo risultando innovativo, cangiante, classico. E il classico di Sinatra accompagna tutto il Novecento, la sua voce riporta ad atmosfere magiche, la sua camminata unita al gesto e all’eleganza unisce Vecchio e Nuovo Mondo, i suoi amici ci riportano al cinema di Scorsese, il suo cappello ci parla di Don Draper, le sue tante amanti raccontano del fascino latino, la sua vita intera è metafora dei sobbalzi dell’anima. Un personaggio unico, forse l’epitome del Novecento più fulgida e forte.


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