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Giovani si diventa

Pubblicato il 9 luglio 2015 da Lorenzo Vincenti
VOTO:


Giovani si diventa

Mariti e mogli, fratelli e sorelle, genitori e figli. Giovani innocenti e sognatori che, nel tentativo di conquistarsi un proprio ruolo nel mondo si scontrano con quelle generazioni passate il cui mondo, molto spesso, ha cessato di muoversi. E poi ancora incomunicabilità, emotività, incompatibilità con l’altro e con l’ambiente. Un insieme di dissociazioni, distorsioni e fratture che dalla base cresce per animare l’intero universo cinematografico di Noah Baumbach, ex enfant prodige della new wave newyorkese, divenuto ormai, dopo più di venti anni di carriera e un percorso artistico molto ben definito, un sapiente e illuminato narratore delle criticità transgenerazionali.

Coerente con il percorso sin qui compiuto, anche la sua ultima fatica cinematografica, Giovani si diventa, si pone su quella stessa scia, alternando, come vuole la sua arte, l’esplorazione sociologica e l’introspezione intimistica. Questa volta i suoi protagonisti sono una coppia di artisti quarantenni, assuefatti alle delusioni della vita e incapaci di progredire sia nel rapporto di coppia che nei rapporti sociali. Senza figli al seguito (ma con tutti gli amici che ne hanno), con un destino professionale privo di aspettative e uno stile di vita schiavo dell’alienazione tecnologica, Josh e Cornelia sembrano ormai destinati a “fermarsi” di fronte agli stimoli dell’esistenza. Solo quando incontrano una coppia di fidanzati ventenni, dallo spirito rivoluzionario e nostalgico, uno spiraglio di luce torna ad aprirsi all’orizzonte della loro scialba esistenza. Jamie e Darby, con il loro anticonformismo, con la loro passione per il vintage e l’effervescenza giovanile, rappresenteranno l’ultima occasione di riscatto per i due quarantenni malandati i quali, quasi senza volerlo, si ritroveranno a riscoprire sensazioni ormai perdute e a rinnegare condizioni esistenziali limitanti in nome di una nuova elettrizzante amicizia.

Opera concettualmente interessante e delicata nell’approccio all’eredità generazionale, Giovani si diventa, rappresenta l’ennesimo capitolo del rapporto complicato tra passato e futuro. In punta di fioretto Baumbach si getta nel suo mondo costruendo un’opera che racchiude, nell’arco di un’ora e quaranta, ogni tipica ossessione del regista di Brooklyn. Se da una parte questo conferma, come accennato, la sua coerenza poetica dall’altro provoca nello spettatore i sintomi di un sovradosaggio tematico poco caratterizzante. Differentemente dalle opere precedenti Baumbach rimane in superficie per gran parte del tempo, lasciando soltanto annusare (forse in favore di una maggiore fruibilità spettatoriale) gli effetti della sua proverbiale vena “malincomica”. La superficialità si nota non solo nell’autocitazionismo del suo approccio, dato che la storia sembra prendere qualcosa da ogni film precedente, ma anche nella mancanza di definizione dei propri personaggi, ben lontani ad esempio dalla potenza emotiva della famiglia de Il calamaro e la balena, dal personaggio di Greenberg o da quello di Frances Ha. Sintesi assolute, queste, di una disillusione che esplode sullo schermo per farsi narrazione. Qui la narrazione è dettata più dall’ansia diretta del suo autore, volenteroso di arrivare al risultato attraverso un percorso meno tortuoso ma più efficace agli occhi dello spettatore medio. La complessità del salto generazionale, affrontata sino ad oggi da Baumbach con una sintesi poetica degna di Truffaut e con un garbo visivo inconfondibile, rimane qui legata ad una serie di luoghi comuni che poco si addicono alla potenzialità allusiva dello sguardo del regista mentre lo script, comunque ben costruito nel suo complesso, concede molto spazio alla sophisticated comedy anni 80 senza mai raggiungere però le vette umoristiche degli Allen, dei Brooks o dei Nichols.

Un passo indietro insomma per l’ottimo cineasta di Brooklyn, o forse sarebbe il caso di dire un mancato passo in avanti per un percorso artistico che ci ha abituato sempre a rinnovare il proprio punto di vista pur mantenendosi all’interno dello stesso campo visivo. La prospettiva, pur nella sua logicità e coerenza, rimane in questa occasione la stessa per tutto il film, appiattita sulla formula attraente ma semplicistica del “vecchio decrepito+giovane rivoluzionario=risveglio dell’esistenza”. Essa non riceve mai quella rottura autorevole ed efficace che Baumbach ci ha abituato ad imprimere sulle proprie opere.


CAST & CREDITS

(While We’re Young) Regia: Noah Baumbach; sceneggiatura: Noah Baumbach; fotografia: Sam Levy; montaggio: Jennifer Lame; musiche: James Murphy; scenografia: Adam Stockhausen; costumi: Ann Roth; interpreti: Ben Stiller, Naomi Watts, Adam Driver, Amanda Seyfried, Charles Grodin, Adam Horovitz; produzione: Scott Rudin Production; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA; durata: 97’


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