GLI SCALDAPANCHINA

Chi cammina solo può partire oggi, ma chi viaggia in compagnia deve attendere finchè l’altro non è pronto[Henry David Thoreau]
La stagione estiva delle commedie americane è cominciata e si colora di un nuovo, semi-demenziale neonato cinematografico. L’infinita saga dei nerds uniti contro il nemico comune machista vede sbocciare sugli schermi un nuovo capitolo che non si alza sopra il livello dei suoi famigerati antesignani, a partire da quel La rivincita dei nerds, datato 1984, che a suo modo ha aperto un sotto-genere della teenage comedy, prendendo lontanamente spunto da alcuni dei personaggi che hanno animato le gesta nella Animal house della premiata coppia Landis-Belushi. Le avventure di un nugolo di eterni sfigati destinati alla perenne panchina a bordo campo, che lottano quotidianamente per non soccombere a coetanei ultravitaminizzati e prepotenti. Personaggi borderline che ciondolano pigri e senza prospettive, che si ritrovano vergini ai trent’anni e riversano frustrazioni sessuali e relazionali in un mondo fantasioso che cerca di ricostruire un’infanzia negata dai bulli della scuola e dagli insuccessi nello sport. Chi riempie la ricca casa di cimeli e memorabilia della saga di Guerre Stellari e viaggia in una Batmobile o sulla ultratecnologica Kitt di Supercar, chi si è costruito nello scantinato un castello di cartapesta con tanto di ponte elevatoio, chi sogna a occhi aperti la cameriera di insalate di Pizza Hut: a ogni sfigato la sua croce. L’ennesima rivincita avverrà grazie al facoltoso ex-nerd adulto, che per evitare la stessa serie di umiliazioni al figlio cicciotto, costituirà una scalcagnata squadra di baseball composta da tre ultratrentenni, nerd fino all’osso e senza alcuna esperienza nello sport della polvere e degli sputi. Un intero stadio regolamentare come posta in palio, avversari da battere: le squadre di ragazzini wasp belli e acclamati, allenati da adulti torturatori di nerd.
Un film che non si vergogna del suo basso livello cinematografico, indirizzato a chi ama un genere ultra-premiato dagli incassi dell’home video, ma che risulta di visione piuttosto sconcertante, con scene che non lesinano vomito ed escrementi vari, dialoghi omofobi e razzisti, con il timbro di qualità di Adam Sandler, attore in Big Daddy e The Waterboy, qui in qualità di produttore/supervisore. Oltre a una spumeggiante colonna sonora che unisce Talking Heads, Geldof e Dire Straits, su tutto svettano le scene sportive delle partite di baseball, che ironizzano sullo sport più praticato in Usa e contengono spunti comici interessanti, troppo spesso elusi da cadute volgari insensate. Sprazzi di risate nelle scene che giocano sull’assurdo, a partire dalla costruzione dello stadio a tempo di record, con l’uso velocizzato della pellicola, o gli incidenti che costellano le partite di baseball.
Gli attori, a parte Jon Eder (già in Napoleon Dynamite), che recita con un perenne elmetto giallo in testa, si destreggiano con poca simpatia attraverso situazioni e dialoghi escatologici, che cercano affannosamente il politically scorrect, a volte dando l’impressione di esasperare questo aspetto per risultare più divertenti, per scatenare la risata “di pancia”, trainata da dialoghi a doppio senso, di grana grossa e spesso dejà vù. Niente di nuovo sul fronte occidentale.
[6 luglio 2006]
(The Benchwarmers) Regia Dennis Dugan; Sceneggiatura Allen Covert, Nick Swardson; Fotografia Thomas Ackerman; Montaggio Peck Prior, Sandy Solowitz; Musiche originali Waddy Wachtel; Scenografia Perry Andelin Blake; Interpreti Rob Schneider (Gus), David Spade (Richie), Jon Eder (Clark), Jon Lovitz (Mel), Craig Kilborn (Jerry), Molly Sims (Liz), Tim Meadows (Wayne), Nick Swardson (Wayne), Reggie Jackson (sé stesso); Produzione Adam Sandler, Jack Giarraputo per la Revolution Studios, Columbia Pictures, Sony; Distribuzione Sony; Origine Usa, 2006; Durata 85 min; Web info Sito italiano Sony
