Hardcore!

Il cinema, come il peccato, è nell’occhio di chi guarda. La "soggettiva", ovvero quando l’obbiettivo della macchina da presa coincide con lo sguardo del protagonista di una sequenza dando al pubblico l’illusione di condividere il suo campo visivo, è fino ad oggi il massimo grado di coinvolgimento che il cinema abbia potuto inventare per "tirar dentro" negli avvenimenti illustrati sullo schermo anche lo spettatore più refrattario e distratto. Il P.O.V. (abbreviazione di Point Of View, punto di vista) è addirittura un sottogenere specifico del porno, in cui a filmare è direttamente colui (o colei) che sta ricevendo le dolci attenzioni del partner, con l’effetto sperato di solleticare senza ulteriori filtri la libido del voyeur. Sul fondere in un unico punto di vista lo sguardo dello spettatore anche casuale di un film o quello di un cinefilo talmente accanito da rasentare la morbosità del pornòmane, il cinema, non soltanto quello erotico o pornografico, ci campa e gioca ormai da più di un secolo. Ma lo "sguardo" del cinema è sempre e comunque lo sguardo del regista, unico vero signore e padrone dell’inquadratura e responsabile di quanto in essa contenuto: anche quando è lui a decidere di optare per una soggettiva, mai e in nessun caso verranno meno le caratteristiche peculiari del "suo" cinema, e la riconoscibilità, almeno da parte degli spettatori più attenti e informati, del suo sguardo. Ma a partire dagli anni ’80, da quando cioè ha dovuto fare i conti con una crisi planetaria che gli sottraeva spettatori in favore degli apparecchi televisivi domestici, il cinema è stato costretto a corteggiare, nel tentativo di recuperare almeno larghe fette di spettatori adolescenti, un altro fenomeno audiovisivo, da alcuni considerato suo lontano cugino: i videogiochi. Oggi, doppiata la metà degli anni ’10 di questo secolo, vale a dire almeno una generazione più tardi, il cinema dei grandi incassi ha assottigliato le distanze, e convive serenamente nell’immaginario del proprio principale pubblico di riferimento, cioè dagli adolescenti agli under 30, con il mondo della videoludica, assimilandone modalità estetiche ed espressive in mutua e fertile corrispondenza. Il rischio è che, magari limitando il discorso alle giovani generazioni, due galassie così distanti vengano confuse e sovrapposte, provocando giudizi affrettati ed equivoci sommari come quello di equipararle sul piano artistico e concettuale. Legittimo resta comunque da parte di entrambe il desiderio di imitarsi, inseguirsi, e ispirarsi l’un l’altra. Mai però era accaduto che un intero film di 95 minuti destinato al mercato internazionale venisse girato, come in quel sottogenere Porno, adottando la tecnica del P.O.V. per tutta la sua durata, a imitazione di quei videogiochi da giocare "in prima persona", per dare al giocatore la percezione immersiva di essere virtualmente protagonista oculare e fisico di scontri, combattimenti, e quant’altro previsto per ostacolare la sua sopravvivenza. Eccolo arrivare finalmente sugli schermi, attesissimo dai "giovani", e spacciato appunto come uno di quei film "generazionali" che cambieranno tutto per sempre, Hardcore! (ma qui il porno non c’entra), diretto da Ilya Naishuller, filmmaker russo membro di una band punk moscovita, i Bad Motherf*cker, per la quale aveva realizzato un videoclip che ha spopolato in rete (120 milioni di visualizzazioni), e attirato l’attenzione di un regista e produttore russo specialista di horror attivo negli USA, Timur Bekmambetov (quello di Unfriended) che ha incoraggiato Ilya a pensare seriamente a un lungometraggio. Oggettivamente, magari non per tutti i 95 minuti, ma per almeno un’ora si rimane incollati allo schermo, proiettati per aria, sbattuti a terra, trascinati in caduta libera, picchiati, sparati, smembrati, sbullonati, in un "presto con fuoco" ciaikovskijano piuttosto fantasioso e ben orchestrato, saltando di situazioni in situazioni concepite, nonostante la violenza e la tostaggine, con un’ironia che aleggia lieve fino a scivolare saltuariamente in un imbarazzo da serie B (il protagonista è un cyborg non ancora del tutto ultimato; la sua spalla gli rivolge una domanda e accorgendosi che gli manca l’uso della parola, esclama: "Guarda un po’ se dovevo capitare con Charlie Chaplin..."). Per un’ora. Poi, ma parlo per me, estraneo ai piaceri della videoludica, è subentrata l’assuefazione, e mai, neppure per un istante, è avvenuto il miracolo sperato dal regista di farmi "essere" Henry, il cyborg preso di mira dal folle Akan e dai suoi sgherri mercenari. Forse il giochino convincerà la generazione per cui Hardcore! è indubbiamente pensato e realizzato, smaniosa di giocare al cinema "in prima persona". Per quanto mi riguarda, a me interessa il Cinema, "quello con la maiuscola", e come esperimento non ho dubbi: ai 95 minuti in prima persona del Cyborg moscovita preferisco di gran lunga i 90 dell’unico piano sequenza di Arca Russa...
(Hardcore Henry); Regia: Ilya Naishuller; sceneggiatura: Ilya Naishuller; fotografia: Seva Kaptur, Fedor Lyass, Pasha Kapinos; montaggio: Steven Mirkovich, Vlad Kaptur; musica: Dasha Charusha; interpreti: Sharlto Copley, Danila Kozlovsky, Haley Bennett, Andrey Dementyev, Dasha Charusha, Sveta Ustinova, Tim Roth; produzione: Bazelevs, Versus Pictures Production; distribuzione: Leone Film Group, Key Films; origine: Russia, Stati Uniti d’America 2015; durata: (esempio) 95’
