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Hates - House at the end of the street

Pubblicato il 19 giugno 2013 da Alessandro Boni
VOTO:


Hates - House at the end of the street

Una casa spettrale quasi in rovina, nuovi inquilini che si insediano nell’edificio attiguo e che conoscono solo vagamente i terribili eventi accaduti da quelle parti, un giovane introverso ma affascinante nonché depositario di un terrificante segreto; in Hates – House at the end of the street compaiono questi e tanti altri tra i più comuni stereotipi del classico thriller con venature horror. Il problema principale, in questi casi, è quello di inserire qualche elemento di originalità e di lavorare attentamente sulle atmosfere e sui meccanismi di creazione della suspense, al fine di evitare allo spettatore una sgradevole sensazione di “già visto”. Il regista Mark Tonderai – al suo secondo lungometraggio, dopo il poco conosciuto Hush del 2008 – affronta con determinazione l’ambiziosa sfida ma non riesce a districarsi tra le secche della prevedibilità, giungendo a confezionare un prodotto elegante ma carente nell’aspetto-chiave del cinema di genere: la capacità di creare quel perdurante grado di tensione che alimenti il coinvolgimento emotivo del pubblico.

Fresca di divorzio, Sarah (Elisabeth Shue) decide di abbandonare Chicago e, insieme a sua figlia Elissa (Jennifer Lawrence), si trasferisce nella casa dei suoi sogni in una piccola città rurale a dimensione d’uomo. Nell’abitazione attigua vive da solo il misterioso Ryan (Max Thieriot), i cui genitori sono stati uccisi, in quella stessa casa, dalla sorella Carrie Anne, poi scomparsa senza lasciare tracce e presumibilmente morta. Elissa viene attratta dal fascino intrigante del ragazzo e, nonostante l’opposizione di sua madre Sarah, intesse con lui una complicata relazione. Basta poco tempo però per far emergere in lei perplessità e sospetti; Ryan infatti si comporta in modo strano e sembra nascondere un orribile segreto proprio all’interno della sua abitazione …

Si rilevano, in Hates – House at the end of the street, ripetuti rimandi a stili e tecniche dei classici della cinematografia thriller-horror, a cominciare dalla fotografia cupa e sgranata che riporta molto indietro nel tempo; Tonderai, poi, non lesina ripetute “citazioni” dei maestri del genere – da Hitchcock a De Palma, da Mario Bava a Dario Argento – che possono essere colte in alcune inquadrature molto ricercate, in certi giochi di luce ed ombra e nella ricerca dell’effetto-shock nelle fasi più tese della storia. Il problema è che, ovviamente, la buona qualità tecnica non basta da sola a sostenere una valida messinscena se non è supportata, quantomeno, dai giusti ritmi narrativi e da una sceneggiatura con qualche spunto di originalità; ciò non si riscontra del film di Tonderai ed il risultato è un prodotto un po’ opaco, senza troppa anima e senza una precisa identità.
In assenza di una particolare attenzione dello script alla caratterizzazione dei personaggi, lo sforzo richiesto agli attori è di ordinaria amministrazione; in particolare, Jennifer Lawrence deve far ricorso solo in minima parte a quel talento che invece avrebbe sfruttato appieno, solo pochi mesi dopo, per girare Il lato positivo e per vincere successivamente un meritato Oscar. E’ tuttavia probabile che la sola presenza della Lawrence abbia determinato il buon risultato al botteghino di Hates – House at the end of the street; costato 10 miloni di dollari, il film ha infatti incassato finora nel mondo quasi 40 milioni. Miracoli dello star-system, nel cui ambito la qualità cinematografica è soltanto un optional.


CAST & CREDITS

(House at the End of the Street) Regia: Mark Tonderai; sceneggiatura: David Loucka, Jonathan Mostow; fotografia: Miroslaw Baszak; montaggio: Steven Mirkovich, Karen Porter; musica: Theo Green; scenografia: Lisa Soper; interpreti: Jennifer Lawrence, Max Thieriot, Elisabeth Shue; produzione: Relativity Media, FilmNation Entertainment, A Bigger Boat; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Usa, Canada, 2013; durata: 101’.


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