X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



I colori della passione

Pubblicato il 30 marzo 2012 da Enrica Orlando
VOTO:


I colori della passione

Il miglior modo per vedere una cosa è nasconderla, ornarla di mille particolari che, nel vortice centrifugo del tutto, spazzino via il superfluo per lasciare l’essenza di quella cosa, il significato più semplice e vero. Un insegnamento antico che non ha mai smesso di essere valido. _ Lo sa bene Lech Majewski che, studiando l’arte, e nel particolare il quadro di Bruegel Il calvario di Cristo, ne ha colto questo principio per costruirci intorno un film, anzi, un’ opera d’arte: I colori della passione. _ Il film ricostruisce, appunto, il quadro di Bruegel attraverso gli occhi e la mente del pittore stesso che studia ciò che vede, sente ciò che le emozioni trasmettono e riporta tutto su tela, in una grande composizione che riproduce il percorso storico della repressione spagnola nelle Fiandre e, parallelamente, la vita privata dei personaggi: due giovani amanti, l’eretica, il giullare, la famiglia del pittore stesso. Tutti diversi e tutti ugualmente afflitti dal dolore della sofferenza e dall’umiliazione di essere impotenti di fronte alla brutalità umana, rappresentata dall’esercito spagnolo. Su tutti, regna la famiglia del mugnaio, arroccata su un promontorio dove è intenta a far girare un mulino, un ingranaggio inarrestabile sospinto dalla forza del vento, simbolo del potere divino che muove le ruote della vita, ciclicità di eventi, di orrori, di amore e di sacrificio: la simbologia del sacro attraverso al semplicità del profano, del riconoscibile. _ Attraverso mezzi all’avanguardia, alternando il blue screen, le riprese classiche e un fondale in 2D del quadro, Majewski non ha solo ricostruito le storie rappresentate nel quadro; ha colto l’atmosfera che pervade il dipinto, il silenzio che ispessissce alcuni contorni e la luce che ne esalta altri. I colori sembrano avere la pasta di quelli usati per far un quadro, il peso specifico della luce che riflettono e del significato che esprimono. I dialoghi sono rari eppure si percepiscono i pensieri di ogni personaggio. Il pittore, e quindi il regista, si ispirano alla geometria di una ragnatela per conferire all’opera una struttura composta da strati umani, incollati tra loro dalla forza dei sentimenti e dalla ineluttabilità degli eventi, uniti in una sinfonia che riconduce ad un unico centro: il sacrificio di Cristo, morto per amore, pronto al perdono dopo la sofferenza. E’ al centro che Bruegel e Majewski nascondono il Cristo, caduto sotto la croce lungo il percorso che lo condurrà a morire crocefisso. Un Cristo dal volto nascosto tra capelli e spine, come se di fronte all’ingiustizia non si possa avere identità se non attraverso la dignità, la dignità di un silenzio composto che è quello che Majewski usa per raccontare il dolore di Cristo, incompreso, frustrato, rinnegato. _ Il sacrificio di Cristo, e il concetto di amore che rappresenta, sono collocati al centro del quadro e all’origine di tutte le sue simbologie ma sono nascosti, confusi tra gli altri eventi. Se si vuole guardarli si deve volerlo. _ Di fronte all’eleganza di un film come questo, accurato in ogni dettaglio, magnetico in ogni inquadratura, ci si chiede come mai l’Italia, il paese dell’arte, l’abbia acquistato per ultimo, in poche copie. Forse perché le cose belle sono nascoste e meritano di essere viste da chi vuole davvero vederle e, quindi, le va a cercare. Ma forse il validissimo caso di Majewski poteva essere illuminato di più.


CAST & CREDITS

(I colori della passione ); Regia: Lech Majewski; sceneggiatura: Lech Majewski, Michael Francis Gibson; fotografia: Lech Majewski, Adam Sikora; montaggio: Eliot Ems, Norbert Rudzik; musica: Lech majewski, Jòzef Skrzek; interpreti: Rutger Hauer, Charlotte Rampling, Michael York; produzione: Malgorzata Domin, Piotr Ledwig; distribuzione: CG; origine: Polonia, Svezia 2011; durata: 97’


Enregistrer au format PDF