X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



I gatti persiani

Pubblicato il 15 aprile 2010 da Antonio Valerio Spera


I gatti persiani

Recentemente uscita di prigione, una coppia di giovani musicisti iraniani, Negar e Ashkan, decide di formare una band. Insieme ad un buffo e losco finto discografico, capace anche di rimediargli passaporti e visti falsi, i due giovani girano per Teheran alla ricerca degli altri componenti del nascente gruppo. Dato che le autorità iraniane gli proibiscono di suonare nel paese, la coppia pianifica una fuga dalla loro esistenza artistica clandestina e sognano di emigrare in Europa per cercare fortuna con la loro musica.

I gatti persiani – titolo originale Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh – è un film che ritrae il panorama della contemporanea scena musicale underground dell’Iran. Sarebbe riduttivo definire l’opera un docu-fiction: infatti sebbene possa, per le sue caratteristiche estetiche e narrative, rientrare in questa categoria, la sesta fatica dietro la macchina da presa del regista iraniano Bahman Ghobadi è impossibile da “catalogare” perché porta i sé anche molti elementi di un teen-drama e di una commedia musicale, nella quale gli inserti simil-videoclip cadenzano la narrazione. Girato in un digitale non sempre perfetto nella resa dei colori, il film mostra la difficile realtà del paese mediorientale, governata da assurde restrizioni e leggi severe.
Seguendo i personaggi nel loro vagare per la capitale iraniana, l’obiettivo riporta sullo schermo l’atmosfera unica di Teheran, specchio di una società ferma nelle sue tradizioni ed immobilizzata dal regime politico. Nonostante il clima descritto non possa suscitare commenti positivi ed entusiastici, l’opera di Bahman Ghobadi rappresenta con ironia la drammatica situazione in cui si trovano Negar e Ashkan. Il film infatti diverte, fa ridere e solo nel finale lascia totalmente spazio alla tragedia. Dall’opera traspaiono amarezza e tristezza, ma soprattutto rassegnazione. La speranza, infatti, nonostante muova il coraggio dei protagonisti, è la prima a morire. Non c’è modo per fuggire da un’esistenza gestita da altri: solo la morte rende giustizia al desiderio di libertà.
Ciò che sorprende del film di Ghobadi è il modo in cui lo stesso regista gestisce la narrazione: non si percepisce infatti dove finisce la finzione e dove inizia la realtà, e gli inserti musicali – veri e propri videoclip – aprono e/o chiudono le diverse parti dell’opera. In questa forma fortemente originale, si avverte però un’eccessiva costrizione all’interno di una struttura narrativa che si ripete inesorabile per tutta la durata. Il film risente di questa reiterazione e, pur alla lunga, stanca.
Presentato al Festival di Cannes 2009 nella sezione Un Certain Regard, I gatti persiani esce finalmente nelle sale italiani, e ne siamo contenti, perché nonostante presenti tanti difetti è comunque un’opera che mostra l’impegno e l’autoironia con il quale il cinema iraniano sa descrivere il proprio paese.


CAST & CREDITS

(Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh); Regia: Bahman Ghobadi; sceneggiatura: Bahman Ghobadi, Hossein M. Abkenar; montaggio: Hayedeh Safiyari; fotografia: Turaj Aslani; interpreti: Negar Shaghaghi, Ashkan Koshanejad, Hamed Behad; produzione: MIJ-FILM; distribuzione: Wild Bunch; origine: Iran, 2009; durata: 101’.


Enregistrer au format PDF