Il destino nel nome

Aveva sempre sentito suo padre senza ascoltarlo. Ma dopo la sua morte, lo ascoltava disperatamente senza poterlo sentire. [Marthe Keller in Tutta una vita, Claude Lelouch, 1974]
Mira Nair ha consegnato il suo compitino. La regista indiana da sempre cittadina del mondo e di Manhattan, porta sul grande schermo una storia corale, il ritratto di una famiglia indiana trapiantata e cresciuta tra hot dogs e patatine della Grande Mela. In scena, l’epopea della vita di un uomo, che, uscito illeso da un incidente ferroviario, illuminato sulla via di Damasco, decide, dopo aver completato il matrimonio combinato, di far crescere la nuova famiglia tra yankees, smog e skylines. Una sceneggiatura, tratta dal libro della vincitrice del Pulitzer Jhumpa Lahiri, che non privilegia un personaggio a discapito dell’altro, che cerca di analizzare, con semplici dialoghi e situazioni fragilità, paure e certezze di una famiglia che si trasforma e di un ragazzo che cresce, appesantito dal fardello e dal destino di un nome, Gogol’, ispirato dal padre dalla lettura de Il cappotto dello scrittore russo. Il ragazzo cambierà nome in uno più yankee, ma tornerà sui suoi passi alla morte del padre, in una delle scene che si ricordano maggiormente, girate quasi senza dialoghi e con intensi primi piani dei volti.
Una vera e propria ossessione, quella del nome del ragazzo, da parte di un padre descritto e mostrato sempre in funzione della filosofia di vita ispirata al celebre racconto, che sottolinea del personaggio la vena a volte un po’ ebete più che tenera e malinconica. Un forte senso di realismo sprigiona dalle immagini e dai dialoghi de Il destino nel nome, i rapporti genitori-figli sono ben analizzati, senza orpelli psicoanalitici, ma studiati dall’esterno e ben risolti nelle scene quotidiane della famiglia. Fatta eccezione per il personaggio della madre, il cui invecchiamento sfiora il ridicolo nella resa del trucco e ciò non coadiuva il realismo della rappresentazione. Va dato atto alla Nair di aver ben spalmato i vari segmenti principali della crescita di una famiglia, senza le profonde motivazioni (che nostalgia!) politiche che ispirarono nel 1986 La famiglia di Scola, ma piuttosto mantenendo l’attenzione sul divario culturale conseguente alla vita quotidiana nel rapporto con il paese dell’Abbondanza. La crescita di Gogol’, descritta attraverso semplici momenti, dalla solitudine in camera, alle amicizie a scuola, ai primi amori, al lavoro da architetto e al matrimonio, risultano a volte faticosi nella loro abbondanza, ma, come in un reality show, stuzzicano la curiosità del sapere what’s next.
Tutto si risolve pulitino pulitino nella narrazione, i personaggi si amalgamano alla storia attuale, la regia nel finale tende a indugiare sulla figura-motore della vicenda, quel Gogol’ che accettando la sua cultura di provenienza e rifiutando l’american way of life e una fidanzata wasp, si raderà i capelli e indosserà l’abito indiano durante il funerale del padre incompreso.
Un film che scorre senza scossoni, lieve e a tratti delicato, a volte ridicolo, ma che in sostanza rimane un buon compitino scolastico, raramente emozionante, stretto nel suo realismo dispersivo e a tratti criptico (Gogol’ si farà rasare i capelli dal barbiere, contravvenendo al rito indiano, elemento difficile da interpretare se non si conosce il rito nello specifico). La ‘materia’ dell’emigrazione e del ritorno alle radici, uno dei temi principali della selezione della prima edizione della Festa del Cinema di Roma, dove il film è stato presentato nella sezione Premiere, nelle mani di una regista spesso osannata nei festival come Mira Nair (già autrice di successi come Salaam Bombay!, Monsoon Wedding, Kama Sutra) non esce dalle numerose convenzioni e situazioni da ‘manuale di sceneggiatura’ presenti in gran quantità in questo film in sostanza poco convincente.
(The Namesake) Regia: Mira Nair; soggetto: tratto dall’omonimo romanzo di Jhumpa Lahiri; sceneggiatura: Sooni Taraporevala; fotografia: Frederick Elmes; montaggio: Allyson C. Johnson; scenografie: Stephanie Carroll; musica: Nitin Sawhney; interpreti: Tabu (Ashima), Kal Penn (Gogol adulto), Irrfan Khan (Ashoke), Jacinda Barrett (Maxine), Zuleika Robinson (Moushimi); produzione: Fox Searchlight Pictures, Mirabai Films, Cine Mosaic Production; distribuzione: Twentieth Century Fox Italia; origine: USA, 2006; durata: 122’; sito web: Sito Fox Usa
