Il diavolo veste Prada

Scoppiettante e nevrotica commedia scandita dal ritmo dei tacchi a spillo che corrono per le strade di New York; che sia un moderno racconto di formazione o un cinico sguardo sul mondo contemporaneo; che denunci il disagio delle donne manager che non riescono ad avere un uomo accanto o suggerisca che gli ideali veri - rispetto ed amicizia- non devono mai essere dimenticati, non è determinante.
Il diavolo veste Prada (tratto dall’omonimo best seller di Lauren Weisberger) è un bel film, ironico, divertente, realizzato con molti soldi, un po’ di mestiere e un cast perfetto. Una pellicola leggiadra, di quelle che regalano un bel pomeriggio e qualche piacevole risata condita con l’eleganza di un affascinante Belzebu’ fasciato in un tubino firmato Valentino.
Se la vita contemporanea è fatta di ambizione, diete assurde, ansie, stress e fobie prendiamola un po’ in giro.
Miranda Priestley dirige la più importante rivista di moda del mondo. E’ esigente, dispotica, irriverente e insopportabile: chi lavora per lei non ha orari, permessi, diritti e dignità Miranda Priestley è una giovane studentessa fresca di college che vuole fare la giornalista e, per uno strano scherzo del destino, diventa l’assistente di Miranda, il diavolo griffato Prada. E’ l’inizio dell’inferno in terra: niente più amici, niente più vita privata e soprattutto niente più scrupoli. Un universo a lei completamente estraneo fatto di trucchi, taglie 38, gossip e competizione all’ultimo sangue. Un lavoro da cui tutti fuggirebbero ma per cui milioni di ragazze ucciderebbero perché dopo un anno con Miranda, le porte delle riviste di tutto il mondo si aprono ai piedi delle sopravvissute. Andy è determinata, coraggiosa e soprattutto non accetta il fallimento.
Resistere, resistere resistere, dunque ma a quale prezzo? I propri ideali e i propri sogni e la propria anima da servire su un piatto d’argento al demonio più affascinante che la storia abbia mai visto. E’ il dilemma del mondo contemporaneo, che assilla milioni di persone ogni giorno: carriera o famiglia? Che cosa è la realizzazione personale? E’ meglio vivere una vita schiavi del proprio lavoro o in preda al rimpianto per non aver tentato. Ai posteri l’ardua sentenza verrebbe da dire. Ma come ogni buona commedia che si rispetti, anche questa lascia allo spettatore una bella speranza: la possibilità di credere che un’altra vita è possibile, che la cosa giusta e quella sbagliata sono separate da un sottilissimo confine molto facile da valicare, che siamo sempre padroni del nostro destino e, soprattutto, che non bisogna mai smettere di sperare in un futuro, se non migliore, almeno più umano.
(The Devil Wears Prada); Regia: David Frankel; sceneggiatura: Aline Brosh McKenna; fotografia: Florian Ballhaus; montaggio: Mark Livolsi; musica: Theodore Shapiro; interpreti: Meryl Streep (Miranda Priestley); Anne Hathaway (Miranda Priestley); Emily Blunt (Emily), Stanley Tucci (Nigel), Adrian Grenier (Nate), Tracie Thoms (Lilly), Rich Sommer (Doug), Simon Baker (Christian Thompson); produzione: 20th Century Fox, Fox 2000 Pictures, Peninsula Films; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA, 2006; durata: 116’
