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Il matrimonio di Lorna

Pubblicato il 19 settembre 2008 da Antonio Valerio Spera


Il matrimonio di Lorna

Lo stile dei fratelli Dardenne è inconfondibile. Una macchina da presa mai ferma, lunghe inquadrature, primi piani affannosi, sguardo puramente realista, una scrittura che si basa su personaggi e storie al limite della disperazione. Che piaccia o no, la coppia di registi belga sviluppa la propria poetica senza mai tradirla. Le loro storie sono fatte di solitudine, di tristezza, di malinconia. Sono storie dure, psicologicamente violente, pregne di verità. I loro film sono uno squarcio di realtà, un tratto di esistenza, che non mancano mai di aprirsi ad una dimensione universale.
Nel recente passato Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno trionfato ben due volte al festival di Cannes, aggiudicandosi la Palma d’Oro nel ’99 con Rosetta e nel 2005 con L’enfant. Dopo tre anni di assenza, tornano in competizione ufficiale con un altro film degno del loro talento artistico seppur non dello stesso livello delle precedenti. Le silence de Lorna-Il matrimonio di Lorna è uno spaccato di vita nascosta, buia, appartata. E’ il ritratto di una società multiculturale che vive di affanni, di droga e di difficoltà economiche. Sin dall’inizio si avverte prepotente lo stile dei due registi. La macchina da presa segue l’evoluzione delle vicende con uno occhio empatico che non perde mai di vista i personaggi, ma che anzi da loro si lascia guidare e trascinare. Le immagini cristallizzano sullo schermo la disillusione e lo sconforto, l’accettazione di un destino al quale non si può sfuggire e del quale, come è consuetudine nei film dei due autori, non conosceremo mai il finale. Perché il cinema dei Dardenne è così: racconta solo ciò che vuole raccontare. Si intromette in modo inaspettato nelle vite per poi lasciarle improvvisamente. Il metodo narrativo dei due registi non contestualizza la vicenda né fornisce informazioni sui personaggi, ma permette a loro stessi di raccontarsi gradualmente, inquadratura dopo inquadratura, scena dopo scena.
Le silence de Lorna è un film di primi piani epifanici, di disagi interiori che si manifestano nei volti e negli sguardi. E’ vita concreta ed astratta allo stesso tempo, è esistenza triste e maledetta ferma tra una dimensione intima ed una dimensione esteriore rappresentata in modo duro e diretto. Nonostante questo, però, l’opera non ha la forza espressiva che invece dominava film come Rosetta e L’enfant. E’ sì un’opera commovente che affascina e coinvolge, ma l’impressione è che ormai i Dardenne si riflettano nel loro passato artistico e ripetano sempre loro stessi. Ciò non può indurci a dare giudizi negativi sul film, ma di certo non ci si può esimere dall’affermare che Le silence de Lorna sia un’opera di minore impatto rispetto a quelle che l’hanno preceduta, perché non aggiunge nulla di evidentemente nuovo alla filmografia dei Dardenne.
Il silenzio a cui fa riferimento il titolo non trova una corrispondenza esplicita nella narrazione. Lorna, la protagonista della storia, è infatti un personaggio che non risparmia parole e che parla anche quando non dovrebbe. Il riferimento è nascosto e molto più sottile. Il silenzio del titolo contiene in sé le speranze strozzate di Lorna e la sua incapacità di ribellarsi concretamente alla situazione sociale a cui è assoggettata. Le sue parole non sono affatto vuote, ma purtroppo non assumono alcun valore per gli interlocutori. Tant’è che Lorna sarà costretta a rinchiudersi in sé stessa e a parlare con il bambino che è convinta di portare in grembo. E’ l’unico modo per fuggire dalla sua solitudine, è l’ultimo atto della sua rassegnazione.


CAST & CREDITS

(Le silence de Lorna); Regia e sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne; montaggio: Marie Hélène Dozo; fotografia: Alain Marcoen s.b.c.; interpreti: Arta Dobroshi (Lorna), Jèremie Renier (Claudy), Fabrizio Rongione (Fabio), Alban Ukaj (Sokol); produzione: Les Films du Fleuve, Archipel 35, Lucky red;distribuzione: Lucky Red; origine: Francia/Belgio 2008; durata: 105’.


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