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Il Matrimonio di Tuya

Pubblicato il 8 giugno 2007 da Alessia Spagnoli


Il Matrimonio di Tuya

Che genere di vita può esistere fra le inospitali lande della Mongolia? Gli scenari locali sono talmente simili a quelli lunari da indurre e giustificare simili interrogativi. Difficile figurarsi l’esistenza in ambienti dove perfino ottenere l’acqua richiede sforzi atroci, e può comportare rischi tanto letali da pregiudicare intere esistenze, indissolubilmente concatenate fra loro. Nel mucchio delle tante storie ai limiti della sopravvivenza raccontabili, Wang Quan’an pesca qui quella di una sposa e madre evidentemente fuori dal comune: Tuya.
Seguiamo la donna passo passo in tutte le sue faticose mansioni quotidiane: la vediamo occuparsi dei lavori di casa e di quelli, particolarmente duri, fuori da essa. Apprendiamo presto che suo marito è rimasto invalido durante le rischiose operazioni necessarie per scavare un pozzo. Intuiamo come Bater sia stato un uomo affidabile e gentile prima del suo incidente e avvertiamo nitidamente le sue sofferenze nel comprendere la sua attuale condizione di ostacolo per la giovane e ancora piacente compagna.
Tuya manda avanti la famiglia, quasi caricandosela sulle spalle: quando scopre di rischiare ella stessa una paralisi a causa degli eccessivi sforzi fisici cui si è sottoposta, l’inevitabile soluzione, per sè e per i suoi cari, diventa quella di sposare un altro uomo che possa, a sua volta, prendersi cura di lei e dei suoi due figli piccoli. Ciò che sorprende lo spettatore occidentale, sembra risultare ineccepibile per i personaggi del film: la soluzione si impone per tutti come inevitabile. Il matrimonio stesso, da quelle parti, è piuttosto una questione di sopravvivenza: un accordo rescindibile in qualsiasi momento, qualora vengano meno i presupposti iniziali e una delle due parti si ritenga insoddisfatta delle mutate condizioni di vita.

Tuya attraversa le notevoli difficoltà della sua vita con grande forza d’animo, con coraggio e dignità. Si comporta spesso rudemente, è una persona ostinata, ma una grande lavoratrice: gli uomini la ammirano. Lei vacilla raramente, si concede un momento di pianto liberatorio solo nel ciclico finale. Ma la sorgente di quelle lacrime rimarrà di ardua decriptazione, come diverse altre situazioni proposte nel film. Si tratta di un comprensibile sfogo dovuto all’accumulo di stanchezza? Il segnale di un rimorso personale indotto dal suo necessario voltafaccia nei confronti del primo marito? E’ frustrazione? Delusione? Tali lacrime rimangono però nascoste, private: Tuya non può concedersi il minimo segno di cedimento, poichè troppe sono le persone che fanno duraturo assegnamento su di lei. Chissà quante altre donne esistono, come lei, per le quali l’ultimo posto nella guida alle azioni da compiere, è occupato dai sentimenti più intimi e personali…
E’ evidente che operazioni come quella condotta in questo film, acquisiscano una sorta di plusvalore attribuibile al loro rilevante interesse socio-antropologico. L’attenzione è desta a causa dello stupore ingenerato dall’essere messi a contatto diretto con usi e costumi tanto raramente osservabili, da Occidente, o, piuttosto, grazie ad un autentico talento registico, particolarmente abile nel creare interesse attorno al racconto filmico? Qui diventa quanto mai arduo rispondere. La Giuria dell’ultimo Festival di Berlino, ha evidentemente sposato la seconda ipotesi, attribuendo al film il più prestigioso riconoscimento possibile: l’Orso d’Oro. Il dubbio, tuttavia, permane. Soprattutto alla luce del ricordo di un altro film della passata stagione, ambientato anch’esso fra le pianure della stessa regione, Il Cane Giallo della Mongolia e che aveva affascinato soprattutto per ragioni di ’contesto’.


CAST & CREDITS

(Tu ya de hun shi) Regia: Wang Quan’an; sceneggiatura: Lu Wei, Wang Quan’an; fotografia: Lutz Reitemeier; montaggio: Wang Quan’an; scenografie: Wei Tao; costumi: Lu Yi (II); interpreti: Yu Nan (Tuya), Bater (Bater), Senge (Senge); produzione: XI’AN MOTION PICTURE CO. LTD., MAXYEE CULTURE INDUSTRY CO. PRODUCTION; distribuzione: Lucky Red; origine: Cina 2006; durata: 96’


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