Il padre

Nel grande libro della Storia molte sono le pagine che animano ancora oggi accesi dibattiti. La stessa definizione di un evento storico può diventare motivo di complessi intrecci politici, rivendicazioni e conflitti. È il caso questo del genocidio armeno, riconosciuto come tale solo da una manciata di paesi al mondo (fra cui l’Italia), e considerato da altri come un vicenda esclusivamente legata ai tragici fatti coincidenti con la fine dell’Impero Ottomano e la prima guerra mondiale. Parlare di quanto accadde fra il 1915 e il 1916 nelle desolate terre anatoliche è quindi certamente un’impresa complessa, una sfida solo parzialmente riuscita al regista Fatih Akin, il cui delicato tocco d’autore sembra esser travolto, in The Cut, dalla portata del tema narrato.
Si può discutere sul numero delle vittime, si possono contestare le responsabilità, ma appare molto più difficile negare completamente le vessazioni e le nefandezze compiute ai danni del popolo armeno durante la prima metà della prima guerra mondiale. Le fotografie di Armin T. Wegner, evidente rifermento iconografico della ricostruzione messa in scena da Fatih Akin, poco o nulla lasciano ad una tale dibattito. Ciononostante sono anche molti i paesi che, per ragioni diverse, faticano a chiudere i conti con questo passato; prime fra tutte le due patrie del regista di Amburgo , Germania e Turchia. Sarà probabilmente per questo, per la portata e il peso delle vicende narrate, che il delicato e poetico tocco di Fatih Akin, elemento peculiare di tutta la sua filmografia, sembra dissolverei in The Cut. Costretto a metter in scena tutta la drammaticità di quanto accaduto fra il 1915 e il 1916 il regista di La sposa turca e Soul Kitchen sembra perdere quelle qualità che avevano affascinato milioni di spettatori in tutto il mondo. Il risultato della su ultima fatica è infatti un racconto teatrale, che scivola spesso nel più banale patetismo, costruito e freddo come il più classico dei drammi storici. Anche i temi più cari al regista, il viaggio, fisico che si fa metafisico, la ricerca, la partenza e il ritorno da e per nuove patrie, perdono molto del loro significato, schiacciati come un macigno dalla Storia.
Nonostante la delusione per un’opera che si attendeva, cinematograficamente, di ben altro spessore The Cut ha comunque il pregio di affrontare apertamente un tema tanto delicato. Non possiamo sapere quali reazioni provocherà in Turchia (ma anche in Germania) una pellicola così chiaramente schierata, ma appare comunque evidente come un qualsiasi paese che voglia definirsi moderno debba necessariamente imparare a fare i conti con il proprio passato.
(The Cut); regia: Fatih Akin; sceneggiatura: Fatih Akın, Mardik Martin; fotografia: Rainer Klausmann; montaggio: Andrew Bird; interpreti: Tahar Rahim ; Simon Abkarian; Makram Khoury; Hindi Zahra; produzione: Entertainment, Dreambridge Films, Muskat Filmed;origine: Germania, Francia, Polonia, Turchia, Canada, Russia , Italia, 2014; durata: 138’
