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IL PIU’ BEL GIOCO DELLA MIA VITA

Pubblicato il 14 luglio 2006 da Carlo Dutto


IL PIU' BEL GIOCO DELLA MIA VITA

In tempi di entusiasmi, deliri, eccessi schizoidi che il calcio ha instillato in folle oceaniche, con una larga parte dell’opinione pubblica che sbrodola ovunque un ritrovato senso collettivo di nazione, fa piacere potersi purificare il sangue con uno sport diverso. La palla è sempre tonda, presenta delle fossette e diverse sono dimensioni e modalità di vittoria. Il golf è lo sport individuale per eccellenza, unisce tecnica e resistenza di nervi, ben amalgamati da un lignaggio e un conto in banca svizzero congruo al club di appartenenza. Birdie, par impossibili, azzurri laghetti artificiali e bunker dalla sabbia infidamente sottile, green dall’erbetta accuratamente rasata, mazze di legno drive e brassie, di ferro per la precisione e mashie. Grip, handicap, backswing, i dopo partita al club esclusivo, i maglioni a V e il cappellino da sventolare in caso di colpo perfetto. Dietro, caddies con il fiatone che macinano chilometri all’ombra del campione di turno.

Il più bel gioco della mia vita è basato sulla storia vera di Francis Ouimet [il non sempre convincente Shia LeBeouf], un giovanissimo ragazzo statunitense di origini francesi che nel 1913 vinse, non ancora ventenne, gli U.S. Open sconfiggendo da dilettante il più grande campione inglese dello sport dei nobili e dei gentili, quell’Harry Vardon vincitore di sei Open inglesi, interpretato da un ispirato Stephen Dillane. Due contendenti accomunati dalle origini proletarie, provenienti da famiglie che non approvano la scelta del golf come motore trainante della vita, un destino di eterni outsider nello sport paradigma dell’alta società classista e razzista. Il film narra parallelamente le vicissitudini dei due golfisti e il diverso approccio alle partite del torneo, mettendo in naturale secondo piano tutte le figure laterali, a partire da quello della ragazza ricca tanto bramata.

Bill Paxton, attore che spesso ha incarnato personaggi antipatici o dal destino segnato (si pensi alle sue interpretazioni in Titanic, Aliens, Twister, Apollo 13), approda alla sua seconda prova da regista, dopo aver firmato l’ottimo thriller Frailty [id., 2001] con una storia più classica. Il film vorrebbe avere l’andamento della fiaba, punta sulla facile suspance da last minute victory, parafrasando i celebri finali à la Griffith e gioca su personaggi granitici nelle loro psicologie: dai malvagi dirigenti massoni che utilizzano lo sport per imporre la politica conservatrice al caddie bambino cicciotto che instilla consigli da manuale al giovane Francis, al padre operaio sfruttato che sfoga la propria frustrazione sociale cercando di tarpare le ali al figlio. Dando atto di evitare il tecnicismo sportivo tipico del genere, con l’accento sulle vicende private e come queste influiscono sul rendimento sportivo, il film non riesce mai veramente a coinvolgere, stretto da un intreccio linearmente prevedibile e non certo coadiuvato dalla difficoltà di immedesimazione dello spettatore nel personaggio di Francis. Troppo spesso viene il dubbio di quanto il golf per il giovane diventi più che una occasione di riscatto sociale, un tentativo di standardizzarsi all’ambiente circostante, un avvicinamento a uno stile di vita negato dalla nascita proletaria e tanto desiderato pur nella sua falsità. Tuttavia, lo stile di Paxton si attesta su un livello superiore alla media dei bio-film sportivi, uno stile spesso caratterizzato da scene surreali di grande impatto e dall’uso della computer grafica che permette spettacolari soggettive della pallina in volo e suggestivi colpi ravvicinati altrimenti impossibili. Da vedere per chi da bambino ha amato Tutti in campo con Lotti.

[13 luglio 2006]

[The greatest game ever played] Regia Bill Paxton; Sceneggiatura Mark Frost dal suo omonimo romanzo; Fotografia Shane Hurlbut; Montaggio Elliot Graham; Scenografie Francois Sèguin; Musiche Brian Tyler; Interpreti Shia LeBeouf (Francis Ouimet), Peter Firth (Lord Northcliffe), Stephen Dillane (Harry Vardon), James Paxton (il giovane Harry Vardon), Josh Flitter (Eddie), Elias Koteas (il padre di Francis), Marnie McPhail (Mary Ouimet); Produzione David Blocker, Larry Brezner, Mark Frost, David A. Steinberg Distribuzione Buena Vista; Origine Usa, 2005; Durata 120 min; Web info Sito originale

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