X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Il superstite

Pubblicato il 5 marzo 2014 da Antonio Napolitano
VOTO:


Il superstite

Le modifiche dei titoli dei film in italiano rispetto all’originale sono spesso discutibili e, in alcuni casi, addirittura incomprensibili. Nel caso del film For Those in Peril, invece, bisogna riconoscere che la scelta di farlo diventare Il superstite è quanto mai azzeccata. Il film, che ha riscosso molte critiche positive, da The Guardian a Variety, è stato presentato alla “Semaine de la Critique” allo scorso Festival di Cannes ed è il primo lungometraggio del trentatreenne scozzese Paul Wright, autore finora di diversi cortometraggi vincitori, tra gli altri, di premi alla Berlinale e al festival di Locarno.

Questa è la trama: Aaron (George Mackay) vive in un villaggio di pescatori in Scozia e, fin da piccolo, sua madre (Kate Dickie) gli ha raccontato della leggenda del mostro marino che ingoia gli abitanti di un villaggio e che va a riposarsi in fondo al mare. Aaron, però, è anche l’unico sopravvissuto di una misteriosa uscita di pesca in cui cinque giovani, tra questi suo fratello maggiore, sono dispersi e di cui non sono mai stati trovati i corpi. Lui non ricorda nulla di quella notte, ma è convinto che suo fratello ritornerà e che la leggenda del mostro gli darà ragione.

Il superstite è un film particolare, per molti versi interessante e per altri incompleto, ma sicuramente ambizioso. Cupo, glaciale, estraniante, il film va avanti in un montaggio serrato dove la storia scorre su un filo narrativo unico e lineare, ma che si sviluppa in più piani visivi e dove la fotografia è macchiata e graffiata costantemente da immagini e riprese che sono realizzati come filmati amatoriali degli anni settanta. La fiction si mescola ed evapora nel finto stile da documentario. Un’azione non è ancora terminata che già se ne sta vivendo un’altra. È tutto così veloce e convulso. Lo spettatore non esce dal film, ma è estraniato come lo è Aaron alla ricerca di suo fratello. Ne sente la voce, se lo immagina dovunque. Il mito, la fiaba nasce come horror e il mostro marino si trasforma in un horror psicologico. Solo la madre gli sta vicino. Per tutti gli altri è pericoloso e deve essere bandito dal villaggio. Lui è solo un pazzo. Non è impazzito. È pazzo. Non è il dolore che lo fa comportare così. Ma è la sua pazzia. È questo quello che pensano tutti. Quella pazzia con la quale si spiegherebbero le morti degli altri. I bulli lo denudano e lo sottopongono ad un processo ancestrale che finisce poi con una lotta fisica con un bambino. Ma Aaron sa di essere innocuo. Lui non fa male a nessuno. Vuole solo ritrovare suo fratello. Bisogna dargli la sepoltura. Ma gli altri non vogliono. Vogliono solo dimenticare e continuare la loro vita. Lui invece è il superstite. E il superstite è colpevole. È colpevole perché, con la sua presenza, fa ricordare agli altri cosa è successo. È colpevole perché porta dentro di sé il segreto anche se inconscio. Ma soprattutto è colpevole di essere sopravvissuto.

La pazzia, l’editto, il processo, la sepoltura, la famiglia, il mare, il superstite, la colpa. Wright che realizza un film così nordico nel cielo, nei colori, nelle luci, chiama in causa aspirazioni e tematiche viscerali ed universali che rimandano ai miti della tragedia greca. Il superstite va avanti per immagini, suggestioni, facendo però troppi sconti alla sceneggiatura. Le favole, anche se horror, per restare impresse e per poter essere tramandate, hanno bisogno di più linearità, necessitano di uniformità. Alla fine la morale non è tranquillizzante, ma il finale non è estraniante come le premesse e rischia di sembrare una metafora troppo autoreferenziale. Ma dato che si parla di un’opera prima, Paul Wright si candida a diventare un autore a tutti gli effetti. Per gli amanti di Andrea Arnold, Terrence Malick o dei Dardenne.


CAST & CREDITS

(For Those in Peril) Regia: Paul Wright; sceneggiatura: Paul Wright; fotografia: Benjamin Kracun; montaggio: Michael Aaglund; musica: Erik Enocksson; interpreti: George Mackay (Aaron), Kate Dickie (Cathy), Nichola Burley (Jane); produzione: Warp Films; distribuzione: Nomad Film; origine: Gran Bretagna, 2013; durata: 93’; webinfo: Sito Ufficiale


Enregistrer au format PDF