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Libere, disobbedienti, innamorate

Pubblicato il 13 aprile 2017 da Matteo Galli
VOTO:


Libere, disobbedienti, innamorate

Il titolo originale di questo film è, traslitterato, Bar Bahar , qualcosa come fra la terra e il mare. La traduzione inglese In Between andava proprio bene e bastava, riassumendo a perfezione il senso dell’ottimo film dell’esordiente Maysaloun Hamoud, e invece la distribuzione italiana ha scelto di aggiungere tre aggettivi: Libere, disobbedienti, innamorate che, oltre a essere un po’ kitsch, a ben guardare nemmeno rispondono al vero. Perché nessuna delle tre protagoniste di questa specie di Sex in the City ambientato a Tel Aviv può legittimamente affermare di essere completamente libera, del tutto disobbediente, innamorata è giusto una. Salma (lavoretti in bar e ristoranti) e Layla (avvocato), due donne palestinesi emancipate che vivono di giorno ma soprattutto di notte, con alcool, sigarette e canne sempre fra le labbra si ritrovano in casa come inquilina temporanea Nour, una laureanda di informatica, anch’essa palestinese, ma tutta infagottata con la palandrana che sforma ancor di più il suo corpo non certamente filiforme, con tanto di testa coperta da un velo super-avvolgente e un ingombrante valigione, correlativo oggettivo della tradizione che si porta dietro. Nour è musulmana osservante, ma non si capisce fino a che punto lo sia del tutto per sua scelta o perché costretta dal fidanzato che quando la viene a trovare in quella casa di senza dio inorridisce e accentua ancor più di quanto non faccia di solito la continua menzione di Allah a mo’ di mantra. Il “clash of civilizations” che è primariamente lo scoppio di un conflitto di generazioni, di generi, oltreché fra provincia e metropoli, già latente (e per le due donne emancipate non solo latente) prorompe in tutta la sua violenza nel corso del film. A contatto l’una con l’altra e in varie ulteriori costellazioni sociali, le tre ragazze prendono consapevolezza di cosa vogliono e soprattutto di cosa non vogliono: Leyla (la Carrie Bradshaw di Tel Aviv) preferisce la solitudine, non vuole stare con un giovanotto che si atteggia a uomo emancipato (scuola di cinema a Manhattan…) ma alla fine non lo è, Salma non vuole accettare le proposte indecenti dei suoi genitori di provincia e capisce in modo definitivo che i maschi non le interessano, Nour comprende sulla sua pelle che il fidanzato è prima di tutto un uomo violento e poi, eventualmente, un musulmano osservante che la fa sottostare a rigidi rapporti di genere imposti dalla loro (sua) religione, la quale gli impedisce anche solo di stringere la mano alle due coinquiline della sua fidanzata, senza mezzi termini definite puttane, solo perché vestite all’occidentale, con tatuaggi e piercing. Soprattutto tenendo conto che Hamoud è un’esordiente e che il film se lo è scritto da sola, non si può non rimarcare la maturità della sceneggiatura: i tempi e i dialoghi giusti per caratterizzare i personaggi (tutti molto credibili e ottimamente interpretati dalle tre attrici) e le loro relazioni sociali, i tempi giusti per dispiegare i conflitti, i tempi giusti per (non) risolverli. Se proprio si vuol trovare un difetto a In Between è forse un certo manicheismo di genere: i maschi del film sono proprio tutti inesorabilmente cattivi, l’unico caratterizzato positivamente nel corso dell’intero film è gay, gli altri, non importa di quale generazione, Allah ci scampi e liberi. Non particolarmente felice la scelta compiuta dalla Tucker Films – cui dobbiamo il grande merito di aver portato in Italia questo film fresco e originale che si era fatto notare in vari festival, prima di tutti a Toronto - di distribuire il film doppiato perché un aspetto che torna in più occasioni è il conflitto linguistico, ossia il fatto che le ragazze palestinesi parlano arabo in un paese straniero, in cui la lingua maggioritaria e un’altra e l’arabo occorre non esibirlo troppo. Anche in questo la città, come le tre protagoniste, è In Between.


CAST & CREDITS

(Bar Bahar). Regia: Maysaloun Hamoud sceneggiatura:Maysaloun Hamoud ; fotografia:Itay Gross; montaggio: Lev Goster, Nili Feller; interpreti: Mouna Hawa (Layla), Sana Hamelieh (Salma), Shaden Kanboura (Nour); produzione: En Compagnie des Lamas, Deux Beaux Garçons Films origine: Israele, Francia; durata: 96’.


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