X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Incontri con il pubblico: Terry Gilliam, Roma 03/03/2007

Pubblicato il 4 marzo 2007 da Carlo Dutto


Incontri con il pubblico: Terry Gilliam, Roma 03/03/2007

La giacca sgargiante, un inchino al pubblico e una contagiosa risata sono gli elementi che hanno caratterizzato l’incontro con il pubblico dell’eclettico Terry Gilliam. Nella sala Petrassi dell’Auditorium di Roma il regista statunitense ha intrattenuto, grazie alla Studio Universal e al filtro di Mario Sesti e Antonio Monda, un pubblico partecipe e accalorato. Un lungo incontro, condito da aneddoti e una finale, appauditissima, sorpresa.

Terry Gilliam, un americano alla corte d’Inghilterra, con alcuni inglesi a formare i Monty Python. Da dove nasce la storica alchimia?

Al tempo dirigevo una rivista satirica a New York, specializzata in fumetti e fotoromanzi, sulla falsariga di quello dello Sceicco Bianco. Avevamo sempre bisogno di attori a buon mercato e scritturammo un giovane attore inglese, John Cleese, che si trovava in tournee recitando in uno spettacolo a Broadway. Anni dopo, durante un mio viaggio a Londra, un produttore di programmi tv per bambini ci fece ancora incontrare; John era già molto popolare in televisione e dall’incontro nacque una forte simbiosi entrando in seguito nei Monty Python. Erano grandi anni quelli passati con il gruppo: il lavoro avveniva in tempi sempre molto stretti, ma non esisteva alcun controllo da parte della produzione, non esistevano executives ossessivi, eravamo 6 persone che cercavano di far ridere l’un l’altro, con una libertà che non ho più potuto sperimentare. E infatti il pubblico, stranamente, ancora guarda quei film, in cui erano confluite molte mie idee e senza le quali non sarei qui adesso. Con tutto il gruppo ci incontreremo il 31 marzo prossimo a Las Vegas all’anteprima di Spamelot, il musical ispirato ai nostri vecchi lavori.

Pensando alla sua eclettica filmografia, cosa pensa che possa succedere quando la fantasia di un regista diventa realtà?

Alcuni mesi fa mi trovavo a New York e riflettendo, pensai che avrei dovuto citare in giudizio George W. Bush e Dick Cheney per aver realizzato un remake illegale e non autorizzato del mio Brazil… Io credo che i registi, quelli bravi, riescano a stuzzicare la fantasia del pubblico, mostrando grazie all’uso della fantasia, un mondo altrimenti non immaginabile, come ha fatto Fellini con i Romani (nel Fellini Satyricon, ndr.): nessuno se li immaginava così prima di vederli attraverso la fantasia di uno dei miei maestri.

La sua carriera è costellata di grandi successi, film considerati di culto e grandi flop commerciali, di film realizzati e di quelli non realizzati, come Harry Potter, che le era stato proposto…

I produttori e l’autrice stessa di Harry Potter, J.K.Rowling, avevano in effetti pensato al sottoscritto come regista di uno dei film della saga, mi consideravano il regista ideale, ma volevano un lavoro controllato, fedele alla sceneggiatura e non aperto alla fantasia altrui. Non si fece nulla, non accettai, ma almeno ne ho ricavato un bel viaggio in prima classe in aereo fino a Los Angeles!

Dal punto di vista stilistico, ritorna in tutta la sua produzione l’uso dell’ottica del grandangolo, che deforma i primi piani trasformando i volti in maschere grottesche. Da dove nasce questa esigenza tecnica?

Utilizzo spesso lenti grandangolari perché voglio ‘entrare’ nel film, sentirmi dentro l’inquadratura, avvertire la presenza delle quattro mura intorno. Si tratta per me di un espediente per far lavorare di più il pubblico: per lo spettatore che solitamente preferisce farsi portare per mano dal regista, ha un effetto disturbante e disorientante, per altri si tratta di poter gustare più dettagli, oggetti, idee sfuggite a una prima visione, ma che possono balzare agli occhi anche durante la seconda o terza visione di un mio film. Un’altra ragione potrebbe essere che sono un pessimo regista!

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DAL FILM LE AVVENTURE DEL BARONE DI MUNCHAUSEN

La sua personale trasposizione della storia del Barone di Munchausen è secondo molti uno dei suoi migliori film e fu uno dei suoi peggiori fiaschi. Si è mai chiesto perché?

Di base, dopo le riprese, i produttori spendono alcuni soldini per stampare delle copie del film, quindi investono in pubblicità, ma così non è stato per questo film. Furono stampate solo 117 copie per tutto il mercato statunitense: nessuno ha supportato il film dal punto di vista produttivo. Fu un vero disastro, anche perché ci trovavamo nel momento in cui gli studi di produzione venivano venduti alla Sony e il film fu abbandonato a sé stesso. Devo dire che negli anni sia la popolarità che il rispetto di pubblico e critica sono cresciuti esponenzialmente, tanto che per la fine del 2007 è prevista l’uscita del film in una versione in dvd in alta definizione. In sostanza, posso dire che secondo me non esiste collegamento tra il successo e la qualità di un film, tutto sta ad avere tanta, tanta fortuna!

Visto adesso, alla luce dei suoi film anche successivi, c’è molta differenza tra i film in cui la fantasia irrompe in un mondo “normale” piuttosto che quelli dove la fantasia fa già parte della storia come nel Barone di Munchausen?

Per me fu un film faticoso, ma le difficoltà di girare un film di ‘fantasia’ tout court riguardano solo l’aspetto economico. Nel film si vedono gli ostacoli che ho dovuto superare per terminare il film, basti pensare che dopo le prime settimane, a fronte delle 20 previste dalla produzione, eravamo già sotto con il budget: la società di produzione voleva denunciarmi per frode, dovetti cambiare intestazione alla mia casa per non farmela pignorare e intanto mia moglie era incinta del nostro terzo figlio. A parte queste inezie, continuavamo a girare il film, cambiando la sceneggiatura in fase d’opera.

Per esempio, quali scene sono state modificate in virtù di un budget sempre più risicato?

La scena della luna con Robin Williams, per esempio. Sulla carta, era la mia scena alla Cecil B. De Mille: Sean Connery protagonista, contornato da oltre 2mila comparse. Il film fu chiuso a metà riprese e non potei avere né Sean né le comparse, e la scena si ridusse da duemila a due attori. La sceneggiatura e i dialoghi furono stravolti completamente, i set tridimensionali previsti dalla sceneggiatura sostituiti da due disegni della luna attaccati su due pezzi di legno e spostati a mano su e giù. Mi sembrava di essere tornati ai tempi delle mie animazioni con i Monty Python, ma devo dire che la scena è riuscita benissimo, anche meglio di come era stata prevista in origine.

Si può essere autori a Hollywood?

Risulta sempre difficile imporre il proprio stile con i grandi produttori, io stesso girerei molto di più se accettasi tutto ciò che mi viene proposto, ma preferisco fare i miei film mantenendo il controllo e il mio stile personale, anche con i miei errori. L’unico modo per me di non farmi imporre nulla è scritturare big stars: se non avessi avuto Johnny Deep o Brad Pitt non avrei potuto neanche iniziare a girare!

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DA IL SENSO DELLA VITA

Nei suoi esordi con i Monty Python sono già evidenti gli inserti surreali tipici della sua filmografia successiva, uno stile che dimostra quanto il genere della commedia possa anche esulare dalla semplice slapstick, ma accogliendo anche stilemi bunueliani…

La scena della rivolta dei vecchietti impiegati della multinazionale è tutta farina del mio sacco. Fino al quel momento avevo collaborato con i Monty Python principalmente realizzando le animazioni, ma volevo passare a una scena con attori in carne e ossa e mi inventai questa combinazione di film girato come fosse un’animazione: ho potuto rifare Ben Hur alla mia maniera, oltre ad aver realizzato un atto di carità facendo lavorare degli attori ormai anziani!

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DA PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS – SCENA DEL CIRCO BAZOOKO E DEL CASINO’

Nel lavoro di adattamento di un libro, quanto può o deve un autore essere fedele alla storia e allo stile dell’originale?

Per quanto riguarda Paura e delirio, scrissi il copione in 8 giorni! Il libro di Thompson è un grande successo negli Usa e rimanemmo il più possibile fedeli alla trama, per non incorrere nel peso della responsabilità data dai fans dell’autore. Comunque nel film ha confluito la mia idea di Las Vegas, basata sull’esperienza sul campo e cioè di un luogo che prende il controllo delle persone, in cui nulla ha una logica, un luogo demenziale da iper-ventilazione. Abbiamo girato senza mai fermarci, eppure nel film ogni cosa è controllata, studiata nei particolari, anche se l’effetto finale risulta un ‘viaggio’ confusionario e travolgente.

La presenza di Johny Deep fu fondamentale per girare il film?

Inizialmente le riprese erano state iniziate da un altro regista, Alex Cox, che aveva già scritturato sia Deep che Benicio del Toro e quando fu licenziato dal set e fui chiamato io, rimettendo mano alla sceneggiatura per farlo diventare un mio film. Per girarlo non dovetti nemmeno fare uso di Lsd o di altre droghe, fu girato con sostanze naturali, mentre Johnny dovette sniffare chili di latte in polvere per le scene con la cocaina e alla fine avrebbe potuto allattare tutta la troupe!

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DA L’ESERCITO DELLE 12 SCIMMIE – SCENA FINALE ALL’AEROPORTO

In un’epoca in cui Hollywood può solo pescare dal suo glorioso passato e sforna remake a profusione, lei ha scelto La Jeteè, il cortometraggio di Chris Marker amato dai cinefili e ne ha tratto un lungometraggio tanto personale. Ci racconta la genesi di uno dei suoi film più amati dal pubblico?

Va dato atto ai due sceneggiatori di aver scritto una sceneggiatura davvero ottima; io sono intervenuto in un secondo tempo e comunque il corto di Marker è stato semplicemente uno spunto. Un film che sulla carta non aveva nulla di mainstream, ma fu girato grazie alla presenza di star come Bruce Willis e Brad Pitt, senza che i produttori cambiassero una virgola e contravvenendo al detto secondo cui ‘se è intelligente, non fa per Hollywood’. Rivedendo questa scena mi accorgo di non ricordare la presenza di tanti ralenti né quanto potessi con successo rinunciare a volte alla commedia!

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DA LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE – SCENA DEL BALLO ALLA STAZIONE

Ci può raccontare la genesi del film che descrive la ricerca del Sacro Graal a New York?

La sceneggiatura fu scritta da un giovane esordiente, a me fu proposto dal mio agente e io decisi di girarlo dopo aver rinunciato alla regia di La famiglia Addams. Una sceneggiatura fantastica, per come venivano descritti i vari personaggi, soprattutto quelli femminili e per i dialoghi, davvero brillanti. L’unica scena inventata completamente da me fu proprio quella in cui il barbone interpretato da Robin Williams si innamora della ragazza e tutti i passanti alla Grand Central Station ballano tra loro, come se si fossero tutti innamorati. La produzione voleva Williams e io, avendoci già lavorato (nel Barone di Munchausen, ndr), lo scritturai con gioia.

La leggenda vuole che per la scena alla stazione fu concesso un solo giorno di riprese…

I permessi non coprivano nemmeno un giorno intero, ma dalle 23 alle 5 del mattino. Mi fu assicurato che tutte le comparse erano ballerini provetti, ma al momento del primo ciak mi sono accorto che non era vero, quindi abbiamo dovuto impartire lezioni di ballo fino alle tre del mattino, girando solo le due ore successive.

VIENE MOSTRATA UNA CLIP DA BRAZIL - LA SCENA DI PRESENTAZIONE DELL’UFFICIO DEL MINISTERO DELL’INFORMAZIONE, QUINDI LA CARRELLATA NELLA TRINCEA TRATTA DA ORIZZONTI DI GLORIA DI STANLEY KUBRICK

Due grandi registi per due grandi scene basate su carrellate: si è ispirato a Kubrick?

La sequenza della carrellata nella trincea mi ha sempre illuminato su quanto possa essere potente la macchina da presa nel costruire il terrore. Io ho usato trent’anni dopo la carrellata nell’ufficio del ministero dell’Informazione per mostrare la pazzia della burocrazia, molto simile alla pazzia della guerra: ambedue conducono alla morte, una lenta, dello spirito e una veloce, causata dalle bombe.

VIENE MOSTRATA IN ANTEPRIMA UNA SCENA DEL FILM IN USCITA, TIDELAND

Che impatto crede che avrà Tideland sul pubblico?

Dove è già uscito, ha diviso il pubblico in due netti tronconi, chi lo ha amato e chi lo ha odiato, suscitando la stessa reazione che al tempo ebbe Brazil, con molte persone che uscivano dalla sala a metà film. Mi piace dividere il pubblico, creare reazioni estreme, come allo stesso tempo apprezzo chi cerca di scavare sotto la superficie delle cose e dei miei film.

Come considera le nuove tecnologie nel cinema, in particolare la computer -grafica?

Considero le nuove tecnologie degli strumenti nelle mie mani, così come lo sono gli oggetti scenografici reali, cerco sempre di dissimularne l’uso e comunque preferisco l’oggetto fisico, che posso toccare, come i costumi di Gabriella Pescucci. In generale non disprezzo l’uso della computer-grafica, anche se l’abuso di questi strumenti rende spesso i produttori esecutivi i veri realizzatori dei film.

Una domanda banale e vecchia: cosa consiglia a un giovane che vuole intraprendere la carriera di regista?

Pazienza e passione. Consiglio inoltre di bussare come un picchio a tutte le porte possibili e naturalmente di recarsi in Inghilterra e trovare un gruppo di comici…

Noi tutti abbiamo pianto come bambini vedendo Lost in la Mancha: ci sono novità sui famigerati diritti del film sul Don Chichotte?

Dopo tre anni di tentativi e insucessi, sembra che sia la volta buona: lo script sta finalmente tornando nelle mie mani e presto alzerò la cornetta per chiedere ‘Johnny, hai da fare?…’


Enregistrer au format PDF