Incontro con Julian Schnabel

Venezia - In occasione della presentazione veneziana di Miral (film tra l’altro appena uscito nelle nostre sale), al Lido abbiamo incontrato il regista Julian Schanabel, accompagnato per l’occasione dall’attrice Hiam Abbass e dalla scrittrice e sceneggiatrice Rula Jebreal.
Il film racconta più di sessant’anni di storia. Avete dovuto tagliare delle scene per non rendere il film troppo lungo?
Julian Schnabel: Non abbiamo tagliato niente; certo c’è un conflitto che va avanti da anni, ma in un film parti da un diagramma e da ciò che vuoi girare, non avevo intenzione di raccontare evento per evento di questi decenni. E’ una storia molto complessa ed abbiamo dovuto fare una selezione. Abbiamo avuto problemi sì, ma per lo sviluppo del personaggio, ma quello che vedete nel film è quello che sin dall’inizio abbiamo deciso. Finalmente questa è una storia di un sentito emozionale, non sono un analista politico, si tratta di cambiare la forma di questa sostanza.
Intanto oggi ripartono le trattative di pace a Washington…
J.S.: Penso sia una cosa ottima, spero che tutti possano mettere tutta la loro energia per cercare di andare oltre. Credo che Obama sia una grande persona. Spero che vedano il mio film prima di riunirsi. Noi siamo qui privilegiati perché liberi, molto più di altri. Dobbiamo cercare di andare oltre, è mancanza di istruzione che spinge la gente a comportarsi in maniera crudele, ci sono persone che perdono la vita per aver fatto cose che noi facciamo abitualmente, è importante fare film come questo, che diano l’impressione che siamo con loro, che li seguiamo
Non pensa che il suo film possa provocare reazioni contrastanti?
J.S.: So che ci sono persone che non la pensano come me, ma se mi lasciassi influenzare dalle persone a cui non piacciono i miei dipinti o ciò che faccio, allora dovrei restarmene a casa e non mi conoscerebbe nessuno.
Il film è una coproduzione anche italiana ed è uscito in Italia prima che nel resto del mondo. Che ne pensa del nostro paese?
J.S.: Sono estremamente felice che il film esca prima in Italia che in tutto il resto del mondo. Nel ‘76 sono venuto a vivere in Italia come pittore per un inverno. E’ un paese che mi ha dato tantissime opportunità. L’Italia è un paese molto entusiasta. Bisogna far capire che l’arte serve a spezzare le barriere e andare oltre. Non ho fatto un film palestinese, ma un film, e basta. Bisogna mettere da parte certi preconcetti.
Rula, il finale del finale è ricco di speranza. La pace si può veramente raggiungere o rimarrà un sogno? E secondo lei il governo americano potrà finalmente aiutare a risolvere questa situazione?
Rula Jebreal: Obama è un uomo straordinario ma non può imporre alle parti cosa fare, sono le parti che devono decidere. Gandhi diceva non c’è via per la pace, la pace è la via. Nella vostra costituzione c’è un articolo che dice l’Italia ripudia la guerra, tutti dovrebbero imparare questo.
Perché la scelta di girare il film in inglese?
J.S.: Il film è in inglese, l’ho girato così perché così possono vederlo in più persone e può girare in un pubblico più vasto
R.J.: Per me non è importante la lingua, anche perché non volevo un connotato politico in questo film, che ha invece una dimensione emotiva, è una storia che può essere collocata in qualsiasi parte del mondo
Hiam Abbass, come si è preparata al ruolo di Hind Husseini? Ha avuto la fortuna di conoscerla personalmente?
Hiam Abbass: Mia nipote mi ha invitato ad andare a quella scuola per una rappresentazione teatrale, ma non ho mai incontrato Hind personalmente, sapevo chi era, la conoscevo di nome. Sono una palestinese che viene da Israele ma l’identità te la porti da tutte le parti. Sono collegata alle persone che combattono, la mia è una famiglia di profughi
