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Incontro con Ken Loach

Pubblicato il 23 settembre 2010 da Vincenzo Valentino


Incontro con Ken Loach

21 settembre 2010

Non c’è niente di più adatto di un luogo della periferia urbana per ospitare un incontro con Ken Loach; che sia quella di Glasgow o quella di Roma, o di Parigi, non fa differenza. Tra i personaggi dei film di Loach e gli abitanti delle immense e anonime periferie metropolitane esiste una sorta di rispecchiamento esistenziale che ha portato il cineasta britannico ad essere uno dei narratori più lucidi e partecipi della sempre più numerosa popolazione subalterna e precaria che vive ai margini delle città. Questa è una delle ragioni per la quale, nel mese di settembre, il Centro di Cultura Ecologica di Roma di Casal dei Pazzi (periferia Est della capitale) e il V° Municipio hanno avuto la felice idea di organizzare una rassegna di film, ad ingresso gratuito, dedicata al regista inglese, che si è conclusa il giorno 21 con un incontro con il pubblico dal titolo Il cinema di denuncia sociale inglese, dal thatcherismo alla guerra in Iraq. Nonostante le minacce di pioggia, l’affluenza è quella delle occasioni importanti, a dimostrazione del fatto che quando l’offerta culturale è alta le persone rispondono e si muovono volentieri da casa. Un pubblico di oltre cinquecento persone ha riempito fino ai limiti estremi l’area antistante l’edificio del Centro Culturale Ecologico, facendo capire fin dalle prime domande rivolte a Loach di non essere lì per caso, o per semplice curiosità, ma di conoscere bene le storie che Loach ha raccontato negli ultimi venti anni della sua filmografia. A partire da L’agenda nascosta (Hidden Agenda) del 1990 sulla questione irlandese, film che ha consentito a Ken Loach di far vedere i suoi film anche al di fuori delle isole britanniche e che risulta essere ancora oggi uno dei film più significativi sul tema del rapporto tra informazione e potere.
Come era prevedibile, viste le numerose richieste di intervenire da parte del pubblico, l’incontro è durato più del previsto (circa due ore) durante il quale Ken Loach, opportunamente stimolato dal critico cinematografico Alessandro De Simone e supportato da un interprete, ha risposto puntualmente a tutte sollecitazioni del pubblico. Le domande arrivate dalla platea hanno riguardato ovviamente, trattandosi di Loach, non solo gli aspetti filmici, ma anche quelli tematici e contenutistici del suo cinema: dalla svolta conservatrice del governo Thatcher, alla crisi economica e finanziaria, al futuro dell’umanità. Ken Loach sembra convinto che il futuro prossimo, sempre che non ci sia un improvviso risveglio di conflittualità dei sindacati e di tutta la sinistra, si preannunci peggiore del passato. Tra le cause di un generale scadimento del tenore di vita delle popolazioni c’è sicuramente la scelta neo liberistica che in Inghilterra ha investito sia la destra conservatrice che la sinistra laburista e che ha portato nell’ultimo trentennio all’affermazione del privato a discapito del pubblico e alla quasi distruzione dello stato sociale. A peggiorare la situazione ci si mette anche la questione ecologica, la quale, se continua ad essere ignorata o, nel migliore dei casi sottovalutata dai governi, porterà inevitabilmente ad un peggioramento irreversibile delle condizioni del pianeta.
Domande più strettamente cinematografiche hanno riguardato poi questioni legate al rapporto tra sceneggiatura e regia, la scelta degli interpreti, le difficoltà produttive e distributive e il modo di superarle. Loach ha affermato di prendere in grande considerazione il lavoro di scrittura della sceneggiatura, parlando in particolare del suo felice rapporto professionale con due sceneggiatori; prima con Jim Allen, con il quale ha scritto alcuni film nella prima metà degli anni 90, successivamente con Paul Laverty; la cui collaborazione è iniziata con il film La canzone di Carla (Carla’s Song) del 1996 e continua tutt’ora. Riguardo poi alla necessità di promuovere un cinema libero dal sistema della grande distribuzione americana, Loach intravede due possibili soluzioni: una minimale, ed è quella di creare dei rapporti con le piccole case di distribuzione dei vari paesi europei e con le televisioni, in modo da riuscire a bucare il totalitarismo del mercato cinematografico e consentire l’uscita nelle sale di film indipendenti; l’altra, più radicale, è una politica di nazionalizzazione del cinema, allo stesso modo per quanto avviene in Inghilterra per il teatro.
Da molti anni nei paesi europei avviene ciò che non sarebbe accettabile in altri settori culturali, cioè una presenza quasi totale di film americani nei nostri cinema. È come se, aggiunge Loach, nelle librerie di questo paese si vendessero quasi esclusivamente libri di scrittori statunitensi. Un’ altra domanda, un po’ provocatoria, ha riguardato la visione che Ken Loach ha dei supporters delle squadre di calcio. “Come mai nei suoi film Tickets e Il mio amico Eric (Looking for Eric); i personaggi-tifosi sono portatori di valori positivi quali la solidarietà di classe, l’altruismo, e altri valori umani che contrastano totalmente con l’idea negativa che molte persone hanno dei tifosi italiani? Dovuta al fatto che essi spesso danno ampia dimostrazione, dentro e fuori lo stadio, di essere violenti e razzisti.” Ken Loach ha risposto che quella del tifoso violento e razzista spesso non corrisponde alla realtà, ma è soltanto una parziale e ristretta rappresentazione che ne danno i media. E, per chiudere la questione, ha gentilmente invitato la persona che ha fatto la domanda ad andare di più allo stadio.

In attesa di vedere nelle sale italiane il suo nuovo film, Route Irish, presentato al festival di Cannes nel maggio scorso, ci auguriamo che Ken Loach, come il suo collega Oliveira, continui a realizzare i suoi film in totale libertà creativa fino ai cento anni ed oltre, visto che, con la distruzione dello stato sociale, anche i registi, come tutti gli altri lavoratori, non avranno una pensione.


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