Incontro con Sophie Lellouche e Alice Taglioni: from Paris to Manhattan
Milano, 9 ottobre 2012
Sophie Lellouche e Alice Taglioni, rispettivamente regista e attrice protagonista di Paris-Manhattan, hanno incontrato la stampa italiana in occasione dell’anteprima milanese del film.
La pellicola è ricca di omaggi e citazioni alleniane. In che modo avete avuto la possibilità di utilizzare questi materiali?
Sophie Lellouche: Con Allen si è instaurato da subito un ottimo rapporto. È stato molto disponibile, ma i diritti dei suoi film sono stati ceduti a importanti case di produzione statunitensi. Si è trattato soltanto di trovare un buon accordo economico. Per il resto ha offerto il suo contributo gratuito al progetto, in segno di amicizia, prestandosi a doppiare nuovamente gli estratti delle pellicole che la protagonista (fan accanita del regista) guarda nel film.
Alice Taglioni: Purtroppo il mio incontro con Allen si è limitato a una stretta di mano. Sono contenta di avergli reso questo piccolo omaggio, una sorta di ringraziamento per quanto ci ha dato. È curioso che Patrick Bruel, che nel film dichiara di non aver mai visto un suo film, sia in realtà un grande estimatore del suo cinema. Io invece amo i suoi film, ma non come il mio personaggio (Alice). In ogni caso, ora sa che esisto e che faccio l’attrice. Mai dire mai.
Quanto c’è di autobiografico nella vicenda e nel personaggio di Alice?
S. L.: Considero Paris-Manhattan un’opera molto personale, ma non autobiografica. Come Alice nel film, da ragazza tendevo a preferire la vita sullo schermo all’esistenza reale. Da qui ho sviluppato l’idea che la protagonista si rivolga al poster di Allen, confondendo di continuo realtà e immaginazione. Quando avevo sedici o diciassette anni, anch’io sognavo di diventargli amica e di confrontarmi con lui.
A. T. : Mi considero una persona abbastanza realista, credo che la vita ci sorprenda più dei sogni. Però alla fine delle riprese penso di aver capito che cosa sta cercando l’Alice del film.
Nel film ci sono molte citazioni musicali e il protagonista maschile è un celebre cantante francese. Che ruolo ha avuto la musica nell’ideazione del progetto?
S. L.: Non si tratta tanto della musica in quanto tale. Apprezzo la musica jazz, ma non mi considero né un’intenditrice né un’appassionata. È il cinema di Allen che contiene in sé infiniti altri universi e che ti invita a scoprirli. È stato vedendo i suoi film che ho incominciato ad ascoltare musica jazz, a conoscere la letteratura russa o la poesia di Keats.
Come sono stati scelti gli attori?
S. L. : Desideravo lavorare con questa coppia. Alice possiede una bellezza singolare ed emana un’energia contagiosa. Più la guardavo muoversi sul set, più mi ricordava Mariel Hemingway in Manhattan. Patrick possiede il fascino e l’ironia adatti per il personaggio ed è stato un piacere averlo con me per il mio primo film.
Il contributo di Woody Allen vi ha facilitato in sede produttiva?
S. L.: In molti paesi c’è una certa diffidenza nei confronti di autori immediatamente identificati come “intellettuali”. In Russia, in Australia, in Polonia e in diversi altri Stati nei quali il film è stato acquistato si è preferito organizzare la campagna stampa come se Paris-Manhattan fosse puramente una commedia romantica, oscurandone il lato riflessivo-esistenziale. In generale poi è sempre molto difficile per un giovane realizzare un’opera prima. Sono riuscita a trovare i finanziamenti necessari essenzialmente perché ai potenziali produttori sono piaciuti i due attori principali.
Quali sono i vostri progetti futuri e quali i registi che amate?
S. L.: In questo momento sto scrivendo una nuova sceneggiatura. Amo molto registi italiani come Nanni Moretti, Federico Fellini o Ettore Scola, sul quale posso raccontarvi un aneddoto. Prima di iniziare le riprese, mentre aspettavo una risposta da Allen a proposito della possibilità che collaborasse con noi, ho guardato per due volte di seguito C’eravamo tanto amati. In un’intervista Scola ricorda il momento in cui chiese a Fellini e Mastroianni di apparire nel film. Quando ho sentito le parole di Scola ho avuto la certezza che anche Allen mi avrebbe detto di sì. Poche ore dopo l’ho incontrato per caso in una via di Parigi. In un certo senso il mio film è la dimostrazione che tutto può accadere.
A. T.: Dopo Paris-Manhattan ho lavorato in altre tre produzioni, fra cui ci sono una commedia e un film poliziesco. Mi piace imparare cose nuove e cambiare costantemente registro.