X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Interview (Conferenza stampa)

Pubblicato il 31 marzo 2008 da Carlo Dutto


Interview (Conferenza stampa)

Roma. Camicia e completo scuro, bianchissimo in volto, Steve Buscemi si intrattiene per qualche minuto con la stampa nel piccolo cinema Fandango di Roma. Il Mr. Pink di tarantiniana memoria parla di sé e del suo nuovo film in veste di regista-attore, Interview, passato al Festival di Berlino e al Sundance agli inizi dello scorso anno.

Oltre che attore, regista cinematografico e di serie televisive, ha alle spalle una lunga formazione teatrale,che, racconta l’aneddotica, si è sviluppata unitamente al suo impiego da vigile del fuoco…

E’ vero: nel periodo di anni tra il 1980 e il 1984 sono stato vigile del fuoco a New York. Nel mentre, facevo i miei passi nel mondo dello spettacolo nel Lower East Side, scrivendo e interpretando delle brevi pieces scritte con il mio amico Mark Boone Jr. Ci esibivamo dove capitava: nelle cantine delle chiese sconsacrate, negli auditorium scolastici adibiti a piccoli teatri, nei club. In quegli anni nell’East Village newyorchese si respirava l’aria dell’arte, del teatro,della cinema e della musica, erano i tempi in cui muovevano i primi passi registi come Tom Di Cillo e Jim Jarmush, che allora venivano a vedermi e che mi avrebbero poi scritturato per alcuni loro film.

Interview è prima di tutto un remake del film omonimo del regista olandese Theo Van Gogh, ucciso da un fondamentalista nel 2004. Lei ha qui lavorato con la troupe di Van Gogh e ha usato lo stesso approccio tecnico, con le riprese simultanee di 3 videocamere. Quasi uno stile televisivo. Che sensazione ha provato nel girare con queste premesse?

Mi ha molto colpito lo stile che aveva Van Gogh nel girare con 3 videocamere simultanee, ma maggiormente mi ha colpito la scelta di girare quasi tutto il suo materiale in sequenza, un procedimento molto raro nel cinema. Ho imparato moltissimo dal suo stile di regia: una sua peculiarità era quella di girare prima tutti i primi piani, mettendo l’attore in una situazione nuova di squilibrio. Nel metodo classico infatti prima si girano le scene d’insieme, quindi i piani medi e alla fine i primi piani, così l’attore può abituarsi lentamente alla scena. Ma Van Gogh così facendo sovvertiva lo stile. Girare con tre videocamere diverse ha permesso di coprire ogni scena da più punti di vista simultanei: direi che sia per me che per Sienna è stato un metodo liberatorio che ci ha permesso anche di improvvisare tranquillamente, sapendo che nessun aspetto della recitazione sarebbe andato perso. Questo stile ha reso il film simile a una rappresentazione teatrale piuttosto che un serial televisivo, dove sempre si usano varie videocamere,ma con un effetto diverso.

Ritiene il suo film un tributo a Theo Van Gogh?

Van Gogh avrebbe voluto girare lui stesso un remake del suo Interview negli Usa, con la stessa troupe ma la sua uccisione glielo ha impedito. Per me girarne il remake è stato si un tributo, ma io, che non ho mai conosciuto Van Gogh di persona, ho avuto verso il film un approccio più ‘puro’, io non intendo promuovere la sua filosofia, non sono un provocatore come lo era lui, ho solo voluto girare un film come più mi sarebbe piaciuto.

L’inizio di Interview ricorda, per i giornalisti, una scena già vista, che descrive il rito dell’intervista. Un rito troppo spesso codificato, che al contrario si esplica al suo meglio quando risulta difficile e originale…

Non posso, in presenza di giornalisti, essere troppo critico sul mondo dei media… Ma ero molto interessato nell’interpretare questa parte, vivendo per qualche giorno questo lavoro (Il personaggio nel film è un giornalista, ndr). Non intendevo fare una critica alla celebrità, anche se il film in sostanza ben la esprime. Ho voluto porre l’attenzione su come nasce un rapporto tra due persone, una relazione come tante altre che inizia con un disastro, ma che man mano si evolve fino a divenire un legame forte tra due persone che in poche ore hanno condiviso l’esperienza della propria vita. Il tutto in un susseguirsi di attrazione e repulsione reciproca.

Robert De Niro ha dichiarato che quando dirige altri attori, questi riescono a provare più fiducia verso il regista. Essendo un collega attore, può infatti meglio comprendere le loro esigenze. Accade questa maggiore empatia anche con lei quando dirige altri attori e, nello specifico, Sienna Miller ha in qualche modo ‘osato’ di più nella sua interpretazione, alla luce di quanto detto?

Per prima cosa: mai credere a un attore!! Seriamente, il mio approccio alla regia è legato profondamente alla recitazione. Qui, pur non conoscendo il precedente lavoro di Theo Van Gogh, ho lavorato con i membri della sua troupe e questi mi hanno detto che Theo amava molto gli attori con cui lavorava. Questa è stata anche la base di partenza della scelta dei produttori: volevano un regista capace di poter interagire con gli attori con un approccio più diretto. Il secondo episodio della trilogia infatti è stato affidato a un altro attore-regista, Stanley Tucci. E non è un caso che il mio regista preferito sia anche un attore, John Cassavetes. Nonostante questo, ho lavorato benissimo con registi che sanno perfettamente capire le esigenze degli attori, come i fratelli Coen, Jarmush e Di Cillo. Quando dirigo, do agli attori ciò che cerco io quando recito: bisogna creare un canale privilegiato di comunicazione e dare agli attori l’importanza del loro contributo di idee al film. Per quanto riguarda il mio approccio con Sienna, devo dire che lei ha riposto in me molta fiducia, anche grazie al fatto che, a fronte di 9 giorni di riprese totali, abbiamo potuto basarci su 10 giorni di prove precedenti, momenti in cui molte domande, dubbi e idee sono state esplorate prima di girare.

Quale importanza risiede nelle scelte della musica per i suoi film da regista?

Per me la musica è davvero importante in un film,spesso è quasi più importante la mancanza di musica in molte scene. Da regista non amo le scene in cui la colonna sonora mi ‘obbliga’ a provare una sensazione, un’emozione. La scelta delle musiche fa parte del divertimento della editing room, del momento di montaggio finale della pellicola. Ricordo per esempio che la lavorazione del mio primo film, Trees Lounge (tit.it. Mosche da bar, ndr.), è stata tutta ispirata dalla musica, ed è ascoltanto I understand degli Ink Spots che ho immaginato la scena di un signore solo, seduto in un bar ad ascoltare musica.

Katya, la protagonista interpretata da Sienna Miller ricorda molto alcune attrici di adesso, il cui alone da star è stato creato dal gossip e dalla televisione. L’informazione nel mondo dei media si è inchinata a questo tipo di etica basata sul vuoto dei contenuti: di chi è secondo lei la responsabilità, del pubblico o dei media?

Nelle televisioni di tutto il mondo ormai gli shows sono presenti 24 ore su 24, una enorme macchina, quella dei media, che deve in qualche modo essere nutrita, ma che allo stesso tempo non potrebbe esistere senza l’interesse del pubblico. Per quanto mi riguarda mi disconnetto da tutto questo, dai media statunitensi che parlano solo delle presidenziali di novembre e dal culto della celebrità. Da spettatore ho sempre la scelta a monte di cosa guardare e cosa no, mi basta questa libertà.

Nella sua carriera, ha mai avuto a che fare con una intervista-esperienza come quella descritta nel suo film?

Mai così allucinante! Una volta, però,dopo aver fatto una intervista telefonica per una rivista inglese, andai a leggere l’articolo….leggendolo, sembrava che l’incontro con il giornalista fosse avvenuto al bar e che durante la conversazione fosse passato Tim Roth per fare due chiacchiere. Un evento avvenuto anni prima che il giornalista ha riciclato per rendere più interessante l’intervista, oltre all’aggiunta di un linguaggio colorito che non ho mai usato!


Enregistrer au format PDF