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Intervista a Isabella Rossellini

Pubblicato il 18 febbraio 2011 da Antonio Valerio Spera


Intervista a Isabella Rossellini

Abbiamo incontrato Isabella Rosselini al quarto piano del Berlinale Palast. Con l’eleganza, il fascino e la gentilezza che da sempre la contraddistinguono, ci ha parlato della sua esperienza come presidente della Giuria, dei suoi gusti cinematografici e della sua ultima fatica come attrice, Late Bloomers, presentato proprio qui alla Berlinale nella sezione Berlinale Special.

Isabella Rossellini, sono anni ormai che se ne parla, ma come commenta lei l’assenza di film italiani qui alla Berlinale?

Forse è qualche anno che non ci sono film italiani in concorso. Ma dimenticate che io anche sono italiana e sono venuta alla Berlinale ben sei volte, perché non mi contate mai? Sono venuta con un film olandese, Left Luggage, con il quale ho avuto una menzione, con il film di Peter Weir Fearless, poi con una pellicola di Guy Maddin, che era in parte film, in parte orchestra dal vivo, anche con rumoristi, ed io facevo dialoghi e narrazione dal vivo. Poi sono venuta anche con il documentario su mio padre, Mio padre ha cent’anni, e alla fine due anni fa con la mia serie Green porno. Ora invece sono qui oltre che come Presidente di Giuria anche con il film Late Bloomers.

Cosa ci può dire di questo film?

La regista è la figlia di Costa Gavras, Julie Gavras, quindi siamo entrambi di seconda generazione. E’ il secondo film di Julie. Julie non ce l’ha fatto ancora vedere, ma credo sia un film molto carino. Parla di una coppia che sta per avere una sessantina d’anni. E’ una commedia, mio marito è William Hurt. La coppia è un argomento abusato nel cinema, ma qui però si parla di una coppia di 60 anni, non di trentenni o ventenni. E’ una commedia sull’età. L’abbiamo girato a Londra e in inglese. Ed il film cerca anche di raccontare le nuove famiglie ibride, multiculturali. So che l’hanno comprato in Spagna, in Germania, in Australia, che lo stanno per vendere in America, ma non so se è stato già acquistato in Italia.

Com’è essere figli d’arte, soprattutto quando i genitori sono artisti così importanti come i suoi?

E’ un vantaggio perché sin da piccola stai sui set, e certe cose è più facile capirle sui set che a scuola. Lo svantaggio è di tipo psicologico: ci si sente la responsabilità di dover far bene e di dover far subito bene. E poi c’è il terrore del giudizio dei genitori. Pensate che ieri ho incontrato qui a Berlino Costa Gavras e gli ho chiesto se gli era piaciuto il film di Julie. E lui mi ha risposto: Ancora non ce l’ha fatto vedere!

Che rapporto ha con l’età? Molte attrici si lamentano che invecchiando lavorano di meno...

Abbastanza sereno. Non è che sono felicissima, perché comunque rimane il dispiacere di perdere la bellezza classica. Ma diciamo che non avrei potuto fare la regia se non fossi invecchiata. Da vecchia fai quello che vuoi. Da giovane devi rispondere a tante cose. Da vecchi, uno fa solo quello che vuole. Ora io faccio quello che mi piace. Può sembrare un discorso da viziata ma non è così. Io ho fatto la mia carriera e sinceramente potrei anche smettere di lavorare. Ma non voglio smettere, e faccio solo quello che mi piace. Pensate ai film di Guy Maddin. Lui fa dei film stranissimi, molto particolari, film per un pubblico molto ristretto. Potrebbero essere proiettati nei musei. Ora mi va di farli e posso farli. Prima non avrei potuto.

Ha subito accettato l’incarico di Presidente di giuria?

Io ho sempre detto di no quando mi hanno invitato in giurie festivaliere, soprattutto perché avevo i figli piccoli. Ma ora che sono cresciuti e che Dieter mi ha chiamato con la prospettiva della presidenza qui a Berlino non ho resistito e ho accettato molto volentieri. Quello che non mi aspettavo del lavoro di giurata è che vedere due-tre film al giorno e discuterne con altri cineasti avesse anche una dimensione didattica. Sono dieci giorni di vero cinema perché c’è una discussione. I festival stanno cambiando. Sono diventati, da mercati in cui si vendono i film, eventi culturali. C’è una vera curiosità di vedere film fuori dal circuito commerciale. Nel cinema di oggi vede dei film coraggiosi, che osano anche formalmente oppure denota una conformità di immagini? Qui a Berlino ho visto molti film ed ho trovato una miriade di stili differenti. Il cinema è diventato tante cose oggi. A volte videoarte e narrazione classica si fondono ad esempio, a volte ci sono film senza nessuna narrazione che eppure sono visivamente unici e affascinanti.

Suo padre quando fu presidente di giuria a Cannes si batté molto per la vittoria dei Taviani, lei qui si batterà per qualche film in particolare? O comunque, per quale genere di film si batterebbe?

La domanda è troppo specifica. Non posso dire niente sui film in concorso. Comunque non ho un “tipo” di film preferito, anche perché molte volte il film è così originale ed innovativo che prima di entrare in sala neanche posso aspettarmi che mi meravigli. Qui al festival ho visto Pina di Wim Wenders. In quel film il 3D è usato come uno strumento poetico. E’ molto difficile fotografare la danza. Non ho mai visto il balletto fotografato così bene, in maniera così spettacolare. Pina è un capolavoro.

Prossimi progetti?

Ho fatto un film per Discovery dal titolo Gli animali mi distraggono. Poi quest’anno come sapete ho fatto due film, La solitudine dei numeri primi e il film di Guy Maddin. E poi ho recitato anche nel prossimo film di Marjane Satrapi.

Jafar Panahi non è con voi in Giuria, purtroppo…

Sinceramente ci ho sperato fino all’ultimo, ma alla fine non abbiamo avuto Jafar e questo ci ha stupefatto. Trovo assurdo che un regista tanto apprezzato non possa più esercitare la sua libertà creativa. Speravamo tutti in una sentenza più clemente. In ogni caso so che lui lotterà fino in fondo. Ci ha inviato una lettera che ho letto in apertura della Berlinale in cui ha scritto: Mi potete togliere tutto ma non l’immaginazione.


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