Intervista a Ricci-Forte

Il 25 giugno Still life, in cui si denuncia dell’ipocrisia sociale come causa di molte violenze contro la diversità. La performance è dedicata a Davide il ragazzo romano omosessuale che si è tolto la vita a 15 anni perché veniva deriso dai compagni di scuola.
In occasione dello spettacolo abbiamo intervistato Stefano Ricci durante una calda giornata di prove all’Argentina.
C’è uno strano silenzio e le uniche voci che si odono, sono quelle degli attori in pausa che gli chiacchierano sommessamente.
Decidiamo di procedere con l’intervista sulle scale, come esci trovassimo sulle rampe di una scuola e non di un grande teatro europeo.
Come si inserisce lo spettacolo all’interno della rassegna Garofano Verde?
A differenza del passato lo spettacolosi terrà in un ambiente insolito, in un teatro borghese per eccellenza; credo che sia un segno di apertura nei nostri confronti.
Potrebbe essere indicativo della curiosità per il nostro lavoro e l’occasione in cui il teatro del passato, simbolo della memoria possa incontrarsi con il futuro.
Da Grimless ad oggi ci sono state delle evoluzioni?
Da Imitation-Death ci sono state delle evoluzioni, non c’è piu una sorta di crudeltà forzata, dove il dell’attore veniva messo a dura prova, ora invece l’attenzione si sposta al tema centrale della vita come scuola.
Pensate di essere riusciti a scuotere le coscienze degli spettatori con i vostri spettacoli?
È iniziato tutto 4 anni fá; facemmo assieme a Rodolfo Di Giammarco, una rassegna sui romanzieri, scegliemmo come autore Dennis Cooper.
Nato come esperimento poi divenne un successo nel mondo.
Da questo progetto nacque poi una collaborazione successiva che ha portato all’attuale lavoro in cui il tema principale era il delitto, espresso anche sotto forma di suicidio.
Esprimiamo attraverso questo progetto una riflessione anche su noi, intesi come Ensemble.
Negli ultimi anni infatti abbiamo notato che il teatro di ricerca non ci perdona di essere arrivati al pubblico; ciò che ci interessa è comprendere il motivo della fobia nei confronti della fantasia, dell’essere fuori dagli schemi.
Un esempio che ci sta a cuore sono i teen ager a scuola e le situazioni di incomprensibile emarginazione, legata non solo al fattore identitario (estetica o modi di comportarsi).
L’Argentina rappresenta secondo me l’espressione più forte del nostro teatro nei confronti di una popolazione molto più vasta; Lavia ha infatti accettato di far portare in scena uno spettacolo visionario completamente differente dalla tipologia presente nel loro cartellone.
La sciarpa rosa, simbolo del suicidio e della morte di giovani adolescenti diventa così uno spunto per aprire la strada ad un caso socialmente pericoloso, che si manifesta sempre più spesso a causa dell’assenza di valori: non possiamo fare i diplomatici come fa lo stato e vivere i nostri giorni in assenza di responsabilità.
Il nostro obiettivo è una confluenza emotiva, che sappia coinvolgere tutti, dimostrando la nocività della tendenza sociale di voler allineare e decodificare tutto, in questo senso quindi abbiamo bisogno della fantasia, l’unica modalità non violenta e universale.
Che tipo di attore prediligete per i vostri spettacoli?
Un attore provvisto di cuore e che accompagni questa sua umanità al rigore professionale, rendendolo perfetto per il tipo di lavoro che solitamente facciamo.
La nostra tendenza è distruggere e riformare un bravo attore, visto che spesso troviamo la chiave d’accesso a luoghi inesplorati delle loro personalità e capacità.
In Italia spesso gli attori si nascondono dietro ad un personaggio, mentre per noi è importante ciò che si sente.
Ricci-Forte continuerà a girare il mondo con l’altro loro lavoro Imitation of Death che sarà in scena il 2 settembre a Parigi.
Mentre sarà in scena i primi di novembre con Furioso cento per cento a Mosca, spettacolo frutto di un laboratorio tenutosi con studenti-attori russi.

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