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Io, Don Giovanni

Pubblicato il 23 ottobre 2009 da Lorenzo Vincenti


Io, Don Giovanni

Presentato in anteprima durante la quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, l’Io, Don Giovanni firmato dal maestro spagnolo Carlos Saura si appresta a conquistare i favori del pubblico italiano grazie ad una ottima campagna pubblicitaria. Immaginare come verrà accolto questo film dall’opinione pubblica è però cosa assai ardua e difficile da pronosticare. Siamo certi solo del fatto che esso non lascerà indifferenti i suoi spettatori e che dividerà il giudizio tra favorevoli e contrari. Tra chi, cioè, nutrirà dubbi sulla consistenza dell’opera, sulla sua effettiva capacità di restituire un periodo storico ben preciso, sulla veridicità di quanto raccontato e sulla concreta efficacia della rappresentazione orchestrata dal regista spagnolo e chi invece riterrà giusto accogliere tale film come un’operazione culturale di altissimo profilo, degna della storia che racconta e della grandissima opera lirica presa a pretesto da Saura. In previsione di questo avvincente scontro tra fazioni, una resa dei conti costruttiva e appassionante tra opinioni differenti, non ci resta che analizzare tale operazione per metterne in mostra i punti deboli e i pregi più evidenti. Nel far ciò ci sembra giusto partire dalla corposità di un progetto di questo tipo, apparso sul red carpet romano appena prima della sua uscita e dopo una gestazione che ha coinvolto due paesi (Spagna e Italia) e un numero elevato di persone e personalità differenti (sia fisiche che giuridiche). Primo fra tutti Vittorio Storaro la cui inconfondibile firma elegante torna, dopo qualche anno, a marchiare un’opera cinematografica vera e propria (l’ultimo suo lavoro risale al 2006, quando prestò la sua arte al Caravaggio televisivo di Longoni) donandole al contempo unicità e spessore. Su di essa, infatti, sulla sua forza immensa, sulle suggestioni delle sue luci, dei suoi chiaroscuri, dei suoi colori, sulla elegante composizione dei quadri conchiusi tra i confini dell’immagine poggia l’intera e primaria essenza di un’opera pretenziosa come Io, Don Giovanni. Storaro è come al solito mirabile nel saper dare una forte connotazione all’impostazione visiva impartita da Saura e nel saper tradurre visivamente i suggerimenti provenienti da un catalogo artistico d’epoca dal quale egli attinge a piene mani. I momenti più alti dell’opera sono proprio quelli in cui l’eleganza del tocco del cinematographer italiano viene fuori in tutto il suo splendore creando fascinazione nello spettatore e contribuendo a raggiungere addirittura momenti di estasi pura negli istanti in cui essa entra in contatto con l’intenso strato sonoro di impronta mozartiana rielaborato per l’occasione dal maestro Nicola Tescari. L’operazione di Io, Don Giovanni corrisponde quindi a qualcosa di assolutamente grandioso, sontuoso, che mira a stupire per la sua forma elegante e vistosa, per le sue importanti doti visive e per la sua messa in scena rigorosa. Saura addirittura tenta anche di sorprendere attraverso l’appeal di una storia lontana nel tempo che a dispetto di una certa ripetitività del contesto e dei temi, prova quantomeno a spiazzare il pubblico attraverso la scelta di entrare sul tema principale (quello della nascita del Don Giovanni) passando dalla porta secondaria. Ossia assumendo come punto di vista principale quello di Lorenzo Da Ponte, sacerdote veneziano messo al bando dall’Inquisizione per i suoi istinti libertini e costretto all’esilio nella Vienna imperiale, città dell’arte di Salieri e Mozart, in cui le innate doti da paroliere del Da Ponte si rivelarono all’epoca particolarmente fruttuose. Specie se messe al servizio del talento di Wolfgang, con il quale Lorenzo in breve tempo ebbe l’opportunità di instaurare un rapporto di collaborazione che portò entrambi a completare nel 1787 la nuova versione del Don Giovanni, direttamente ispirata agli amori e alla redenzione morale vissuta dallo stesso Da Ponte. La storia in certe parti tiene bene, interessa lo spettatore salvo poi deflagrare in molte altre a causa dell’assenza di basi forti e stabili. Come una sceneggiatura all’altezza del progetto, ad esempio, la cui assenza si riverbera nei dialoghi stancanti e ripetitivi, nella scarsa inventiva e soprattutto nella mancanza di intraprendenza dell’intera opera. Troppo succube dei suoi virtuosismi e delle sue allegorie per avere l’agilità e la freschezza a cui dovrebbero aspirare soggetti di questo tipo e troppo incline ad un romanticismo televisivo, molto facile e diretto per essere in grado di cogliere realmente l’imponenza di un’opera come Don Giovanni, il film di Saura si perde abbastanza rapidamente nell’anonimato, scorrendo via senza intoppi ma anche senza lasciare segni vistosi del proprio passaggio. Sarebbe ingeneroso a questo punto fare riferimenti nei confronti, ad esempio, di un’opera affine per stile e impostazione come Amadeus, sarebbe quasi irriverente ricordare il lavoro realizzato da Forman in quell’occasione e pensare a quello farraginoso del poco ispirato Carlos Saura. Per questo passiamo oltre e ci limitiamo a ribadire con forza che la nascita, la crescita e la chiusura di un’opera come Don Giovanni avrebbe meritato un approccio diverso da quello compassato visibile sullo schermo, qualcosa di più aulico del contrappunto mieloso giocato sui volti purtroppo passivi e anonimi dei vari Balducci, Guanciale, Verginelli, Moretti, sulla seppur bella impostazione visiva di Storaro o sulla scialba e agonizzante narrazione che con il passare dei minuti comincia a trascinarsi, sino ad arrivare a toccare a metà opera le sponde della superficialità e della noia. Direttamente proporzionale a queste ultime due cresce sul finale anche il rammarico. Un rammarico forte nei confronti del film di Saura e nei confronti del trattamento da egli riservato al cinema e all’opera stessa. Meritevoli di un rispetto maggiore di quello adoperato dal suo Io, Don Giovanni.


CAST & CREDITS

(Io, Don Giovanni) Regia: Carlos Saura; soggetto: Raffaello Uboldi; sceneggiatura: Carlos Saura, Raffaello Uboldi, Alessandro Vallini; fotografia: Vittorio Storaro; montaggio: Julia Juaniz; musiche: Nicola Tescari; scenografia: Paola Bizzarri, Luis Ramirez; costumi: Marina Roberti, Birgitt Hutter; interpreti: Lorenzo Balducci, Lino Guanciale, Emilia Verginelli, Tobias Moretti, Ennio Fantastichini, Ketevan Kemolidze, Francesca Inaudi; produzione: Intervenciones Novo Film 2006, Aie., Radio Plus, Edelweiss Production; distribuzione: Lucky Red; origine: Spagna, Italia; durata: 115’.


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