Io non ci casco

Se esistesse un filone cinematografico – generazionale dei “buoni sentimenti a tutti i costi”, Io non ci casco di Pasquale Falcone ne farebbe parte di diritto. Marco, liceale diciassettenne, viene investito in motorino da un pirata della strada e finisce in coma. Genitori separati si ritrovano al suo capezzale insieme alla classe al completo con professoressa mecenate, medico finto burbero fan degli Alunni del Sole, fidanzatina incinta e DJ di fama internazionale, tutti a tentare di farlo risvegliare tempestandolo di luoghi comuni. Un bel frullato di bontà e retorica che la Medusa distribuisce sul territorio nazionale. Falcone è alla sua opera seconda. La prima, Lista civica di provocazione San Gennaro votaci tu, non era male, anzi faceva sperare in una maturazione migliore verso una commedia intelligente. Purtroppo per ora è tutto rimandato. Il povero Marco, sdraiato sul letto d’ospedale per quasi tutto il film, subisce le visite continue dei suoi compagni di scuola, ognuno dei quali rappresenta uno stereotipo della gioventù del 2000, tutta cellulari e musica house, famiglie problematiche e tormento interiore. Il ragazzo, bello, bravo, intelligente e sfortunato, viene investito da una scarica di dolcezza e compassione che gli interpreti non sono in grado di far sembrare naturale e che per questo, più che altro, è fastidiosa. La più brava è sicuramente Rosaria de Cicco, unica attrice vera (Casagrande ha un ruolo troppo marginale per essere giudicato) impegnata a mettere in scena il dolore incomprensibile e violento di una madre disperata. Ma tutto attorno è buio pesto. I ragazzi parlano con frasi fatte, gli adulti si relazionano tra loro con facce inespressive o iper-espressive, le tematiche che il regista appiccica insieme sono trattate superficialmente e risolte sempre con un sorriso e una pacca sulla spalla. C’è la questione pirati della strada, che riempie le cronache quotidiane, c’è il rapporto dei giovani con la cultura, c’è un accenno alla qualità della scuola italiana e degli insegnanti che avanzano coi paraocchi solo intenti a finire il programma e non a valorizzare gli studenti, c’è la necessità di restare giovani dentro almeno un po’, c’è la coppia in crisi, ci sono la maternità e l’aborto, c’è l’eutanasia. C’è un po’ troppa carne al fuoco e qualche pezzo (se non tutti) rimane, per forza di cose, troppo rosa all’interno. Falcone poi, per i suoi personaggi, sceglie in ogni caso la strada della soluzione più giusta: la ragazza di Marco che aspetta un figlio da lui è sull’orlo del suicidio, ma alla fine chiude la finestra e decide di tenere il bambino; i genitori separati tornano insieme; i compagni di scuola dedicano la festa di fine anno all’amico in coma ed è un successone; il DJ Coccoluto va a chiacchierare di vita e di morte con il malato; il medico chiude un occhio sui party in ospedale; la caposala Cucinotta è più dolce di una pastiera napoletana; l’amico turbato che vuol staccare la spina per mettere fine alle sofferenze viene fermato all’ultimo secondo dall’amico fraterno in una apoteosi di musica strappalacrime e mani che si stringono piene di speranza. Qualcuno dica al regista che nella vita non va mai tutto così bene. Alla fine si aspetta soltanto il risveglio di Marco, che però non arriva. E forse questa, nella dinamica del film, è l’unica scelta che davvero funziona.
(Io non ci casco); Regia e sceneggiatura: Pasquale Falcone; fotografia: Antonello Emidi; montaggio: Gianluca Vatore; musica: Federico Landini, Claudio Coccoluto, Giovanna Cucinotta, Marco Randazzo; interpreti: Maurizio Casagrande (Dott. Baldi), Mariagrazia Cucinotta (Infermiera caposala), Rosaria de Cicco (Lorenza), Pasquale Falcone (Franco), Paolo Albano (Marco); produzione: Giallolimone Movie e Italian Dream Factory; distribuzione: Medusa; origine: Italia, 2008; durata: 100’.
