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Io sono l’amore

Pubblicato il 21 marzo 2010 da Antonio Valerio Spera


Io sono l'amore

Una tragedia familiare, una storia di relazioni e di affetti, un racconto borghese di amori intrecciati. Tutto ciò è Io sono l’amore di Luca Guadagnino; eppure tali definizioni ci sembrano riduttive per descrivere questa pellicola. Mettendo da parte ogni prevenzione nei confronti di un regista che indubbiamente ha deluso e non poco con la sua precedente opera, Melissa P., è doveroso andare oltre semplici e schematici giudizi. Io sono l’amore infatti meriterebbe un ulteriore visione per essere compreso ed apprezzato fino in fondo. E’ un film sì imperfetto e forse troppo lungo, ma risulta indubbiamente complesso, sia dal punto di vista della costruzione visiva sia nella sua natura semantica.
Sin dai titoli di testa si presenta come un’opera dal respiro classico, come un dramma di altri tempi. Nel paesaggio invernale di una Milano innevata ci viene mostrata una famiglia borghese nell’intimità delle mura della sua splendida villa: una vita di lusso e di ricchezza che, dietro un’obbligata facciata di felicità ed unione affettiva, cela problematiche, rancori, insicurezza, confusione. Il nucleo familiare descritto dal regista, con i suoi sentimenti contenuti e le sue abitudini di convenzione, rispecchia su di sé il clima freddo che domina sul capoluogo lombardo. Questa corrispettività tra ambientazione e psicologie dei personaggi (raggiunta anche grazie all’ottima fotografia di Yorick Le Saux) è una cifra presente in tutta la pellicola. La casa, infatti, con la sua architettura perfetta ma priva di ogni tipo di calore ospitale rimane per tutta la narrazione il luogo del non detto, delle verità nascoste, degli affetti finiti. Essa rappresenta un microcosmo di dolore, uno spazio vitale in cui le relazioni si perdono, in cui i componenti della famiglia Recchi si inseguono senza mai veramente incontrarsi. La vera vita dei personaggi è al di fuori di essa, in campagne assolate, in prati verdi, nelle strade della città. Solo superate le mura domestiche, infatti, essi riescono ad essere se stessi, a mostrare la loro verità interiore, a provare realmente una forte sensazione di felicità.
Questa corrispondenza tra colore e clima dell’ambientazione ed interiorità dei personaggi è solo uno degli elementi che ci permette di considerare Io sono l’amore un film che va oltre la semplice narrazione visiva di una tragedia familiare. Guadagnino realizza un’opera di atmosfere, di chiaroscuri emozionali. Si tratta di un film che fonde al suo interno la tragedia classica, il Kammerspiel, un certo cinema di una volta (dall’espressionismo al realismo poetico).
Sia ben chiaro, però: con ciò non vogliamo esaltare eccessivamente questo lavoro. Con queste considerazioni vogliamo semplicemente scavare nel profondo di quest’opera, cercarne concretamente un significato artistico ed anche – vorremmo dire soprattutto - rispondere ai fischi in sala alla fine della proiezione alla Mostra di Venezia.
E’ inutile fermarsi a questi affrettati ed inutili giudizi sul film. Senza dubbio l’opera presenta alcuni evidenti aspetti non pienamente riusciti - dall’eccessiva durata ad alcune sequenze veramente vuote ed inespressive - ma nel complesso è un film difficile e complesso che sale pian piano nello stomaco e nella mente. Luca Guadagnino, pur perdendosi in alcuni evitabili esercizi di stile in cui tenta, esagerando, di dimostrare le sue doti registiche, ci lascia uno stile avvolgente ed elegante, dialogando sontuosamente con le architetture della scenografia, ed una storia di forti sentimenti strozzati. In più, non possono passare inosservate le interpretazioni degli attori: Tilda Swinton, con un italiano impeccabile, tratteggia il suo ruolo di madre dolorosa e di madre adultera; Edoardo Gabbriellini brilla per naturalezza ed espressività; Alba Rohrwacher, nel suo timido silenzio, regala una performance quanto mai intensa.
Ognuno è libero di fischiare e di urlare ciò che vuole, ma noi in Io sono l’amore abbiamo ritrovato il coraggio del cinema italiano, il desiderio di esprimere un’arte personale, la volontà di portare il nostro cinema fuori dai soliti confini. Sicuramente manca ancora un pizzico di maturità ma, ne siamo certi, essa arriverà col tempo.


CAST & CREDITS

(Io sono l’amore) Regia: Luca Guadagnino; sceneggiatura: Luca Guadagnino, Barbara Alberti, Ivan Cotroneo, Walter Fasano; fotografia: Yorick Le Saux; montaggio: Walter Fasano; musica: John Adams; interpreti: Tilda Swinton, Pippo Delbono, Edoardo Gabbriellini, Diane Fleri, Gabriele Ferzetti, Flavio Parenti, Alba Rohrwacher; produzione: First Sun; distribuzione: Mikado Film; origine: Italia; durata: 120‘.


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