Jesus Henry Christ
Le famiglie disastrate sono uno dei temi preferiti del cinema indie americano, di cui l’attrice australiana Toni Collette è una delle muse indiscusse.
Tratto da un cortometraggio dallo stesso nome e dello stesso regista, Dennis Lee, Jesus Henry Christ è una parabola psichedelica sulla strada da percorrere per (ri)trovare il senso della famiglia all’interno di un nucleo di persone completamente diverso rispetto ai canoni tradizionali della famiglia classica. Innanzitutto non c’è un padre, in quanto Henry Herman è nato dall’inseminazione artificiale. Ma anche la famiglia della madre, Patricia (Toni Collette), non offre un punto di riferimento solido: sgangherata, decimata da svariati lutti e con un capofamiglia sui generis, il nonno Stan (Frank Moore).
Il piccolo Henry ha però l’ulteriore e fondamentale caratteristica di essere un genio: parla da quando è nato e all’età di dieci anni può già iscriversi all’università, dato che è più preparato della maggior parte degli studenti adulti. Henry, infatti, non dimentica mai niente. Lungi dall’essere una condizione ideale, questa sua estrema intelligenza lo porta a doversi confrontare con situazioni e problematiche che non si addicono alla sua tenera età. La sua vita e quella della madre cambieranno però quando faranno il loro incontro con il “padre in provetta” di Henry, il dottor O’Hara (Micheal Sheen), che insegna all’università di Henry, e la figlia Audrey (che va alle medie); anch’essi famiglia atipica e “pericolante”.
Jesus Henry Christ è una commedia dai risvolti neri che, sulla falsariga di Little Miss Sunshine di Jonathan Dayton e Valerie Faris (protagonista ancora una volta Toni Collette nel ruolo della madre), si diverte ad affrescare l’anormalità rispetto ai canoni per farne in fondo un’apologia; per offrire uno sguardo divertito sulla “condanna” e la bellezza di essere diversi.
Tutto attraversato da uno stile rocambolesco, volutamente artefatto – i colori quasi da cartoon, il montaggio a tratti concitatissimo, i flashback surreali eccetera – il film di Dennis Lee offre appunto una buona esperienza visiva, oltre che qualche momento di divertimento.
Se però Little Miss Sunshine aveva una radice realistica e si svolgeva sullo sfondo cupo di un’aberrazione come quello dei concorsi di bellezza per bambine, portando così lo spettatore ad interrogarsi anche su ciò che viene considerato “normale”, il gusto per l’astrazione radicale che prende da subito piede in Jesus Henry Christ porta il film a perdersi in innumerevoli divagazioni inconcludenti, ma soprattutto a non avere una trama forte, strutturata e soprattutto motivata, che coinvolga lo spettatore e abbia qualcosa da comunicargli.
La storia, pur piacevole, desta il sospetto di essere un puro pretesto per le trovate visive; una trama a cui vengono aggiunti e tolti tasselli sulla base di ciò che il regista pensava di poter mostrare in maniera originale. Mentre la solidità di una storia – a cui non si chiedono messaggi morali ma compiutezza e spessore – è la garanzia prima della sua bellezza.
(Jesus Henry Christ) Regia: Dennis Lee; sceneggiatura: Dennis Lee; fotografia: Daniel Moder; montaggio: Joan Sobel ; musica: Simon Taufique, David Torn; scenografia: Robert Pearson; interpreti: Toni Collette (Patricia), Michael Sheen (Slavkin O’Hara), Jason Spevack (Henry), Samantha Weinstein (Audrey); produzione: Red Om Films; origine: Stati Uniti; durata: 91’.