L’uomo che uccise Jesse James. Così dovrebbe intitolarsi, più propriamente, questo mesto western incentrato piuttosto sull’interessante figura del "codardo" uccisore del celeberrimo fuorilegge del West, l’unico americano famoso all’epoca in Europa assieme a Mark Twain, come viene detto nel film. Il preteso protagonista Brad Pitt, su cui ha giocato il polverone mediatico destinato a gettare fumo negli occhi dello spettatore, ha la sua gloria: ma le luci e le molte ombre della pellicola del bravo Andrew Dominik si appuntano piuttosto sul suo uccisore, ruolo sbozzato efficacemente dal giovane Casey Afflek.
Una fotografia "pulviscolare" mette in scena la vicenda di un manipolo di personaggi smaccatamente westerner. Banditi, assassini che assurgono al ruolo di eroi nazionali e loro giustizieri "senza onore né gloria": tutti sullo stesso palcoscenico crepuscolare, a recitare ruoli ingrati. Il tono del racconto è cupo e livido e gli esiti di grande sapienza formale e maturità d’eloquio. Ancora una volta il western adempie al meglio al suo ruolo più congeniale: fungere da autentica cartina al tornasole per spiare stati d’animo di un intero Paese, interrogandosi sulla morale che lo sostiene, vagliando i controversi miti che, di volta in volta, si sceglie.
Respiro dilatato, musiche epiche e insieme nostalgiche, concorrono a saturare di senso ciascuna delle affascinanti inquadrature di questa notevole elegia cinematografica, spogliata di qualsivoglia retorica (si veda il violento sobbalzo che accompagna le molte uccisioni del film). Ciò che rende ancora più apprezzabile il lungometraggio dell’americano Dominik e gli consente di surclassare l’ancora troppo osannato connazionale Paul Haggis. Polveri e altari che si susseguono secondo alterne fortune anche per le famiglie amiche-rivali del film: i tre fratelli James e i quattro fratelli Ford, dai destini speculari, come nota a più riprese lo stesso Bob.

Con alcuni segmenti narrativi altamente evocativi, che sembrano quasi "carpiti" segretamente alle splendenti ballate I Cancelli del Cielo e I Giorni del Cielo, il film è impreziosito pure dalle notevoli interpretazioni di tutti i suoi protagonisti. Un cattivo e un poco imbolsito, "quinlaniano" quasi, Brad Pitt (forse, a dirla tutta, in alcuni tratti troppo caricato) e la vera e propria sorpresa Casey Affleck, fratelllino del più noto Ben, che dota il suo personaggio di una gamma impressionante di sfumature, passando negli anni, ad altri toni, altri "colori" interpretativi, con maestria da professionista consumato. Un riconoscimento a lui non sorprenderebbe affatto, come invece avvenne l’anno scorso per il "fratellone".
Il fluviale western di Dominik è un film che cresce in corsa e che regala una mezz’ora (almeno) finale d’alta scuola. Non tutto, dentro, è sempre all’altezza del suggestivo incipit e della vibrante chiusa. Ma i 155’ minuti densissimi di The Assassination offrono alcuni momenti da brivido. Almeno per gli amanti del "good old western".