L’Equilibrio
Non so se la storia de L’equilibrio, sia vera o frutto della fantasia di Vincenzo Marra. Quello che è certo è che è verosimile, che può essere accaduta, che può stare accadendo o che potrà accadere domani. Non importa nemmeno se sia ambientata in un paesino campano, nella periferia romana, al Cep di Bari. Quello che è certo è che si tratta di una qualsiasi periferia degradata. In questo luogo e in questo tempo Vincenzo Marra si lascia andare sul limine dove vero e falso si confondono. Dove non esiste più né il vero né il falso: “Molte delle situazioni incredibili mostrate nel film - dice il regista -, all’improvviso apparivano reali davanti ai miei occhi. Il dovermi confrontare giorno per giorno, con territori di confine, pieni di contraddizioni, di dolore, di vita e di morte, l’aver conosciuto e aver stretto rapporti con i sacerdoti di quella zona, ma soprattutto aver toccato con mano realtà inimmaginabili, impossibili da riprendere con l’occhio invadente della telecamera del documentario, mi ha portato a cambiare l’angolatura, avrei dovuto fare un film di finzione. Così è nato L’Equilibrio sull’idea di uno scontro ideologico e spirituale di due sacerdoti che vivono il loro percorso in modo diverso“.
La storia narra di Giuseppe, ex missionario in Africa, che chiede di essere trasferito in un piccolo paesino, nel napoletano, funestato da una malavita incattivita e fortemente connessa con il territorio. Viene introdotto da Don Antonio, prete dal grande carisma, impegnato nella lotta contro il sotterramento illegittimo dei rifiuti, in procinto di andare a Roma.
E mentre Don Antonio pur di fare del bene, cerca un compromesso con la malavita, e riesce a trovare un equilibrio, Giuseppe, “che non teme, non ha paura e non vuole chiudere gli occhi” è disequilibrato e affronta il male a muso duro. Simbolo del degrado è la capretta del boss, che razzola indisturbata nel campetto di calcio della Chiesa, campetto chiuso con un lucchetto per impedire improvvide fughe, ma così impedendo ai bambini di giocare. Don Antonio accettava la presenza della capretta, Giuseppe, al contrario, libera l’animale, restituisce il campetto ai bambini, cerca di instaurare nella comunità il senso di giustizia.
Così come rigorosa e con poche sfaccettature e artifizi è la regia di Marra, così rigorosi e senza cedere ai compromessi sono da sempre i suoi personaggi: sia quelli che abitano nei suoi film di finzione (tra gli altri, il Marco de La prima luce, o all’opposto il Filippo Costa de L’ora di punta) sia i protagonisti dei documentari (i tifosi del Napoli, l’amministratore, il gemello).
Era di tantissimi anni fa un libro di Elio Vittorini, Conversazioni in Sicilia, dove, fra le altre cose, si raccontava di un viaggio in treno e di un incontro con un uomo, il Gran Lombardo, a cui non bastava essere onesto e brava persona. Il il Gran Lombardo era un uomo che lottava per valori più alti, più alti e più giusti.
Oggi quei valori più alti volano troppo alti, e ambire a loro rischia di essere velleitario. Per essere brave persone basta considerare inaccettabile che si seppelliscano i rifiuti tossici, che è cosa che dovremmo considerare elementare e basilare perché quei rifiuti là non ci devono se no ti uccidono.
Molto più difficile è capire che una capra chiusa in un recinto dove ci dovrebbero stare i bambini è inaccettabile quanto l’amianto sottoterra, e niente, ma proprio niente, dovrebbe impedirci dall’impegnarci ad aprire tutti i lucchetti.
Anche a costo di rimanere soli e di predicare nelle Chiese vuote.
(L’ Equilibrio); Regia : Vincenzo Marra; sceneggiatura: Vincenzo Marra; fotografia: Gianluca Laudadio; montaggio: Luca Benedetti interpreti: Mimmo Borrelli, Astrid Meloni, Paolo Sassanelli, Roberto Del Gaudio, Francesca Zazzera, Giuseppe D’Ambrosio, Lucio Giannetti, Vincenza Modica, Autilia Ranieri produzione: Cinemaundici, Lama Film, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT, Ela Film distribuzione: Warner Bros. Pictures origine: Italia, 2017; durata: 90’