L’impostore

Dopo aver conquistato premi in tutto il mondo (BAFTA Awards 2013: Migliore opera prima; London Critics Circle Film Awards 2013: Documentario dell’anno; Sundance Film Festival 2012: Concorso World Cinema Documentary; British Independent Film Awards 2012: Miglior documentario; Zurich Film Festival 2012: Miglior documentario internazionale) arriva nelle sale italiane dal 20 marzo, L’impostore, distribuito da Feltrinelli Real Cinema, che lancia con questo film una nuova formula: portare sul grande schermo le "grandi storie, tutte vere" del suo listino, prima di pubblicarle nel classico formato dvd più libro.
Avvertenza: già dal titolo lo spettatore immagina che il protagonista sia qualcuno che si spaccia per qualcun altro. Ma, soprattutto nella prima parte del film, L’impostore ha una particolarità: è un documentario volutamente costruito come se fosse un thriller, dove tutto è velato e criptato dal mistero e costruito con il ritmo serrato della docu-fiction o del mockumentary, dove non si capiscono bene i ruoli dei protagonisti. Si avvisa pertanto il lettore che ancora non ha visto il film, che il miglior modo per goderselo in ogni suo aspetto, è tenersi quanto più lontani da qualunque informazione preventiva su di esso.
L’impostore, nei piani del regista Bart Layton, doveva essere inizialmente un film di fiction basato su una storia vera. Ma, più Layton andava avanti nella scrittura e si documentava sulla storia vera, più si rendeva conto che la realtà andava oltre ogni immaginazione, ogni sceneggiatura. E allora da lì, la decisione: quale attore migliore per interpretare uno che ha passato la vita a raccontare e inventare storie, se non il protagonista stesso? E così la scelta di coinvolgere direttamente colui che in fondo già faceva l’attore, creando o rubando le identità altrui. Il film è infatti la storia vera di Frédéric Bourdin, un uomo di nazionalità francese che ha assunto nella sua vita oltre 40 identità differenti. Ma il film/documentario non è solo la storia vera di Bourdin. È anche la storia vera di Nicholas Barclay, un ragazzino di 13 anni del Texas, cresciuto in una famiglia difficile, che nel giugno 1994 scompare all’improvviso a poche miglia da casa sua e di cui si perdono completamente le tracce. Intanto dopo 4 anni, la polizia di Linares, un paese della Spagna, riceve una telefonata. Un ragazzino americano è stato ritrovato, solo e smarrito, in una cabina telefonica. A questo punto, entra in scena Frédéric Bourdin, un ventitreenne figlio di madre francese e di padre algerino che dice di essere un cittadino americano e che, soprattutto, compie un capolavoro di furto d’identità: lui scuro di capelli, di occhi e di carnagione, prova a spacciarsi, sia con la polizia spagnola che con il Consolato americano, per un diciassettenne americano biondo con gli occhi azzurri, per l’ appunto Nicholas Barclay.
Lo spettatore scopre lentamente, da ogni piccolo dettaglio, la vera storia di Frédéric e soprattutto segue le vicende della famiglia Barclay e la sua emozione per aver finalmente ritrovato il figlio in Spagna. Tutta la storia è giocata sul filo dell’incredulità e dello stupore, e allo spettatore non sembra vero tutto che quelle succede. Ma, proprio quando l’incredulità della ragione sembra ormai esaurirsi e il cuore dello spettatore inizia invece a parteggiare per l’happy ending, come in ogni buon thriller della provincia americana che si rispetti, arriva il colpo di scena. E succede con l’arrivo di un vero investigatore privato chiamato a seguire il caso per conto di uno show televisivo, uno che sembra essere uscito da un racconto da Reader’s Digest e che scopre l’acqua calda. Ma la realtà continua ad essere sempre più ambigua della fiction e, soprattutto, nella profonda campagna texana non c’è differenza tra l’acqua calda e quella fredda. Lì sembra essere tutto torbido e così l’impostore non può credere ai propri occhi: sono le vittime che gli servono l’ennesima via di uscita alle sue menzogne. E in quanto professionista, l’impostore può ribaltare la partita. L’uomo dalle innumerevoli identità, quando viene scoperto, non si dà per vinto e rovescia il bluff. Quando non può assumere nuove identità, fa in modo che lo facciano gli altri loro malgrado, e così allontana i riflettori da sé. Attore, regista e pubblico. L’impostore è tutto ciò contemporaneamente.
Il vero spettatore invece si trova davanti al primo piano dei suoi occhi e alle sue parole e ne è rapito, affascinato, prova quasi pietà. Una storia incredibile narrata in un documentario che prende e rapisce, valorizzata dalla felice scelta del giusto taglio e montaggio. Storia originale, documentario coinvolgente ma soprattutto una bella iniziativa quella di Feltrinelli Real Cinema, che, nelle prossime settimane, ripeterà l’operazione con l’uscita in sala di altri quattro documentari inediti della sua collana.
(The Imposter); Regia: Bart Layton; fotografia: Erik Alexander Wilson, Lynda Hall; montaggio: Andrew Hulme; musica: Anne Nikitin; produzione: Raw in associazione con Red Box Films e Passion Pictures; distribuzione: Feltrinelli Real Cinema; origine: Gran Bretagna, 2012; durata: 99’
