L’ottavo film del regista francese Yves Caumon è un dramma intimista, oscuro e delicato insieme. Dopo la morte del figlio e l’abbandono da parte del marito, Anne vive intenzionalmente isolata, vittima della depressione e dell’incapacità di instaurare un rapporto di qualsiasi tipo con il prossimo. L’unico contatto con l’umanità avviene attraverso il suo lavoro di aiuto cuoca, dove rifiuta le insistenti avances di un’affascinante collega. Le notti di Anne sono disturbate da misteriosi rumori dei quali la donna non riesce a rintracciare la provenienza, sino al giorno in cui decide di rompere le pareti del suo appartamento per scoprire che un colombo era rimasto intrappolato nei muri. Il desiderio di riprendere una vita normale si riaccende in lei proprio grazie al rapporto con questo animale del quale inizia a prendersi cura.

Il buio domina il film e la vita della protagonista, che tenta con fatica e forse anche con successo, data l’apertura del finale, di elaborare il lutto lacerante che l’ossessiona e la paralizza nel suo relazionarsi con gli altri, ai quali vorrebbe aprirsi nonostante l’assenza di interesse verso l’esistenza.

L’oiseau affronta il tema della depressione e il difficile trauma della perdita di un figlio in modo originale, ma poco incisivo e coinvolgente, rischiando di rimanere un film che lascia il tempo che trova, pur avendo il coraggio di trattare un argomento estremamente doloroso e complesso.