L’ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo

Poteva essere una bella occasione per Hollywood, periodicamente in vena di fare i conti con la propria storia e di pagare debiti di colpe vergognose nemiche di quella democrazia, come la statunitense, che concede a piene mani la libertà quanto meno di confessarle a parole, che è già un bel passo avanti. Poteva essere una bella occasione di celebrare uno dei più geniali ed efficaci protagonisti di un’irripetibile stagione dorata del cinema americano, brutalmente privato del suo lavoro e del suo nome, per risarcirlo soltanto tardivamente, e a un’età in cui hai smesso già da un pezzo di sognare e stai cercando di far quadrare un dignitoso bilancio per affrontare una vecchiaia serena. Poteva essere una bella occasione, e in parte lo sarà pure, questo biopic dedicato a Dalton Trumbo, campione della scrittura messa al servizio delle masse che un tempo si assiepavano nelle sale cinematografiche per vedere film di ogni genere e qualità, dalle love story con le star più amate e glamour, fino al più infimo splatter. Lo sarà perché un ripassino di storia recente risulta sempre utile per un pubblico che, dopo l’ingresso nel nuovo secolo, guarda a certo passato anche fin troppo recente con lo stesso distacco con cui si osserva la preistoria, vale a dire un periodo storico ormai morto e sepolto, e dunque ininfluente sul nostro prosaico quotidiano attualmente in vigore. La Storia, invece, con i suoi vichiani corsi e ricorsi, potrebbe insegnarci a non ripetere gli errori commessi in passato dai nostri antenati e fornirci la chiave, anzi più chiavi di lettura necessarie per superare un impasse, ripartendo da quel rispetto per la dignità degli uomini che ad ogni riaffacciarsi di nuove crisi o nuovi casi di coscienza ci trova sempre impreparati a gestirli rapidamente e con successo. Per la nuova generazione di spettatori, che ha poca familiarità con il cinema "di una volta", ci sono tuttavia titoli come Vacanze romane o lo Spartacus di Stanley Kubrick che non suonano del tutto sconosciuti, e può senz’altro costituire motivo di interesse venire a sapere che li ha scritti lo stesso sceneggiatore, costretto, nel primo caso, a usare un prestanome in quanto membro del Partito Comunista, dunque licenziato e ostracizzato dagli Studios insieme a una decina di colleghi che come lui si rifiutarono di collaborare con il Congresso che indagava sulle loro attività filosovietiche. Dopo 11 mesi di lavori forzati e altri 9 anni di "clandestinità", Kirk Douglas e Otto Preminger decisero di affidargli rispettivamente lo script di Spartacus e di Exodus, lasciandoglieli firmare con il suo vero nome. Un soggetto che qualche anno fa, nelle mani di un Bob Fosse o di un Milos Forman (ma pure di un Sidney Pollack o del Coppola de La Conversazione) sarebbe diventato un ottimo film. Jay Roach, che viene dalla commedia, confeziona un’operina qui e là spruzzata di cinefilia un po’ goffa e ingenua, incapace di sollevarsi al di sopra di un corretto standard televisivo per colpa di una certa meccanicità della sceneggiatura e di alcune piatte e poco elaborate scelte di una regia. Ma la principale responsabilità del mezzo fallimento del film è di Bryan Cranston, contendente di DiCaprio nella prossima corsa all’Oscar per la migliore interpretazione maschile, che non riesce a costruire un personaggio protagonista della statura e dello spessore che sarebbe lecito attendersi da una nomination tanto prestigiosa: saranno quei baffetti posticci, tra i più finti mai visti al cinema, quelle insistenti smorfie della bocca, la postura manieristicamente incurvata: mai che si riesca a provare qualcosa in più di una cordiale simpatia verso un personaggio in realtà così tragico, moralmente integro e umanamente luminoso, vittima di una caccia alle streghe tra le più odiose e implacabili della storia del moderno Occidente.
(Trumbo); Regia: Jay Roach; sceneggiatura: John McNamara; fotografia: Jim Denault; montaggio: Alan Baumgarten; musica: Theodore Shapiro; interpreti: Bryan Cranston, Elle Fanning, Diane Lane, Helen Mirren, Alan Tudyk, John Goodman, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Louis C.K.; produzione: Groundswell Productions, ShivHans Pictures; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA, 2015; durata: 124’
