X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



L’Ultimo Inquisitore

Pubblicato il 14 aprile 2007 da Gaetano Maiorino


L'Ultimo Inquisitore

Negli ultimi anni del XVIII secolo, l’Inquisizione spagnola tentava un disperato colpo di coda nella ricerca di una ormai perduta autorità. In Francia la rivoluzione del popolo faceva ghigliottinare i reali e si avvicinava l’epopea di Napoleone Bonaparte. La cornice è delle più affascinanti, il quadro è il ritratto di due uomini e una donna, dipinto da Milos Forman e decisamente influenzato dal maestro spagnolo Francisco Goya. L’ultimo inquisitore (Goya’s Ghost), nuova opera del regista ceco, ha il rigore formale di un ritratto regale e la profondità angosciante delle pinturas negras dell’artista iberico. È la storia di un peccato non commesso da una donna, di un’ingiusta pena inflittale da un uomo, su ordine di un ingiusto tribunale ecclesiastico che usava estorcere confessioni ai sospettati, certo di poter misurare la potenza della fede attraverso la tortura. Protagonisti Ines, Fratello Lorenzo, la Santa Inquisizione. E il Goya del titolo originale? Il pittore spagnolo resta in disparte. Renderlo protagonista di un film come questo, avrebbe richiesto una maggiore scrupolosità per gli eventi storici e la possibilità di ridurre al minimo la finzione per non incorrere in pesanti critiche accademiche. Goya è un osservatore privilegiato di una vicenda umana, una di quelle vicende che ritraeva di continuo nei suoi quadri, fossero essi commissionati dai regnanti, dal clero, o semplicemente carpiti per strada, dalla vita del popolo. Il maestro Francisco osservava, partecipava, di rado si schierava, lasciava la scena a Javier Bardem e Natalie Portman che danno corpo e anima a due personaggi condannati l’una dalla propria innocenza, l’altro di propri tormenti.
Sembrerebbe solo un melodramma, una storia d’amore e morte. Entrambe hanno in effetti un ruolo fondamentale, ma di sicuro non si può ridurre una trama così complessa a una storia di sentimenti stereotipati. Di certo non si tratta di una biografia, come è stato da molta stampa equivocato. È di sicuro un film che indaga l’animo umano e il labile equilibrio tra la sicurezza delle proprie convinzioni e l’incertezza delle proprie emozioni.

In realtà si tratta di un’idea che viene da lontano. Forman desiderava girare da circa vent’anni un film che riuscisse a raccontare con forza il dolore causato dal comunismo nella sua Cecoslovacchia, ma una pellicola del genere nel suo paese, a quei tempi, non sarebbe riuscito a metterla in scena mai. Oggi trova la forza grazie ad una sceneggiatura dolorosa, scritta a quattro mani con Jean-Claude Carriére, che racconta di grandi sconvolgimenti e grandi poteri, di uno stato cattolico impotente davanti a una Chiesa autoritaria e repressiva e di uomini e donne travolti dalle loro passioni.
Il tutto diventa una parabola sul potere e sul suo auto-divorarsi nella ricerca di una legittimazione, così come Crono divora i suoi figli. Si divora da solo il Santo Uffizio, alla ricerca di nuova feroce autorità, sovvertito da un suo vecchio fedele seguace; si divora la monarchia spagnola, troppo presa a celebrarsi tra dipinti e battute di caccia per rendersi conto dello stravolgimento politico in atto in Europa; si divora la rivoluzione francese, portatrice di una democrazia imposta con le armi, quindi non riconosciuta dal popolo. Ciò sta a dimostrare che l’ultimo film di Forman è un film storico, un film che di certo racconta la storia. Ma non per questo è un film che resta nella storia, che rimane fisso sul passato semplicemente a illuminarne un angolo, seppur di luce sfolgorante. L’Ultimo Inquisitore risveglia in maniera straordinaria fantasmi del presente o del recentissimo passato: l’effetto delle stampe di Goya sui monaci del Santo Uffizio, la loro condanna e la dura reazione, quanto somiglia all’effetto che hanno avuto sui fondamentalisti islamici i famosi disegni satirici considerati blasfemi? E le carceri dell’Inquisizione piene di innocenti che, nonostante i cento anni di differenza, somigliano tanto alle prigioni turche di Fuga di mezzanotte, non ricordano forse anche i lager, i gulag, o le gabbie di Guantanamo?


CAST & CREDITS

(Goya’s Ghost) Regia: Milos Forman; soggetto: Jean-Claude Carrière; sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Milos Forman; fotografia: Javier Aguirresarobe; montaggio: Adam Boom; musiche:Varhan Orchestrovich Bauer, José Nieto ; scenografia: Patrizia Von Brandestein; costumi: Yvonne Blake; interpreti: Javier Bardem (Fratello Lorenzo), Natalie Portman (Ines/Alicia), Stellan Skarsgard (Francisco Goya; produzione: Warner Bros; distribuzione: Medusa; origine: Spagna 2006; durata: 117’; web info


Enregistrer au format PDF