L’uomo privato

Sulle pagine della nostra rivista spesso viene lasciato largo spazio al cinema italiano con approfondimenti, editoriali, critiche e, perché no, lamentele. Scrivere di cinema al di là del genere e delle tematiche affrontate, significa intraprendere un dialogo con chi il cinema lo fa. Ma quale dialogo possiamo tentare trovandoci di fronte ad un inquietante Nulla?
Le vicende di un professore di giurisprudenza la cui vita ambigua è chiusa in un guscio impenetrabile diviene uno dei più colossali inganni cinematografici degli ultimi anni. La storia narrata è così privata che nella maggior parte delle sequenze chiave non si capisce neanche di cosa si stia parlando. Frammenti di vite inutili, storie di uomini e donne altrettanto inutili che giudicano e vengono a loro volta giudicati, fino al momento in cui si ritrovano tutti insieme in un imbarazzante finale che dovrebbe rivelarsi come specchio di un mondo globalizzato e, allo stesso tempo, falso, vuoto e quanto mai alienante.
Non basta aver diretto una buona pellicola trent’anni fa (L’invenzione di Morel) per avere il diritto di realizzare ancora film e, cosa ben più grave, lavori come L’uomo privato, che non solo non riesce a raggiungere la dignità di una fiction televisiva, ma che pone proprio le sue fondamenta su una menzogna travestita da idea. La pretesa di raccontare un certo ambiente alto-borghese, di parlare dei giovani, della solitudine, tramite l’espediente di un noir esistenziale, sfocia in una serie di sproloqui sulla giustizia nell’ambito di interminabili lezioni universitarie che ruotano intorno al Nulla di cui sopra. Ogni dialogo sembra concepito ad arte per non arrivare mai al punto: una mastodontica masturbazione pseudo-intellettuale spacciata per indagine su un’umanità allo sbaraglio.
Ma cos’è il cinema italiano contemporaneo? E’ ciò che viene rappresentato da questo film? Menzogna. E cos’è la nostra “italietta”? Un concentrato di isterici che tra un accoppiamento fugace e l’altro si esibiscono in sproloqui privi di senso? Menzogna. Siamo stanchi di affermare che il cinema italiano è morto, anche perché entreremmo a far parte nel meccanismo tipicamente nostrano per cui si producono lavori di infimo livello solo perché lo si deve a qualcuno. Il cinema italiano non è affatto morto, ma vive nelle opere dei vari Garrone, Sorrentino, Costanzo junior o degli autori inossidabili come Marco Bellocchio.
Iniziamo allora a redigere un mero elenco di chi ha fatto sì che questo lavoro vedesse la luce:
1) RAI Cinema
2) Film Commission Piemonte
3) Istituto Luce
4) Festa del Cinema di Roma
Produzione, distribuzione, selezione. E il gioco è fatto.
Ciò che sfugge, in questi tempi, è che il pubblico non rappresenta un dettaglio. Lo si può anche provocare o infastidire, oltre che coinvolgere, ma non si può far finta che non esista affatto. E ciò che irrita, oltre allo spreco di denaro, è proprio l’incuria formale che pervade tutta la pellicola. Ogni requisito a cui deve rispondere un film affinché possa essere definito tale è lasciato al caso: fotografia mal gestita, montaggio assolutamente privo di giusti ritmi, attori allo sbaraglio, colonna sonora piatta (in riferimento ai brani di Bacalov, non certo a Mozart e Corelli), sceneggiatura imbarazzante, specie nel momento in cui viene tentato un furto ad un autentico gioiello degli ultimi anni, Niente da nascondere di Haneke.
Il buon cinema italiano non è né morto nè morente, ma solo sepolto da una montagna di detriti. Siamo stanchi di guardare ad un passato che non ritornerà mai proprio perché non viene permesso che ritorni. Un film è un pezzo di vita di ognuno. Ma chi può affermare di riconoscersi in quest’uomo privato?
(L’uomo privato); Regia, soggetto e sceneggiatura: Emidio Greco; fotografia: Gherardo Gossi; montaggio: Bruno Sarandrea; musica: Luis Bacalov; interpreti: Tommaso Ragno (L’uomo privato), Myriam Catania (Silvia), Giulio Pampiglione (Ragazzo suicida), Mia Benedetta (Donna bruna), Ennio Coltorti (Commissario), Mariangela D’Abbraccio (Carlotta), Catherine Spaak (Ex amante) produzione: ENZO PORCELLI PER ACHAB FILM, IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA, RIPLEY’S FILM, FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia; durata: 100’.
