La Casa sul Lago del Tempo

Tremenda rivisitazione del mélo fantastico in auge a Hollywood durante gli oscuri anni ’40: si pensi a titoli come Il Ritratto di Jennie di William Dieterle o Il Fantasma e la Signora Muir di Joseph L. Mankiewicz: ci si pensi, ma si dimentichino immediatamente dopo simili pietre di paragone. Pena la tortura di una visione oppressa e letteralmente infestata da quegli ingombranti spettri del passato.
Dodici anni dopo Speed tornano dunque insieme gli ormai over 40 Keanu Reeves e Sandra Bullock... e l’unica nota positiva per loro e relativi fans è che sono entrambi eccezionalmente ben conservati.
Il resto di questo scalcinato melodrammone dai toni surreali (ma, visti gli esiti, bisogna riconoscere che siamo più che altro nel dominio del “grottesco”) - che è contemporaneamente il remake di un film coreano passato senza colpo ferire a Venezia qualche anno fa - è un guazzabuglio di citazionismi stucchevoli e irritanti per chiunque riconosca le nobili “fonti”. La sceneggiatura è praticamente un colabrodo e dietro l’angolo c’è sempre il rischio di scivolare nel ridicolo involontario: rischio nel quale l’incerta regia puntualmente inciampa. Anche perché Alejandro Agresti sfida una sfilza impressionante di classici letterari e cinematografici proposti dal pretenzioso script come un autentico sprovveduto.
A peggiorare la situazione del “povero” regista argentino c’è dunque, pure, l’oltraggio di lesa maestà: che necessità reale poteva esserci di tirare giù Dostoevskij (come si fa a ridurre Delitto e Castigo a “la storia di un ragazzo che ammazza una vecchia e poi se ne pente”... ma l’avrà letto lo sceneggiatore il romanzo?), Nietzsche (dal Crepuscolo degli Idoli, con quell’altra frase lanciata come un sassolino nell’acqua ristagnante del penoso script “Aveva ragione lui! Come vivremmo senza musica?” sic...), Jane Austen (Persuasion, anch’esso rimasticato e sputato nel piatto in versione Reader’s Digest), Hitchcock (scomodato due volte attraverso la riproposizione della celeberrima scena del bacio tratta da Notorius, altro capolavoro romantico anni ‘40, travestito in quel caso da spy-story), o Wyler, tirato in ballo attraverso il cognome del protagonista, ma non solo (come dimenticare la sua, quella sì, grande trasposizione cinematografica di un altro caposaldo della letteratura gotica inglese come Cime Tempestose, in Italia intitolata La Voce nella Tempesta... ma anche qui è meglio lasciar correre). Se si dovesse ripagare questo insipiente filmetto con la stessa moneta, potremmo definirlo senza pericolo di eccessivo pressappochismo l’equivalente cinematografico di un romanzetto della collana “Harmony”.
In realtà l’unico modello cui questa groviera di pellicola può apparentarsi è forse quel mefitico remake de Il Cielo sopra Berlino che fu City of Angels (ve lo ricordate?), ennesimo mélo new-age melenso e insopportabile, con una protagonista che si ostinava anche lì a ignorare le conseguenze degli anni che passavano, tentando di riproporre in eterno il suo personaggio-salvagente di eroina romantica alle prese con una storia d’amore impossibile. Qui poi gli autori hanno pure pensato bene di appiccicare un lieto fine che equivale a un vero e proprio colpo di grazia per lo spettatore non vaccinato.
Alle signore attratte dall’appeal di simili polpettoni, ci sentiamo invece di consigliare “vivamente” la (ri)scoperta di uno dei grandi film summenzionati.
(The Lake House) Regia: Alejandro Agresti; soggetto: basato sul film “Il Mare” prodotto da Sidus XXX; sceneggiatura: David Auburn ; fotografia: Alar Kivilo, A.S.C., C.S.C.; montaggio: Lynzee Klingman, A.C.E., Alejandro Brodersohn; musiche: Rachel Portman ; scenografie: Nathan Crowley; interpreti: Keanu Reeves (Alex Wyler), Sandra Bullock (Kate Forster), Dylan Walsh (Morgan), Shohreh Aghdashloo (Anna Klczynski), Christopher Plummer (Simon Wyler); produzione: Vertigo Entertainment; distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; origine: USA 2006; durata: 99’; web info: sito italiano:
