LA COSA PIU’ DOLCE

Ignobile commedia, smaccatamente moralistica, che narra le vicende di tre ragazze facili che, per dimostrare la propria indipendenza, la danno a tutti. Solo che il troppo stroppia e così anche le tre disinibite scoprono di avere dei sentimenti e, in fondo, di aspirare al principe azzurro. Cameron Diaz (sciagurata la scelta di questo film) riuscirà a trovarlo, in un finale-ritratto da pubblicità Blockbuster: divano, cane, amici, cassetta. E dire che all’inizio ironizzavano sulla vita di coppia.
La sceneggiatura è un incessante inannelare frasi scurrili e prive di senso (che ci rifiutiamo di riportare), se non quello di significare l’emancipazione femminile, almeno secondo l’arguta sceneggiatrice (poveri noi!). Infarcire i dialoghi di strafica/cazzo/arnese (perdonateci: dovere di cronaca), di sottili allusioni sessuali come Mettilo in buca” (il nome di un campo da golf), di battute coprofaghe, con una scena di fellatio in cui i due protagonisti rimangono incastrati a causa di un piercing, abbassa tale film a livelli di infima qualità, in dolce compagnia con gli exploit casarecci di Alvaro Vitali o della serie Porky’s, solo che lì c’era più goliardia e meno squallore. Ma ciò che maggiormente disturba è la filosofia che il film veicola: le ragazze sono facili, disinibite, perché hanno possesso della loro libertà; i ragazzi sono tutti trogloditi che come unico scopo nella vita hanno rimorchiare e bere birra.
La trama, come se non bastasse, riprende situazioni già viste in altri prodotti: dai film dei Farrelly (uso improprio dello sperma), da Harry ti presento Sally (finto orgasmo in pubblico), da Il matrimonio del mio migliore amico, e da altro commedie che culmina con “e vissero felici e contenti”.
Come la scena centrale del ristorante in cui, accennata una canzone, tutti i presenti vengono coinvolti dal ritmo, fino a formare un solo grande coro: ma se nel film con Rupert Everett e la stessa Diaz, il tema in questione era composto da Burt Bacharach, in questo film la scena si snoda sul ritornello “è grosso e non ci entra”, con l’uso abbondante di surrogati fallici.
Inqualificabile, quindi, su tutti i piani, e stupisce non solo che una star come la Diaz, che rivedremo nell’attesissimo film di Scorsese, ma che sia stato addirittura pensato e prodotto. Possiamo solo lodare il coraggio con cui la sceneggiatrice, già autrice di South Park, abbia il coraggio di firmare tale immonda produzione. Da starne accuratamente alla larga.
[novembre 2002]
(The Sweetest Thing)
regia: Roger Kumble sceneggiatura: Nancy Pimental fotografia: Anthony B. Richmond montaggio: David Rennie musica: Ed Shearmur interpreti: Cameron Diaz, Christina Applegate, Selma Blair produzione: Cathy Konrad origine: USA 2002 distribuzione: Columbia Tristar durata: 84’ web info: sito italiano, sito ufficiale
