Nick Cave - Distant Sky: Live in Copenhagen

“Per cui, riguardo te, penso e comprendo sia meglio che tu mi segua e io ti sia guida portandoti da qui nell’oltretomba; in cui ascolterai le urla senza speranza, osserverai i vecchi spiriti sofferenti, che gridano per la morte dell’anima; e vedrai coloro che appaiono contenti nel dolore, perché hanno la speranza di accedere nel tempo al regno dei beati .Ed io gli dissi: “Poeta, io ti chiedo per quel Dio che tu non avesti modo di conoscere, affinché io mi allontani da questo male e dalla dannazione, che tu mi conduca là dove dicesti, affinché io veda le porte del Paradiso e coloro i quali tu descrivi tanto tristi”.[Virgilio] allora si mise in cammino, ed io lo seguii” (Dante Alighieri, Inferno)
Esce per una sola notte, 12 Aprile nelle sale, Nick Cave and The bad seeds – Live in Copenaghen, distribuito da Nexo digital. Gli atti d’amore e dolore più grandi si consumano in una notte sola. E per scambiarsi amore e dolore è necessaria l’oobedienza. Ed è l’obbedienza totale e totalizzante del suo pubblico verso la sua guida forse ad impressionare di più in questo docu/concerto, banalmente chiamato così. In realtà, per chi ancora non l’ha vissuta e per chi invece quella discesa negli inferi se l’è concessa andando a un concerto di Nick Cave, Distank Sky, Live in Copenaghen è un’importante testimonianza storica e biblica musicale che non si può perdere. E’ l’obbedienza totale dicevamo, nei confronti di qualcuno che trattiene dolore in maniera quasi totalizzante, che però nel momento in cui le prime note partono ha uno slancio di vita che lo porta a condividere.
Nick Cave è l’uomo, l’artista per cui la condivisone del suo dolore passa attraverso la condivisione del dolore del pubblico. Lui guarda negli occhi, fissa, ed ha lo sguardo di qualcuno che ti sta dicendo “ accoglimi perché sono stato terrorizzato dalla vita”. Ed è lui che chiede aiuto. Chiede di essere accolto nel bene e nella sicurezza per poi essere in grado di condurre gli altri da dove lui sta venendo: l’inferno. Il suo pubblico, sente questa richiesta come se Nick usasse le sue canzoni, come una sorta di grido e come l’unica maniera possibile per farsi comprendere. Il suo corpo, le sue mani, focalizzatevi su come allarga il palmo della mano, su come tende e mai punta, su come cerca e mai allontana, su come carico di rabbia prende a calci un microfono, lontano dalla sua gente. In nessun modo, in nessun sguardo noterete un Nick carico di odio per quello che la vita gli ha dato e tolto, troverete solo la disperazione più totale che si ha quando davanti a uno specchio nonostante l’ombra sia morte la voglia di vivere è ancora accecante. Perché Nick Cave ha una disperata voglia di vita. E ne è terrorizzato. Tutto qui. E poi su come sorride con dolcezza a se stesso e su come concede il suo essere rock star nei confronti del suo pubblico quando sia asciuga il sudore dalla faccia con i vestiti che gli vengono dati. Lui restituisce, restituisce gli abiti, i fazzoletti, Nick restituisce il suo dolore , la pietà e l’amore.
Distant Sky è un atto d’amore potente, coinvolgente, devastante, emotivamente destabilizzante ma carico di amore. Tanto è Amore che vi sembrerà di essere trapassati da qualcosa che nulla ha a che fare con il terreno. Sotto il profilo musicale, cosa dire…ha una band che in giacca e cravatta trasforma qualsiasi nota infuocata in pura dolcezza. Un Warren Ellis che lo segue e lo conforta in ogni nota in ogni sguardo. La sua band sembra lo strato di protezione di Nick, il fatto che gli “consegni” la sua musica in maniera perfetta è per lui sinonimo di protezione. E’ la sua gente, dicevamo , a cui porge il microfono che gli viene mantenuto e consegnato. E’ totale obbedienza, è così. Nick concede il suo dolore, prende il nostro, se ne fa carico e poi nel momento in cui canta tutto viene liberato. L’amore” per sconfiggere il dolore, ed è l’unico modo che ha Nick Cave per sconfiggere il suo, da sempre. Non ha paura della sua gente, appunto è la sua. Si getta, e tuffarsi in mezzo alle braccia di sconosciuti che diventano intimi per mezzo della condivisone del dolore è immagine di un respiro profondo. Forse quelle braccia Nick Cave sa benissimo che sono le uniche cose sicure che la vita gli ha dato e che non lo lascerebbero mai cadere. Le braccia dicevamo, gli abbracci. Il finale di lui che trascina tutti sul palco, li accoglie sopra, li tiene al suo piano. E’ l’unico artista che io abbia mai visto che riesce ad ottenere il silenzio, solo con un gesto delle mani. Sapete cosa significa durante un concerto ottenere il silenzio assoluto oggi?
Tutti sul palco dunque, tutti seduti dice Nick. Poi un ragazzo, un prediletto quasi, che canta face to face con Nick, che urla insieme a lui, come se fosse un caro amico, e Nick che sa che alla fine le luci si spegneranno, che il dolore tornerà ad essere scatola del suo esile corpo, si avvicina al ragazzo, prima gli da la mano e poi lo abbraccia sotto le note Push the sky away. Fissate con voi questo momento, quando e come Nick lo stringe con dolcezza, come se fosse un figlio suo. Come se ringraziasse il ragazzo per averlo ascoltato. Lo abbraccia, chiude gli occhi.
Non perdetevi per nessuna ragione al mondo questo atto d’amore. Non ne potrete più fare a meno, di Nick Cave e di un atto d’amore. Perché solo un atto d’amore ci salva e forse oggi questo terrorizza noi e lui.
