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La donna di nessuno

Pubblicato il 27 giugno 2009 da Nicola Cordone


La donna di nessuno

"La donna di nessuno nasce dalla mia voglia di raccontare l’abuso di potere, l’arroganza dei politici, l’indifferenza verso l’amore e gli altri”. Germoglia da queste coraggiose intenzioni l’opera prima di Vincenzo Marano, navigato direttore della fotografia e regista televisivo emigrato in Francia, ma ottimista sulle future possibilità di realizzare un film in Italia.

La pellicola, ispirata dal racconto di Clara Dupont-Monod Histoire d’une prostituée, dipinge a macchie impressioniste un noir giallo torbido dai contorni melò, costruendo un intreccio che respira di sole atmosfere, di primi piani, di colori lividi e cupi, di sfondi distratti e rari simbolismi evidenti. La nobiltà delle intenzioni fa però il paio con un’artigianalità e un mestiere ancor troppo ancorati a risultati estetici che rimandano a certa fiction seriale, e la drammaturgia si sfilaccia in un tessuto narrativo forato al centro, inconsistente e inorganico: crediamo derivi proprio da queste tare di scrittura l’apparente disagio degli interpreti, tutti poco convincenti e appesantiti da dialoghi che non sentono propri, compresa la poliedrica Anna Galiena, qui nelle vesti di una maitresse senz’anima che sfrutta le sue protette e viene coinvolta nel processo per la morte di una prostituta.

Assai di frequente, con lo scorrere dei fotogrammi, abbiamo la sensazione di assistere ad uno spettacolo ricattatorio, scorretto nel chiedere solerzia e partecipazione emotiva allo spettatore, vittima com’è del grado zero di crescita e sviluppo psicologico dei personaggi. Dunque rintracciamo le valide premesse del regista non tanto nel “racconto”, sfibrato e senza nerbo, quanto nella caratterizzazione stereotipata dei tre protagonisti, figure dall’indole e dalla tempra molto diverse tra loro, che per inclinazioni o ruolo sociale rappresentano i contenuti delle tematiche appena sfiorate: il giudice Delvaux, l’arrivista, simboleggia l’arroganza del potere; Sarah, la prostituta di lusso, evoca il sesso e la passione tragica; Jeanne, giornalista integerrima, incarna il rigore e la trasparenza. Tre immagini sbiadite che incrociano i loro destini per poi annullarsi definitivamente in un epilogo doloroso e drammatico.

Il personaggio potenzialmente più interessante, ma appena abbozzato nella sceneggiatura di Candice Hugo, Clara Dupont-Monod e Sergio Gobbi, è, senza alcun dubbio, quello della maitresse parigina: la sua ambiguità e il suo cinismo stridono in maniera efficace con gli sguardi torbidi e intriganti di Anna Galiena; ma alcune atmosfere fortunate e qualche soluzione registica congrua alle sfumature del plot non riescono a sanare quelle lacune e incertezze soggettistiche, che si tenta invano di nascondere dietro gli stilemi del film di genere. L’esperienza maturata dall’autore nell’ambito della fotografia, del documentario e del cortometraggio fanno comunque ben sperare in una seconda prova più sincera e meno pretenziosa.


CAST & CREDITS

Regia: Vincenzo Marano; sceneggiatura: Candice Hugo, Clara Dupont-Monod, Sergio Gobbi. Liberamente tratto dal racconto Histoire d’une prostituée di Clara Dupont-Monod; fotografia: Stefano Paradiso; montaggio: Stephanie Gaurier; musiche: Simon Cloquet-Lafollye; interpreti: Laurent Lucas (Martin Delvaux), Hélène de Fougerolles (Jeanne), Thierry Frémont (Grégoire), Candice Hugo (Sarah Rousseau), Christine Citti (Fauconnier), Anna Galiena (Tante Louise); produzione: Filmexport Group, G.E.M., Les Films De L’Astre, Tf1 Films Productions; origine: Italia e Francia 2007; durata: 99’


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