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La doppia ora

Pubblicato il 8 ottobre 2009 da Antonio Valerio Spera


La doppia ora

Un esordio da rimarcare e ricordare quello di Giuseppe Capotondi. Non un’opera prima promettente, non un giovane regista che entra in punta di piedi nel panorama produttivo italiano. Con sorpresa, La doppia ora è un esordio travolgente e maturo che irrompe veemente a smuovere il nostro cinema. Ma forse, in realtà, dovevamo aspettarcelo. Dietro la selezione di questo film in Concorso a Venezia 66 non potevano esserci solo motivazioni “sotterranee” di produzione-distribuzione (Medusa tra l’altro); e non poteva neanche essere la presenza di Timi e della Rappoport a convincere Muller a puntare su questa pellicola. Date le passate edizioni della Mostra veneziana, in cui i film nostrani ricevettero fischi e critiche negative, il direttore artistico non avrebbe mai potuto permettersi di rischiare l’inserimento in competizione di un’opera prima italiana senza essere certo delle sue qualità. Quando venne annunciato il programma di questa manifestazione in molti ci siamo chiesti: ma chi è questo Capotondi? Oggi lo sappiamo e dobbiamo ammetterlo: Medusa, Indigo Film e lo stesso Muller ci hanno visto lungo.
Giuseppe Capotondi è un regista, un Autore, un ammaliante creatore di immagini, un narratore atipico per il nostro cinema. La doppia ora trasporta lo spettatore in universo filmico avvolgente, ipnotizzante. Guardandolo ci si domanda che fine abbiano fatto le tematiche sociali, le due camere e cucina, i dialoghi finti da soap, i giovani sempre al cellulare, le storie d’amore sofferte, i drammi familiari. Insomma, durante la visione ci si pone costantemente il dubbio: ma si tratta di un film italiano? Ebbene sì, e ne siamo fieri, felici, soddisfatti. Ecco il cinema che cercavamo, ecco il tocco di originalità, ecco la novità che serviva alla nostra industria.
La doppia ora è un film di genere, un noir dall’atmosfera psicologica; ma è anche un gioco complesso, un incalzante puzzle narrativo, un incastro onirico-realistico. Tra sogno e realtà, Capotondi ci immerge in una storia d’amore condita dal mistero, in un susseguirsi di eventi quasi inspiegabili, in un universo mentale strettamente legato al concreto. Così come vuole il genere, la narrazione confonde lo spettatore; propone continuamente elementi fuorvianti; lascia in sospeso la verità. Il film è disseminato di indizi che rovesciano la dimensione spazio-temporale. Quest’ultima perde in apparenza punti di riferimento, ma nel finale tutto torna al suo posto, in un ordine narrativo chiaro e preciso.
E’ proprio in questo che si nota l’abilità dell’autore: attraverso una regia attenta in ogni dettaglio ed una tensione costruita sapientemente con uno studiato uso del montaggio e delle musiche, Capotondi tiene le redini del racconto con mano ferma, senza lasciarsi trascinare dalla complessa sceneggiatura scritta a sei mani da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo. Dosa alla perfezione i tempi, sa quando far sentire di più il suo tocco, quando abbassare il ritmo. I personaggi non si perdono nel meccanismo intricato dello script, ma vengono raccontati con delicatezza, mettendone in luce le debolezze, i sentimenti, i dissidi interiori, i dubbi. Per questo il film non è solo un noir psicologico, ma anche una storia d’amore intima e difficile, di due persone alle prese con se stessi e con il loro passato, di due amanti che si incontrano e si lasciano nella doppia dimensione onirico-realistica. E’ la messa in scena dell’illusione e della disillusione, dell’incapacità di cambiare, della rassegnazione al proprio essere.
A quanto detto di positivo sinora, va aggiunta l’ottima prova dei due protagonisti Filippo Timi e Ksenia Rappoport (vincitrice della Coppa Volpi): i loro scambi di sguardi, i loro silenzi pregni di paura e di insicurezza plasmano l’anima emotiva della pellicola.

La doppia ora è probabilmente il miglior esordio italiano dell’ultimo decennio. Ma per ogni regista che sorprende con la sua opera prima il problema è sempre riconfermarsi. Qualunque sia, però, il futuro di questo nuovo autore del cinema italiano, quando rivedremo il suo nome su una locandina sicuramente non ci chiederemo più: chi è questo Capotondi?

Guarda l’intervista video al regista Giuseppe Capotondi e a Filippo Timi


CAST & CREDITS

(La doppia ora) Regia: Giuseppe Capotondi; sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo; fotografia: Tat Radcliffe; montaggio: Guido Notari; interpreti: Filippo Timi, Ksenia Rappoport, Antonio Truppo, Giorgio Colangeli, Lucia Poli; produzione: Medusa Film, Indigo Film, in associazione con Film Commision Torino Piemonte, Mercurio Cinematografica; distribuzione: Medusa; origine: Italia; durata: 95’.


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